CANZONE XIX. Dimostra quanto l'immagine dell' amata donna occupi la mente di lui. La bella stella che 'l tempo misura, E come quella fa di sua figura A giorno a giorno (1) il mondo illuminato; Alli gentili, ed a quei c' han valore, Perocchè vede in lei perfetta luce, Quel Ciel d'un lume, ch'agli buoni è duce E porto pinto nella mente il viso, O bella donna, luce ch'io vedrei, (a) E questo (1) Di mano in mano che si fa giorno. Dolente (b), sbigottito, Dice tra se piangendo il cor dolente; D'intelletto a parlar così altamente, E viemmi di vederla un desidero, Pur ad amarla, e più (d) non mi abbandona; E mia vita (e) dolente in pianto meno; Ciascun, cui tien il mio Signore a freno, E fo come colui che non riposa, E la cui vita a più a più si stuta (4) (3) Me la fa. (4) Di mano in mano sempre più si estingue, si spegne. Da lei mi vien d'ogni cosa il martire: Tanto più di ragion mi dee dolere; Cotal m'è or, quale mi fu a vedere, Dietro al desio che a Madonna mi tira Senza niun ritegno; E il grande lacrimar che mi distrugge, E non saprei io dir qual io divegno: E la figura sua ch' io dentro porto, Giammai trovar chi mi desse conforto, Finch' io sarò dal suo bel viso scorto. Tu non sei bella, ma tu sei pietosa, Canzon mia nova, e cotal te ne andrai Là dove tu sarai Per avventura da Madonna udita ; (g) Diviene. (5) Il contrario di innamorata. Corn' io non spero mai Di più vederla anzi la mia finita (6); (b) Poscia (6) Morte. CANZONE XX. Ad Amore, che non vuol venire in suo soccorso, domanda la morte. Perchè nel tempo rio (a) Dimoro tuttavia aspettando peggio, Mai consolar, se non m'aiuta Iddio (b) A lui (c), che vegna nel soccorso mio: Sempre disdegna, come or provo e veggio. Perch'io aspetto pace Da lei sul punto dello mio finire; Ch'io le credo servire Lasso così morendo, Poi le disservo (1) e dispiaccio (d) vivendo. varianti per (c) Da lei lo che nel (d) Poi le (1) Perch' io nel tempo reo colle la rima ai versi 4, 6, 7 Deo, meo, eo tempo reo (b) Dio dispiaccio e disservo (1) Poichè non la servo. Disservíre il contra rio di servire. Deh ehe (e) m'avesse Amore, Prima che 'l vidi, immantenente morto; Che per biasmo (f) del torto Avrebbe a lei ed a me fatto onore; Tanta vergogna porto Della mia vita, che testè (2) non more, Nel qual d'amar la gente disconforto; L'un per usanza, e l'altro (i) per sua forza: Sicch'io vo' per men male, Morir contra (1) la voglia naturale. E tanto forte, che spesse fiate Daria al mio cor la morte più leggera: Ma, lasso per pietate Dell' anima mia trista, che non pera, E torni a Dio qual' era (m), Ella non muor, ma viene (n) in gravitate (3): Ch'a ciò per soverchianza non mi mova (e) Deh or - deh ch'or peggio ho che 'I dolore Jore (f) blasmo (g) E Ch'è peggio che 'l do (h) Che Amore è una cosa (e) e l'altra (k) isforza (1) contro alla (m) a Deo quel ch'era (1) vive (2) Ora, in questo punto. (3) Diviene gravosa, insopportabile. |