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L'argomento che mi rassegno a trattare tocea signore e signorine più da vicino di quel che forse non credano. Non davvero guai a me se neppur ci pensassi! per via dell'opinione, tutta mascolina, che attribuisce alla donna una predilezione particolare per l'esercizio di quel prezioso strumento che è la lingua. I motivi miei sono di natura ben differente. Mi s'affaccia quel luogo della Vita Nuova $ XXV), dove Dante afferma che lo primo che si mosso a dire siccome potea volgare si mosse perchè volle fare intendere le sue parole a donna, alla donna del suo cuore "alla quale era malagevole ad intendere le parole latine. „, Che se qui s'ha a fare con un'idea personale, dove la critica inesorabile anche coi grandi e coi massimi, trova che al vero è frammisto l'errore, Dante. non immagina nè argomenta - ripete ed osserva

quando per bocca di Guido Guinizelli designa coll' epiteto di "materno, il nostro linguaggio, insieme con uno de' suoi stretti parenti d'oltr'alpe:

O frate, disse, questo ch'io ti scerno
Col dito (e additò uno spirto innanzi)
Fu miglior fabbro del parlar materno.

(Purg., XXVI, 115).

"Parlar materno „: quello che il bambino impara dalle labbra di chi, dopo avergli dato la vita, "vegghia,,, per dirla ancor con Dante, "a studio della culla,, sua, ne regge i primi passi, ne desta con pazienza instancabile le facoltà intellettive. Così la nuova favella ci viene innanzi doppiamente illuminata dal sole dell' amore: dell' amore nella più intensa, e nella più santa delle sue manifestazioni.

Dichiaratamente nelle parole della Vita Nuova, tacitamente eppure in modo altrettanto sicuro in quell'epiteto di "materno,,, che suppone di necessità qualcosa che materno non sia, di fronte al volgare sta la lingua latina. Se ne sta maestosa, superba di una nobiltà due volte millenaria, che nell'ordine suo non ha assolutamente l'uguale. La sua storia è la storia stessa di Roma. Al pari di Roma e insieme con lei il latino prese le mosse da principii umili ed oscuri, e a poco a poco ar

rivò ad una grandezza da sbalordire. Non era già nemmeno all' origine il linguaggio di Roma soltanto. Prima ancora che presso alle rive del Tevere sorgessero sul Palatino i tugurii destinati a diventare un giorno i palazzi dorati degl'imperatori, la favella che qui aveva a rimbombare sonava in altre parti del Lazio, più salubri e più fertili. E il Lazio continuò sempre a parlar latino; e il latino non cessò mai di chiamarsi così, vale a dire per l'appunto "lingua del Lazio Ma cosa importa mai ciò? Solo in quanto era la lingua di Roma, il latino si venne estendendo fuori del suo proprio territorio. La conquistatrice del mondo fu Roma, non il Lazio, che al pari del resto dovett' essere domato e conquistato ancor esso. E il latino che si propagò, fu il latino quale s'era venuto foggiando e modificando dentro nella città, la quale, alla stessa maniera come nel rimanente, dettò la legge anche per ciò che riguarda il linguaggio. Però il parlare elegante fu detto 66 sermo urbanus parlar cittadino, intendendo perurbs, la città per eccellenza: Roma, e nient'altro che Roma.

È una storia meravigliosa quella della conquista romana: compiuta passo passo attraverso a fiere dissensioni interne ed a rivolgimenti non pochi, con una tenacia ed una coerenza rare a trovarsi negli individui, e che qui viene ad aversi in un

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