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larghi che fossero incomprensibili, e che tutti i luoghi di essa terra e tutti gli uomini, salvo leggerissime differenze, erano conformi gli uni agli altri. Per le quali cose cresceva la loro mala contentezza di modo che essi non erano ancora usciti della gioventù, che un espresso fastidio dell' esser loro gli aveva universalmente occupati. E di mano in mano nell'età virile, e maggiormente in sul declinare degli anni, convertita la sazietà in odio, alcuni vennero in sì fatta disperazione, che non sopportando la luce e lo spirito, che nel primo tempo avevano avuti in tanto amore, spontaneamente, quale in uno e quale in altro modo, se ne privarono.

Parve orrendo questo caso agli Dei, che da creature viventi la morte fosse preposta alla vita, e che questa medesima in alcun suo proprio soggetto, senza forza di necessità e senza altro concorso, fosse istrumento a disfarlo. Non si può facilmente dire quanto si maravigliassero che i loro doni fossero tenuti così vili ed abbominevoli, che altri dovesse con ogni sua forza spogliarseli e rigettarli; parendo loro aver posta. nel mondo tanta bontà e vaghezza, e tali ordini e condizioni, che quella stanza avesse ad essere, non che tollerata, ma sommamente amata da qualsivoglia animale, e dagli uomini massimamente, il qual genere avevano formato con singolare studio e maravigliosa eccellenza. Ma nel medesimo tempo, oltre all' essere tocchi da non mediocre pietà di tanta miseria umana quanta manifestavasi dagli effetti, dubitavano eziandio che rinnovandosi e moltiplicandosi quei tristi esempi, la stirpe umana fra poca età, contro l' ordine dei fati, venisse a perire, e le cose fossero private di quella perfezione che risultava loro dal nostro genere, ed essi di quegli onori che ricevevano dagli uomini.

Deliberato per tanto Giove di migliorare, poichè parea che si richiedesse, lo stato umano, e d' indirizzarlo alla felicità con maggiori sussidi, intendeva che gli uomini si querelavano principalmente che le cose non fossero immense di grandezza, nè infinite di beltà, di perfezione e di varietà, come essi da prima avevano giudicato; anzi essere angustissime, tutte imperfette, e pressochè di una forma; e che dolendosi non solo dell' età provetta, ma della matura, e della medesima gioventù, e desiderando le dolcezze dei loro primi anni, pregavano ferventemente di essere tornati nella fanciullezza, e in quella perseverare tutta la loro vita. Della qual cosa non potea Giove soddisfarli, essendo contraria alle leggi universali della natura, ed a quegli uffici e quelle utilità che gli uomini dovevano, secondo l' intenzione e i decreti divini, esercitare e produrre. Nè anche poteva comunicare la propria infinità colle creature mortali, nè fare la materia infinita, nè infinita la perfezione e la felicità delle cose e degli uomini. Ben gli

parve conveniente di propagare i termini del creato, e di maggiormente adornarlo e distinguerlo: e preso questo consiglio, ringrandì la terra d' ogn' intorno, e v' infuse il mare, acciocchè, interponendosi ai luoghi abitati, diversificasse la sembianza delle cose, e impedisse che i confini loro non potessero facilmente essere conosciuti dagli uomini, interrompendo i cammini, ed anche rappresentando agli occhi una viva similitudine dell' immensità. Nel qual tempo occuparono le nuove acque la terra Atlantide, non sola essa, ma insieme altri innumerabili e distesissimi tratti, benchè di quella resti memoria speciale, sopravvissuta alla moltitudine dei secoli. Molti luoghi depresse, molti ricolmò suscitando i monti e le colline, cosperse la notte di stelle, rassottigliò e ripurgò la natura dell'aria, ed accrebbe il giorno di chiarezza e di luce, rinforzò e contemperò più diversamente che per l' addietro i colori del cielo e delle campagne, confuse le generazioni degli uomini in guisa che la vecchiezza degli uni concorresse in un medesimo tempo coll' altrui giovanezza e puerizia. E risolutosi di moltiplicare le apparenze di quell' infinito che gli uomini sommamente desideravano (dappoi che egli non li poteva compiacere della sostanza), e volendo favorire e pascere le coloro immaginazioni, dalla virtù delle quali principalmente comprendeva essere proceduta quella tanta beatitudine della loro fanciullezza; fra i molti espedienti che pose in opera (siccome fu quello del mare), creato l' eco, lo nascose nelle valli e nelle spelonche, e mise nelle selve uno strepito sordo e profondo, con un vasto ondeggiamento delle loro cime. Creò similmente il popolo de' sogni, e commise loro che ingannando sotto più forme il pensiero degli uomini, figurassero loro quella pienezza di non intelligibile felicità, che egli non vedeva modo a ridurre in atto, e quelle immagini perplesse e indeterminate, delle quali esso medesimo, se bene avrebbe voluto farlo, e gli uomini lo sospiravano ardentemente, non poteva produrre alcun esempio reale.

