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SCOVO GIOVANNI II, che dopo CESARIO (1), successore di Totone, era salito su questa cattedra, se ne deve segnare il compimento: correva l'anno 774. Nè soltanto terminò Arigiso la maestosa fabbrica, ma la volle intitolata alla divina Sapienza, ed inoltre, coll' assenso del vescovo vi aggiunse un monastero di sacre vergini, cui sottopose ai monaci di Monte Cassino, secondo la pratica di que' tempi (2). Prima ancora di aver condotto a termine la prefata basilica, il duca stesso la volle arricchire di preziose reliquie, facendovi collocare nell' anno 760, ch' era il secondo del suo principato, addi 15 maggio, le sacre spoglie dei dodici fratelli martiri: lo racconta il Carmen di Alfano, arcivescovo di Salerno, e ne porge esatta informazione il Giovardi nella Storia della traslazione dei loro corpi. E di altro venerabile martire, otto anni dipoi, recò le preziose spoglie in questo tempio il duca Arigiso, quasi a memoria del trionfo ottenuto da' suoi antenati sulle armi dell'imperatore Costante. Venuto infatti il greco monarca, nell'anno 662, per far guerra ai longobardi del ducato di Benevento, portò seco da Cesarea di Cappadocia il corpo di s. Mercurio, cui affidato in custodia ad alcuni monaci, probabilmente basiliani, venne a sbarcare a Taranto, e dopo distrutta la città di Lucera passò a quella di Quintodecimo. Ivi lasciò il sacro deposito finchè recavasi ad assediare Benevento. Ho già narrato qual fosse l'esito di questa impresa: mi resta ora di aggiungere, che l'imperatore trasferitosi a Siracusa, ove di poi terminò la vita, non si prese più verun pensiero del corpo di s. Mercurio. Rimasto questo in Quintodecimo, fu collocato dalla pietà di quei cristiani in un tempio, erettogli sotto la invocazione di lui; gli fu anche annesso un monastero di sacre vergini: e in seguito, per timore che non ne fosse involato il sacro deposito, fu nascosto di tal maniera, che perdutone ogni indizio vi si conservò sino ai tempi del duca, di cui sto narrando.

E per dare anche di questo santo una qualche notizia noterò, che Mercurio era nativo di Armenia; era principe di una delle coorti, che l'imperatore Decio aveva mandate nella Siria contro il re Jotapano; aveva abbracciato in questa spedizione la fede cristiana; aveva infine sostenuto

(1) L'Ughelli erroneamente nominollo Ambrogio, anzichè Cesario, e lo pose nella sua serie tra Totone e Giovanni. Ma la ragione dei tempi ci mostra evidentemente

il suo sbaglio. Se ne consulti il Sarnelli dove parla di questi vescovi.

(2) Ved. il Borgia nelle Memor. istor. della città di Benevento, tom. 1, pag. 236.

per essa valorosamente il martirio, decapitato nel giugno dell'anno 250 in Cesarea di Cappadocia.

Ma ritornando a dire del duca Arigiso e della sua pietà e generosità verso il tempio di s. Sofia, e verso il monistero da lui eretto, stimo necessaria cosa l'inserire qui tutto intiero l'atto della relativa donazione, qual' è veramente; onde opporlo a quello che pubblicò l' Ughelli, ridondante di errori e di dubbiezze; e ciò tanto più, perchè quella sua infedele lezione ha dato occasione a supporre alcune storiche falsità anche ai critici più accurati: lo dimostrerò in qualche nota. Per verità il diploma è assai lungo, ma l'importanza di darlo esatto e corretto mi persuade ad inserirlo, ed illustrarlo con istoriche spiegazioni, per facilitarne l'intelligenza.

IN NOMINE DOMINI DEI SALVATORIS NOSTRI
JESV CHRISTI.

« Dum regina divis opum mihi pulchris istructa zetis (1) excresceret, » dum diversa gemmarum metallorumque genera redundaret et tyria » multa: quidquid fert Indus quidve tabso vana Creta et mollis mittit » Arabs, mandatque nigri pellis Etiops et vestiunt Seres, tunc mentis » intentionem huc illucque ad usque mundi originem finemque reduxit ; >> Considerans quid fuere preterita quidve sint presentia quidve erunt fu» tura, omnia sub sole phisica conjectura vanitatem ratus sum, quorum » essentia, hortus, temptatio, labors et mors. Nil ergo rerum copia pro» derit, nisi Deo possessore oblata. Quingentinos priscorum reminiscitur » annos olim transcendisse, vix nunc sexagenarium etatis contigit evum » si quosdam recolet lenta securos otia peregisse, estuat, ut saltim nocte >> quietem habere queat: Si novit alios incolumi dulcedine opibus esse » potitos; nunc amarissimas deflet possidere gazas. Cuncta quidem prete>> reunt deteriora queque, breviaque secuntur. Jam mundus egriscens, >> egestatibus angustiatus, moribundus diffugit. Si veritatis voce, celum » terraque transire dicuntur; presertim mortales fragiles quorum vita » quasi flos decidit, ac velut lampas opposita vento rapitur. Nil igitur uti

(1) Allude il duca alla bellezza delle camere del suo palazzo. Circa il significato di questa voce Zetis si consulti il gram

matico Papia, che scrisse circa il 1051, sotto la voce Zetae. Ved. il Du Cange, alla voce Zeta.

