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La qual è sì invilita,

Che ogni uom par mi dica: io t'abbandono;
Veggendo la mia labbia tramortita.

Ma qual ch'i' sia, la mia donna sel vede;
Ed io ne spero ancor da lei merzede.

Pietosa mia Canzone, or va piangendo:
E ritruova le donne e le donzelle,
A cui le tue sorelle

Erano usate di portar letizia;

E tu, che sei figliuola di tristizia,
Vattene sconsolata a star con elle'.

1

Questa cattivella Canzone ha tre parti. La prima è proemio: nella seconda ragiono di lei : nella terza parlo alla Canzone pietosamente. La seconda comincia Ita n'è Beatrice. La terza: Pietosa mia Canzone. La prima parte si divide in tre. Nella prima dico, che mi muove a dire. Nella seconda dico, a cui voglio dire. Nella terza dico, di cui voglio dire.... Poscia, quando dico: Ita n'è Beatrice, ragiono di lei; e intorno a ciò fo due parti. Prima dico la cagione, perchè tolta ne fu: appresso dico, come altri si piagne della sua partita.., e dico la mia condizione. (DANT. V. N.)

SONETTO XVII.

Segue nello stesso argomento, e si rende anche interprete del dolore d'altra persona.

Venite a 'ntender li sospiri miei,
O cor gentili, che pietà il desia;
Li qua' disconsolati vanno via;
E se non fosser, di dolor morrei.

Perocchè gli occhi mi sarebber rei
Molte fiate più ch' io non vorria,
Lasso di pianger sì la donna mia,
Ch'i' sfogherei il cor, piangendo lei.

Voi udirete lor chiamar sovente La mia donna gentil, che se n'è gita Al secol degno della sua virtute;

E dispregar talora questa vita, In persona dell'anima dolente,

Abbandonata dalla sua salute'.

1 Questo Sonetto ha due parti. Nella prima chiamo li fedelį d'Amore che m' intendano. Nella seconda narro della mia misera condizione. La seconda comincia : Li qua' disconsolati.

(DANT. V. N.)

CANZONE V.

Piangesi la stessa morte da un amico del Poeta,

e dal Poeta medesimo.

Quantunque volte, lasso! mi rimembra, Ch' io non debbo giammai

Veder la donna, ond' io vo sì dolente;

Tanto dolore intorno al cor m'assembra

La dolorosa mente,

Ch'i' dico: anima mia, che non ten vai?

Che li tormenti, che tu porterai
Nel secol che t'è gia tanto nojoso,
Mi fan pensoso di paura forte;
Ond' io chiamo la morte,

Come soave e dolce mio riposo :

E dico: vieni a me; con tanto amore,
Ch'i' sono astioso di chiunque muore.

E' si raccoglie negli miei sospiri

Un suono di pietate,

Che va chiamando morte tuttavia :
A lei si volser tutti i miei disiri,

Quando la donna mia

Fu giunta dalla sua crudelitate:
Perchè 'l piacere della sua biltate,
Partendo se dalla nostra veduta,
Divenne spirital bellezza e grande,
Che per lo ciel si spande

Luce d'Amor, che gli Angeli saluta;
E lo 'ntelletto loro alto e sottile
Face maravigliar, sì n' è gentile.

⚫ Nella prima stanza si lamenta un amico mio caro, e distretto a lei. Nella seconda mi lamento io...... E così appare, che in questa Canzone si rammaricano due persone; l' una delle quali si lamenta come fratello, l'altra come servidore.

(DANT. V. N.)'

SONETTO XVIII.

IL DOLOROSO ANNOVALE.

Era venuta nella mente mia
Quella donna gentil, cui piange Amore,
Entro quel punto che lo suo valore
Vi trasse a riguardar quel ch'io facia'.

Amor, che nella mente la sentia,
S'era svegliato nel distrutto core,
E diceva a' sospiri : andate fore;
Perchè ciascun dolente sen partia.

Piangendo uscivan fuori del mio petto,
Con una voce che sovente mena

Le lagrime dogliose agli occhi tristi.

Ma quegli che n' uscian con maggior pena, Venien dicendo: O nobile intelletto,

Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.

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