Fu per questi provvedimenti di Giove ricreato ed eretto l'animo degli uomini, e rintegrata in ciascuno di loro la grazia e la carità della vita, non altrimenti che l' opinione, il diletto e lo stupore della bellezza e dell' immensità delle cose terrene. E durò questo buono stato più lungamente che il primo, massime per la differenza del tempo introdotta da Giove nei nascimenti, sicchè gli animi freddi e stanchi per l' esperienza delle cose, erano confortati vedendo il calore e le speranze dell' età verde. Ma in progresso di tempo tornata a mancare affatto la novità, e risorto e riconfermato il tedio e la disistima della vita, si ridussero gli uomini in tale abbattimento, che nacque allora, come si crede, il costume riferito nelle storie come praticato da alcuni popoli antichi che lo ser

barono, che nascendo alcuno, si congregavano i parenti e loro amici a piangerlo; e morendo, era celebrato quel giorno con feste e ragionamenti che si facevano congratulandosi coll' estinto. All' ultimo tutti i mortali si volsero all' empietà, o che paresse loro di non essere ascoltati da Giove, o essendo propria natura delle miserie indurare e corrompere gli animi eziandio più bennati, e disamorarli dell' onesto e del retto. Perciocchè s' ingannano a ogni modo coloro i quali stimano essere nata primieramente l' infelicità umana dall' iniquità e dalle cose commesse contro agli Dei; ma per lo contrario non d'altronde ebbe principio la malvagità degli uomini che dalle loro calamità.

Ora poichè fu punita dagli Dei col diluvio di Deucalione la protervia dei mortali e presa vendetta delle ingiurie, i due soli scampati dal naufragio universale del nostro genere, Deucalione e Pirra, affermando seco medesimi niuna cosa potere maggiormente giovare alla stirpe umana che di essere al tutto spenta, sedevano in cima a una rupe chiamando la morte con efficacissimo desiderio, non che temessero nè deplorassero il fato comune. Non per tanto, ammoniti da Giove di riparare alla solitudine della terra; e non sostenendo, come erano sconfortati e disdegnosi della vita, di dare opera alla generazione; tolto delle pietre della montagna, secondo che dagli Dei fu mostrato loro, e gittatosele dopo le spalle, restaurarono la specie umana. Ma Giove fatto accorto, per le cose passate, della propria natura degli uomini, e che non può loro bastare, come agli altri animali, vivere ed essere liberi da ogni dolore e molestia del corpo; anzi, che bramando sempre e in qualunque stato l'impossibile, tanto più si travagliano con questo desiderio da se medesimi, quanto meno sono afflitti dagli altri mali; deliberò valersi di nuove arti a conservare questo misero genere: le quali furono principalmente due. L'una mescere la loro vita di mali veri; l' altra implicarla in mille negozi e fatiche, ad effetto d' intrattenere gli uomini, e divertirli quanto più si potesse dal conversare col proprio animo, o almeno col desiderio di quella loro incognita e vana felicità.

Quindi primieramente diffuse tra loro una varia moltitudine di morbi e un infinito genere di altre sventure: parte volendo, col variare le condizioni e le fortune della vita mortale, ovviare alla sazietà e crescere colla opposizione dei mali il pregio de' beni; parte acciocchè il difetto dei godimenti

1 Erodoto, lib. 5, cap. 4. Strabone, lib. 11. edit. Casaub. pag. 519. Mela, lib. 2. cap. 2. Antologia greca, ed. H. Steph. pag. 16. Coricio sofista, Orat. fun. in Procop. Gaz. cap. 35, ap. Fabric. Bibl. Graec. ed. vet. vol. 8, pag. 859.

