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CANZONE XVII.

LA MONTANINA.

'Amor, dacchè convien pur ch' io mi doglia Perchè la gente m' oda,

E mostri me d' ogni vertute spento;
Dammi savere a pianger, come voglia;

Sicch' il duol che si snoda,

Porti le mie parole com' io 'l sento:

Tu vuoi ch' io muoja; ed io ne son contento: Ma chi mi scuserà, s' io non so dire

Ciò che mi fai sentire?

Chi crederà ch' io sia omai sì colto? .

Ma se mi dai parlar quanto tormento,
Fa, signor mio, che innanzi al mio morire
Questa rea per me nol possa udire;
Che se intendesse ciò ch' io dentro ascolto,
Pietà faria men bello il suo bel volto.

1 È opinione del celebre Valeriano Vannetti che questo altissimo Poeta, ne' suoi frequenti viaggi lungo il fiume Adige, abbia dimorato alcun tempo in qualche castello de' Castelbarchi nella valle Lagarina presso Roveredo, e che ivi componesse questa Canzone.

Io non posso fuggir ch' ella non vegna Nell' imagine mia,

Se non come il pensier che la vi mena: L'anima folle, ch' al suo mal s' ingegna, Come ella è bella e ria,

Così dipinge e forma la sua pena:

Poi la riguarda, e quando ella è ben piena
Del gran desio che dagli occhi la tira,
Incontra a se s' adira,

Ch' ha fatto il foco, ove ella trista incende.
Quale argomento di ragion raffrena,
Ove tanta tempesta in me si gira?
L'angoscia che non cape dentro, spira
Fuor della bocca sì ch' ella s' intende,
Ed anche agli occhi lor merito rende.

La nemica figura, che rimane
E signoreggia la vertù che vuole,
Vaga di se medesma andar mi fane
Colà dove ella è vera,

Come simile a simil correr suole:

Ben conosc' io, che va la neve al sole;
Ma più non posso: fo come colui
Che, nel podere altrui,

Va co' suoi piè colà dove egli è morto:
Quando son presso, parmi odir parole
Dicer: vie via; vedrai morir costui?

Allor mi volgo, per veder a cui

Mi raccomandi; a tanto sono scorto
Dagli occhi che m'ancidono a gran torto.

Qual io divenga sì feruto, Amore,

Sal contar tu, non io,

Che rimani a veder me senza vita:

E se l'anima torna poscia al core,
Ignoranza ed oblio

Stato è con lei, mentre ch' ella è partita.

Quando risurgo, e miro la ferita

Che mi disfece quando io fui

Confortar non mi posso,

percosso,

Sicch' io non tremi tutto di paura:

E mostra poi la faccia scolorita

Qual fu quel tono che mi giunse addosso;

Che se con dolce riso è stato mosso,

Lunga fiata poi rimane oscura;

Perchè lo spirto non si rassicura.

Così m' hai concio, Amore, in mezzo l' alpi, Nella valle del fiume,

Lungo il qual sempre sopra me sei forte:

Qui vivo e morto, come vuoi, mi palpi;
Mercè del fiero lume,

Che folgorando fa via alla morte.

Lasso, non donne qui, non genti accorte

Vegg' io, a cui incresca del mio male:
S'a costei non ne cale,

No spero mai d' altrui aver soccorso:
E questa sbandeggiata di tua corte,
Signor, non cura colpo di tuo strale.
Fatto ha d'orgoglio al petto schermo tale,
Ch' ogni saetta li spunta suo corso;
Perchè l' armato cuor da nulla è morso.

O montanina ' mia canzon, tu vai; Forse vedrai Fiorenza la mia terra, Che fuor di se mi serra,

Vota d'amore e nuda di pietate:

Se dentro v' entri, va dicendo: omai
Non vi può fare il mio signor più guerra:
Là ond' io vegno una catena il serra;
Talchè se piega vostra crudeltate,
Non ha di ritornar qui libertate.

1 Montanina chiama il Poeta questa Canzone, volendo dir rozza, ovvero, perchè da lui in qualche monte del Veronese composta fu, dove star doveva a diporto..... E per dir breve quel ch'io ne penso, questa è forse una delle migliori Canzoni ch'abbia la volgar poesia. (QUADRIO.)

CANZONE XVIII.

Descrive in diversi modi l' avvicinarsi del verno, conchiudendo ciascuna volta che il suo amore non cangia per cangiar di stagione.

Io son venuto al punto della rota,
Che l'orizzonte, quando 'l Sol si corca,
Ci parturisce il geminato cielo ':
E la stella d' Amor ci sta rimota
Per lo raggio lucente, che la 'nforca
Si di traverso che le si fa velo :

E quel pianeta che conforta il gelo,

Si mostra tutto a noi per lo grande arco,

Nel qual ciascun de' sette fa poca ombra :
E però non disgombra

Un sol pensier d'amore,

ond' io son carco,

La mente mia, ch' è più dura che pietra
In tener forte imagine di pietra.

Il geminato cielo, cioè la costellazione di Gemini, che dal 21 novembre al 21 decembre esce dall' oriente quando il sole tramonta. Così soleano i massimi poeti greci indicar le stagioni dalla posizione del cielo.

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