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SONETTO XXXI.

Sovra lo stesso argomento.

E' non è legno di sì forti nocchi;
Nè anco tanto dura alcuna pietra;
Ch' esta crudel, che mia morte perpetra,
Non vi mettesse amor co' suoi begli occhi.

Or dunque s'ella incontra uom che l'adocchi;
Ben gli de' 'l cor passar, se non s'arretra:
Onde 'l conven morir; che mai no impetra
Mercè, ch' il suo dever pur si spannocchi '.

Deh perchè tanta vertù data fue Agli occhi d' una donna così acerba, Che suo fedel nessuno in vita serba?

Ed è contr' a pietà tanto superba,
Che s'altri muor per lei, nol mira piue;
Anzi gli asconde le bellezze sue?

1 Pannocchia, spiga: spannocchiare, troncar la spiga. Qui figuratamente par che significhi, si compisca. In ogni modo, è metafora troppo sforzata e strana; e non fu mai, ch'io mi sappia, imitata da alcuno.

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Ben dico certo che non è riparo,
Che ritenesse de' suoi occhi il colpo:
E questo gran valore io non incolpo;
Ma 'l duro core d'ogni mercè avaro,

Che mi nasconde il suo bel viso chiaro;
Onde la piaga del mio cor rimpolpo2;
Lo qual niente lagrimando scolpo,

muovo punto col lamento amaro.

Così è tuttavia bella e crudele,

D' Amor selvaggia, e di pietà nemica;
Ma più m'incresce, che convien ch'io 'l dica,

Per forza del dolor che m' affatica;

Non perch' io contr' a lei porti alcun fele;

Che vie più che me l'amo, e son fedele.

1

Aggiunge il Poeta, che la sua fede vince la crudeltà di lei, e ch'è contento del suo stato, benchè talora l'eccesso del dolore lo sforzi a far lamenti.

2 Cioè, onde nutro la piaga del mio cuore.

m

SONETTO XXXIII.

Maledice le cagioni e gli effetti dell' amor suo, e l'ostinata e schernita sua fedeltà.

Io maladico il dì ch' io vidi imprima
La luce de' vostri occhi traditori,
El punto che veniste in su la cima
Del core a trarne l'anima di fori:

E maladico l' amorosa lima,

Ch' ha pulito i miei motti e bei colori,
Ch' io ho per voi trovati e messi in rima,
Per far che 'l mondo mai sempre v`onori.

E maladico la mia mente dura,
Che ferma è di tener quel che m'uccide;
Cioè la bella e rea vostra figura,

Per cui Amor sovente si spergiura ';
Sicchè ciascun di lui e di me ride;
Che credo tor la ruota alla ventura 2.

1 Amore, vedendovi così bella, giura che sarete pietosa, e il suo giuramento mi tradisce.

2 Sperando cosa impossibile, come sarebbe il rapire alla Fortuna la sua ruota.

SONETTO XXXIV.

Segue a descrivere l'infelice suo stato'.

Nelle man vostre, o dolce donna mia,
Raccomando lo spirito che muore,
E se ne va sì dolente, che Amore
Lo mira con pietà, che 'l manda via:

Voi lo legaste alla sua signoria,
Sicchè non ebbe poi alcun valore
Di poterlo chiamar, se non signore,
Qualunque vuoi di me, quel vo' che sia.

Io so che a voi ogni torto dispiace;
Però la Morte che non ho servita,
Molto più m' entra nello core amara :

Gentil madonna, mentre ho della vita,
Per tal ch' io mora consolato in pace,
Vi piaccia agli occhi miei non esser cara.

1 Dice in sostanza in questo Sonetto, ch' egli vorrebbe uscir di vita per uscire di guai; ma che non può lasciar volentieri un mondo ov'è la donna ch' egli tant' ama. Però la prega di non essergli tanto cara.

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Non v' accorgete voi d'un che si smuore,
E va piangendo, si si disconforta?

I' priego voi (se non ven sete accorta)
Che voi I miriate per lo vostro onore:

Ei sen va sbigottito in un colore,
Che 'l fa parere una persona morta;
Con una doglia che negli occhi porta;
Che di levargli già non ha valore:

E quando alcun pietosamente il mira,
Il cuor di pianger tutto si distrugge;
E l'anima ne duol, sicchè ne stride.

E se non fosse ch' egli allor si fugge;
Sì alto chiama a voi, poichè sospira,
Ch' altri direbbe : or sappiam chi l' uccide.

1 Dipinge ancor la misera sua condizione; ma conchiude il contrario, pregando lei ad essergli pietosa almeno per proprio onore; perchè tutti la saprebbono rea di sua morte.

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