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A colui ch'aspettando il tempo perde,
Nè giammai tocca di fioretto yerde.
Conqueror, cor suave, de te primo (d),
Che, per un matto guardamento d'occhi,
Vos non dovris aver perdu la loi (e):
Ma e' mi piace ch' al dar degli stocchi (2),
Semper insurgunt contra me de limo;
Don eu soi mort, e per la fed quem troi

Fort mi desplax, ahi pover moi (f)!
Ch'io son punito, ed aggio colpa nulla.
Nec dicit ipsa malum est de isto;
Unde querelam sisto (g).

Ella sa ben, che, se 'l mio cor si crulla (3),
A plaser d'autre, qe de le; amor le set,
Il faulx cor grans pen en porteret (h).
Ben avrà questa donna il cuor di ghiaccio,
E tan daspres, qe per ma fed e sors,
Nisi pietatem habuerit servo,

Ben sai l'amors (seu ie non hai socors) (i)

(d) Di te mi lagno,cor soave, in primo,
(e) Non dovresti la legge aver perduto:
(f) Insorgon sempre contra me dal limo;

Dond' io son morto, e per la fè che ho avuto
Fortemente mi spiace, ahi me perduto!
(g) Nè dessa dice: il male egli è di questo;
Onde lagnarmi io resto;

(h) A piacer d'altra che di lei; il sa Amore, Gran pena porteriane il falso core.

(i) E tant' aspro, che, per mia pena e sorte, Se non avrà pietade pel suo servo,

Ben sa l'amor (s' aita a me non porte),

(2) Al cominciar delle ferite, del ferire. (3) Si muove, si piega. Crullare, come grullare, per crollare.

Che per lei dolorosa morte faccio,
Neque plus vitam sperando conservo.
Vae omni meo nervo,

Sella non fai qe per son sen verai (1)
Io vegna a riveder sua faccia allegra,
Ahi Dio! quanto è integra (4);

Mas eu men dopt, sì gran dolor en hai : Amorem versus me non tantum curat, Quantum spes in me de ipsa durat (m). Canson, vos pognes ir per tot le mond; Namque locutus sum in lingua trina, Ut gravis mea spina (n)

Si saccia per lo mondo, ognuno il senta:
Forse pietà n'avrà chi mi tormenta.

(1) Ne, sperando, la vita più conservo.
Guai ad ogni mio nervo,

S'ella non fa, che per suo senno vero (m) Ma io ne temo, duol n'aggio si fero: Ella amore ver me tanto non cura, Quanto in me d'essa la speranza dura. (n) Canzon tu gir ne puoi per tutto il mondo; Perocchè parlat' aggio in lingua trina, Chè la grave mia spina

(4) Pura, incontaminata.

CANZONE VII.

La rigidità della sua donna
con rigide rime dimostra.

Così nel mio parlar voglio esser aspro,
Come è negli atti questa bella pietra,
La quale ogni ora impetra (1)

(1) Acquista.

Maggior durezza e più natura cruda;
E veste sua persona d'un diaspro,
Talche per lui, o perch'ella s'arretra,
Non esce di faretra

Saetta che giammai la colga ignuda:

Ed ella ancide (2), e non val ch'uom si chiuda (3),
Nè si dilunghi da'colpi mortali,

Che, come avessero ali,

Giungono altrui, e spezzan ciascuna arme:
Per ch'io non so da lei, nè

posso

aitarme.

Non trovo scudo ch' ella non mi spezzi,
Nè luogo che dal suo viso m'asconda;
Ma come fior di fronda,

Così della mia mente tien la cima:
Cotanto del mio mal par che si prezzi (a),
Quanto legno di mar che non lieva onda:
Lo peso che m'affonda,

È tal, che nol potrebbe adeguar rima :
Ahi angosciosa e dispietata lima,
Che sordamente la mia vita scemi,
Perchè non ti ritemi (4)

Rodermi così il core scorza a scorza (5),
Com' io di dire altrui chi ten (b) dà forza?
Chè più mi trema il cor, qualora io penso
Di lei in parte, ove altri gli occhi induca,
Per tema, non traluca

Lo mio pensier di fuor, sicchè si scopra,
Ch'io non fo della morte, che ogni senso
Colli denti d'amor già mi (c) manduca;

(a) s'apprezzi

(b) chi ti (c) già si

(2) Ferisce mortalmente.
(3) Si cuopra, si occulti.
(4) Non ti temi.

(5) Brano a brano.

Ciò che nel pensier bruca (6)

La mia virtù, sicchè n' allenta l' opra.
El m'ha pcrcosso (7) in terra, e stamani sopra
Con quella spada, ond' egli ancise (d) Dido,
Amore, a cui io grido,

Mercè chiamando, ed umilmente il priego:
E quei d'ogni mercè par messo al niego (8).
Egli alza ad or ad or la mano, e sfida (9)
La debole mia vita esto perverso,

Che disteso e riverso

Mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco:
Allor mi surgon nella mente strida (10):
E'l sangue ch'è per le vene disperso,
Fuggendo, corre verso

Locorche'l chiama; ond'io rimango bianco.
Egli mi fiede (e) sotto il braccio manco
Si forte, che 'l dolor nel cor rimbalza;
Allor dich' io: s'egli alza

Un'altra volta, morte m' avrà chiuso
Prima che 'l colpo sia disceso giuso.
Così vedess' io lui fender per mezzo

Lo core alla crudele ch'il mio squatra (11):
Poi non mi sarebbe atra

La morte, ov' io per sua bellezza corro:
Chè tanto dà nel sol, quanto nel rezzo
Questa scherana (12) micidiale e latra.

(d) uccise (e) mi fiere

(6) Affievolisce. Per Metafora.
Spinto, gettato.

Messo sulla negativa.
Fa, rende disperata.
10) Affanni, angoscie.
(11) Squarta, divide.
(12) Assassina.

Oimè perchè non latra (13)

Per me, com'io per lei nel caldo borro (14)?
Che tosto griderei : io vi soccorro;

E farel (f) (15) volentier, siccome quegli,
Che ne' biondi capegli

Ch'Amor per consumarmi increspa e dora,
Metterei mano, e sazieremi (16) allora.
Se io avessi le bionde (g) treccie prese,
Che fatte son per me scudiscio e ferza ;
Pigliandole anzi terza (17),

Con esse passerei vespro e le squille (18):
E non sarei pietoso nè cortese ;

Anzi farei come orso, quando scherza :
E s'Amor me ne sferza,

lo mi vendicherei di più di mille;
E' suoi begli occhi, onde escon le faville,
Che m'infiammano il cor ch'io porto anciso (19),
Guarderei presso e fiso,

Per vendicar lo fuggir, che mi face;

E poi le renderei con amor pace.
Canzon, vattene dritto a quella donna,
Che m'ha ferito il core, e che m'invola
Quello ond'io ho più gola;

E dalle per lo cor d'una saetta;

Chè bello onor s'acquista in far vendetta.

(f) E farei (g) le belle

(13) Non grida, non uria.

(14) Nell' ardente baratro d' Amore.
(15) Lo farei. Contruzione di fareilo.

(16) Mi sazierei.

(17) Innanzi l'ora terza, cioè la mattina.
(18) Il suono dell' Avemaria, cioè la sera.
(19) Ferito mortalmente, piagato.

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