» lius nichilque salubrius, nisi future vite semper meminisse, quo omnia pergunt, et anticipantes nostra Deo offerre, ut in celestibus et eternam. » vitam et quietem perpetuam, indeficientesque veras divitias habere, valeamus. Sicut idem celestis magister discipulos edocens pollicetur : No» lite thesaurizare vobis thesauros in terra ubi erugo et tinea demolitur » et ubi fures effodiunt et furantur; thesaurizate cum vobis thesauros in » celo et reliqua. Nempè difficillimum est, tot grates referre, tantaque pro Deo portare, quanta per hominibus miseratus pertulit. Cum esset. » Dominus Majestatis, Rex angelorum, celitus humillima terre petivit, » sterilem dignatus induere formam sponte se se scelerate intulit neci, et » resurgens ethernam pristinam repetivit gloriam, relinquens exemplaria, › ut in ejus vestigii calle, inoffenso pede, gressum ponamus. Itaque quia » pro me passus est eidem ex bone voluntatis hilaritate quecumque sub» ter dicenda sunt, optuli, non mea, sed que ejus sint appetens: multa » equidem et innumera michi uti donavit perfrui, quibus indignus mereor. » Ast ego et in lata mihi ejusdem creature sum. Ideoque nos Arichis exi» mius Princeps, caduce vite casus precurrens et perennis immortalitatis » opes adipisci cupiens, credo equidem nec vana spe divinitus inspiratus » consecravi Aulam tuo Sophiae nomini, qui es vera Dei Sapientia, Chri» ste; In qua etiam cenobium puellarum construens optuli ex tuis donis » ac datis. In primis Ecclesiam s. Benedicti (1), loco qui vocatur Xeno» dochium quod positum est juxta ipsum Monasterium, cum omnibus sibi » pertinentibus. Hoc et statuimus ; ut Prepositus jam dicti sanctae Sophie » Monasterii ibi sedeat; ibique sit porta ad hospites suscipiendos. Pro » quo et addimus ut decima omnium frugum ibi annualiter ex Monasterio » detur ad stipendium peregrinorum. Et sicut ab antiquis rectoribus pre» dicti s. Benedicti Ecclesia possessa fuit, amodo et deinceps s. Sophie » Monasterio potestati subjaceat. Seu et ecclesiam Sancti Petri que edi» ficata est in Galo (2) largiti sumus territorio in Monasterio sanctae So

(1) Questa chiesa intitolata a s. Benedetto crollò nel terremoto dell'847. Ved. il Borgia, Memorie istor. della città di Benevento, tom. I, pag. 275.

(2) Osserva il sopraccitato Borgia, che anche nel codice Vaticano sempre è scritto Galo e non Jano come lesse l'Ughelli. Lo

Vol. III.

stesso Coleti, continuatore di lui, ne fece in qualche luogo la correzione e vi sostituì talvolta la voce Galo: il più delle volte lesse anch'egli Jano. Dal quale sbaglio ingannato il Du Cange, scrisse nel suo Glossario: JA

NUM: charta Longobardica an. 774 apud "Ughellum in Archiepiscopis Beneventa

»phie, a fine Venatoris per serra usque in staffilum (1) inter duo tora (2);

» et per Carbonarium de Osculo usque in finem de novo Frontino; de alia

» vero parte per viam publicam usque fluvium Calabium; deinde usque

>> in terminum quod dicitur alatre. Et concessi eidem sanctae Sophie Mo-

» nasterio baccarios casas numero hec sunt (5). Casa que regitur per

>> Maurissonem cum uxore et filiis et omnibus sibi pertinentibus. Casa que

» regitur per Francoaldum cum uxore et filiis et omnibus sibi pertinenti-
» bus. Casa que regitur per Cusolum cum uxore et filiis et omnibus sibi
pertinentibus. Casa que regitur per Ferrandum cum germanibus et
» uxoribus filiis et omnia eorum. Casa que regitur per Scalzonem cum
» uxore et filiis suis et omnibus sibi pertinentibus. Hi omnes cum mobi-
>> libus atque inmobilibus et pascu.s et omnibus sibi pertinentibus qui
» fuerunt de Jud.caria Faroaldi mare payis (4) nostro. Necnon et Eccle-
>> sia sancti abundi que sita est in Galo nostro Paline: nostra vero pote-
» slas circa ipsam Ecclesiam concessit territorium in sancte Sophie Mo-

"nis; nec non Ecclesia s. Mercurii, quae
» posita est in Jano nostro, et de ipso Ja-
"no etc." Galo adunque e non Jano qui
deesi leggere, sotto il qual nome indicavano
i longobardi una selva, che talvolta dice-
vano anche Gajum, Gazium, Welelum, e
Gualdum, e sembra avesse la derivazione
dal tedesco vocabolo Wald, che appunto
significa bosco.

