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simo conte, un Umberto Biancamano, il cui primario possesso era il contado di Salmorenc nel Viennese, un contado, che contava, nientemeno, ventidue castelli. Vi aggiunse forse, del suo vivente, dal 1003 al 1056, in tutto o in parte, i contadi di Noyon, di Moriana, di Savoia, di Bellay, il Ciablese e la Tarantasia. Nessuno potrebbe oggi misurarvi per l'appunto i suoi dominî; ma, certo, la loro estensione doveva appena pareggiare quella d'una delle provincie, che fecero parte del regno di Ruggiero. Nel 1130, quando questi fu coronato Re nel duomo di Palermo, i discendenti di Umberto erano, sì, più potenti signori di un secolo innanzi, ma di gran lunga, di gran lunga meno potenti di lui. Il quinto successore di Umberto, conte sin dal 1103, Amedeo III, possedeva in soprappiù solo una parte della Contea di Torino, e altresì un tratto di terra, forse il Bugey, donato da Enrico IV imperatore al marchese Pietro e al conte Amedeo II nel 1074 per avergli conceduto il passo: e in quello stesso anno ripigliava per poco la città di Torino che gli si era ribellata. Che differenza tra i possessi di cotesto Conte alpigiano, malamente connessi insieme, attraversati e separati da altissimi monti, diversi per qualità di popolazione, con quel mirabile complesso dei possessi isolani e continentali del re Ruggero? Questi assunse il titolo di Re d'Italia; fu il primo dei principi del

mezzogiorno a farlo, ma non fu l'ultimo: però nè egli nè alcuno dei suoi successori compì l'impresa cui il titolo accennava. Perchè? E perchè invece la compirono i discendenti di Umberto, tra i cui ascendenti v'era forse stato qualcuno che l'avesse preso prima di Ruggiero, ma eran parsi per tanto tempo poi così lontani dal potervi pretendere? Certo, l'unità regia d'Italia doveva esser fatta dall'uno o dall'altro dei due regni che si costituirono a così grande diversità di data, l'uno dalla dinastia normanna nel 1130, l'altro da quella di Savoia nel 1713; ed è curioso che al Duca di Savoia, così si chiama sin dal 1416, il titolo di Re venisse dall' acquisto della Sicilia, appunto perchè il Ruggiero aveva di quest'isola fatto un regno. Nell'Italia Centrale e neanche nella Valle del Po, per diverse ragioni, si sarebbe potuto aggruppare, addensare un nocciolo di forza, sufficiente a compire l'impresa di una nuova unità politica dell'Italia come si sia. Dove il soverchio di vigoria aveva esausto i potenti comuni del medioevo, dove ogni vita politica s'era via via assiderata ed estinta, dove ogni possanza di armi era venuta meno. Ma se è così, perchè dal regno del settentrione è venuta l'unità all' Italia, e il regno del mezzogiorno n'è stato disfatto? Perchè?

Questi e molti altri perchè mi si affollano nella mente, e il rispondervi sarebbe soggetto di mag

gior interesse, che non è stato forse quello di cui vi ho discorso. Ma richiedono che di questo si fosse discorso prima; e a ogni modo vogliono esser trattati in pieno e con penetrante e imparziale esame. Troverete, di certo, altri che ve li esponga così; e a me non resta se non di pregarvi a benedire la storia tale e quale si è fatta e si è conclusa; poichè dalla triturazione di tanti uomini e cose n'è uscito infine questo; che in voi io non saluto e ringrazio Toscani, nè voi avete sopportato in me un napoletano: ma un italiano, per desiderio vostro, vi ha parlato, e Italiani, per bontà loro, l'hanno udito.

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