(1) Dal Capitolare del duca Radelgiso
raccogliesi che cosa significasse questo Staf-

filum: ivi infatti, distinguendosi i coufini

del principato beneventano e del salernita-

no, si legge : « Inter Beneventum et Con-

"siam sit fiuis ad ipsum Staffilum ad Fre-

"quentum; ubi ex antiquo XX milliaria

"sunt per partes. " E il Pellegrini, spie-

gando questo Capitolare, disse che Staff-

lum è locus parum supra Frequentum

" urbem. Nunc la Starza vecchia di Fri-

» cento, ut ajunt, » Ed Pratilli (tom. v) in

una nota alla dissert. vi del Pellegrini sopra

i confini del ducato beneventano dalla parte

di Oriente, ne dà invece la spiegazione così:

Indeque per Caloris fluminis ripas ad

» Taurasium, non longe a Frigentino agro
"et Staphyllo ( qui forte idem ac locus, qui
"Dentecane vocitatur) utrumque Princi-
"patum dividebat. » Errò poi il Du Cange
supponendo che in questa carta, ch'egli cita,
si leggesse Strafilum: il testo genuino leg-
ge Staffilum: perciò il Borgia (tom. 1,
pag. 277) vuol cancellata questa voce dal
Glossario del Du Cange « quando non se
"ne trovi altro uso certo e non supposto
" fattone dagli autichi. »

(2) Per torum il Du Cange intende :

«Collis cacuminatus et rotundus. "

(3) In questo periodo non s'intende il

senso eppure nell' originale è così. L' U-

ghelli invece lo lesse : « Ea concessi equidem

"sanctae Sophiae monasterio. Porro Casae

"numero bae sunt. " Volle metter mano e

correggere: io non lo ardisco.

(4) La carica di Marpahis o Marhais,

che in questa carta deformemente è notata

mare payis, corrispondeva al cavallerizzo,

o, come direbbesi adesso, secondo l'uso del

le corti, allo scudiere.

»nasterio modiorum duocenta. Necnon et ecclesia sancti Mercurii que posita est in galo nostro Fecline et de ipso galo circa ipsam Ecclesiam

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largiti sumus in monasterio suprascripto terra modiorum quingenta. » Seu et Ecclesiam S. Reparate que in ipso galo posita est nostra vero

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potestas concessit in Monasterio s. Sophie territoria modiorum centum. » Necnon et ecclesiam sancti Magni que ed.ficata est in galo nostro No» ceto et circa ipsam Ecclesiam largiti sumus in Monasterio sancte So

phie terram modiorum centum; quantum Presbyter ipsius Ecclesie D absque Palatii concessione tenebat. Seu et ecclesiam sancti Johannis » que fundata est in galo nostro Casa polluci; et ab ipsa Ecclesia largiti » sumus in Monasterio sancte Sophie territorio hoc est, ab ipsa Ecclesia » in fluvio Fertore ubi acinia flumen se iungit, et de alio latere quantum » clausum habere videtur; et vineas que ibidem posite sunt. Necnon et » ecclesiam s. Angeli quam edificare precepimus in galo nostro biferno » loco qui dicitur Altissimus (4) et ex ipso galo circa ipsam ecclesiam » largiti sumus in monasterio s. Sophie territorium, longitudine milliaria » duo et latitudine unum ; et concessimus in nominato s. Sophie mona» sterio condomas (2) quattuor ex ipso Gastaldato hi sunt Sicoaldus et » Indarius. Seu et ecclesia sancti Martini que posita est in Motola in no»stro territorio, ubi Maurus presbyter sedere videtur, cum omnibus sibi » pertinentibus, sicut ipse presbyter per suam chartulam omnem con» questum suum sancte Sophie monasterio tradidit; similiter et substan» tiam Aurimonis quam sub nostri palatii mundio in predicti s. Marti » Ecclesia tradidit; nostra vero potesta omnia hec in s. Sophie Mona»sterio firmavimus poss.dendum; et concessimus nominato monasterio » sancte Sophie ex ipso galo Motola territorium millaria novem. Nec non » et Ecclesiam sancti Archangeli, que sita est in galo nostro Stoni; et >> constituimus atque concessimus sancte Sophie in ipso loco curtes et

(1) Non esiste più questa chiesa : ma se ne mostrano gli avanzi nel tenimento dei feudi rustici di Calcabottazzo e Lupara. Nel 1148 n'era padrone il marchese Ugo, che concesse libertà di prender acqua e di toglier legna a tutti i vassalli della suddetta chiesa di s. Angelo. Lo si raccoglie dalla pag. 113 del vi tomo dell'archivio di santa Sofia.

(2) Questo vocabolo condomas significa

famiglia o casala di servi abitanti nella stessa casa e coltivatori di una possessione. Così è spiegata in un' antichissima nota, che nel codice vaticano si legge a questo luogo, in fianco del diploma : "Condoma dicitur "pertinentium personarum familia sicut "servorum vel aldiorum. Et dicitur ex si"mul habitatione. Idest simul dumo ma"nentes vel dominio dominati. »

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