riuscisse agli spiriti esercitati in cose peggiori, molto più comportabile che non aveva fatto per lo passato; e parte eziandio con intendimento di rompere e mansuefare la ferocia degli uomini, ammaestrarli a piegare il collo e cedere alla necessità, ridurli a potersi più facilmente appagare della propria sorte, e rintuzzare negli animi affievoliti non meno dalle infermità del corpo che dai travagli propri, l' acume e la veemenza del desiderio. Oltre di questo, conosceva dovere avvenire che gli uomini oppressi dai morbi e dalle calamità, fossero meno pronti che per l' addietro a volgere le mani contra sè stessi, perocchè sarebbero incodarditi e prostrati di cuore, come interviene per l'uso dei patimenti. I quali sogliono anche, lasciando luogo alle speranze migliori, allacciare gli animi alla vita: imperciocchè gl' infelici hanno ferma opinione che eglino sarebbero felicissimi quando si riavessero dei propri mali; la qual cosa, come è la natura dell' uomo, non mancano mai di sperare che debba loro succedere in qualche modo. Appresso creò le tempeste dei venti e dei nembi, si armò del tuono e del fulmine, diede a Nettuno il tridente, spinse le comete in giro e ordinò le eclissi; colle quali cose e con altri segni ed effetti terribili, instituì di spaventare i mortali di tempo in tempo: sapendo che il timore e i presenti pericoli riconcilierebbero alla vita, almeno per breve ora, non tanto gl' infelici, ma quelli eziandio che l' avessero in maggiore abbominio, e che fossero più disposti a fuggirla.

E per escludere la passata oziosità, indusse nel genere umano il bisogno e l'appetito di nuovi cibi e di nuove bevande, le quali cose non senza molta e grave fatica si potessero provvedere, laddove insino al diluvio gli uomini, dissetandosi delle sole acque, si erano pasciuti delle erbe e delle frutta che la terra e gli arbori somministravano loro spontaneamente, e di altre nutriture vili e facili a procacciare, siccome usano di sostentarsi anche oggidì alcuni popoli, e particolarmente quelli di California. Assegnò ai diversi luoghi diverse qualità celesti, e similmente alle parti dell' anno, il quale insino a quel tempo era stato sempre e in tutta la terra benigno e piacevole in modo, che gli uomini non avevano avuto uso di vestimenti; ma di questi per l' innanzi furono costretti a fornirsi, e con molte industrie riparare alle mutazioni e inclemenze del cielo. Impose a Mercurio che fondasse le prime città, e distinguesse il genere umano in popoli, nazioni e lingue, ponendo gara e discordia tra loro; e che mostrasse agli uomini il canto e quelle altre arti, che sì per la natura e sì per l'origine, furono chiamate, e ancora si chiamano, divine. Esso medesimo diede leggi, stati e ordini civili alle nuove genti; e in ultimo volendo con un incomparabile dono bene

ficarle, mandò tra loro alcuni fantasmi di sembianze eccellentissime e soprumane, ai quali permise in grandissima parte il governo e la potestà di esse genti: e furono chiamati Giustizia, Virtù, Gloria, Amor patrio e con altri sì fatti nomi. Tra i quali fantasmi fu medesimamente uno chiamato Amore, che in quel tempo primieramente, siccome anco gli altri, venne in terra: perciocchè innanzi all' uso dei vestimenti, non amore, ma impeto di cupidità, non dissimile negli uomini di allora da quello che fu di ogni tempo nei bruti, spingeva l' un sesso verso l'altro, nella guisa che è tratto ciascuno ai cibi e a simili oggetti, i quali non si amano veramente, ma si appetiscono.

Fu cosa mirabile quanto frutto partorissero questi divini consigli alla vita mortale, e quanto la nuova condizione degli uomini, non ostante le fatiche, gli spaventi e i dolori, cose per l'addietro ignorate dal nostro genere, superasse di comodità e di dolcezza quelle che erano state innanzi al diluvio. E questo effetto provenne in gran parte da quelle maravigliose larve; le quali dagli uomini furono riputate ora genii ora iddii, e seguite e culte con ardore inestimabile e con vaste e portentose fatiche per lunghissima età; infiammandoli a questo dal canto loro con infinito sforzo i poeti e i nobili artefici; tanto che un grandissimo numero di mortali non dubitarono chi all' uno e chi all' altro di quei fantasmi donare e sacrificare il sangue e la vita propria. La qual cosa, non che fosse discara a Giove, anzi piacevagli sopra modo, così per altri rispetti, come che egli giudicava dovere essere gli uomini tanto meno facili a gittare volontariamente la vita, quanto più fossero pronti a spenderla per cagioni belle e gloriose. Anche di durata questi buoni ordini eccedettero grandemente i superiori; poichè quantunque venuti dopo molti secoli in manifesto abbassamento, nondimeno eziandio declinando e poscia precipitando, valsero in guisa, che fino all' entrare d' una età non molto rimota dalla presente, la vita umana, la quale per virtù di quegli ordini era stata già, massime in alcun tempo, quasi gioconda, si mantenne per beneficio loro mediocremente facile e tollerabile.

Le cagioni e i modi del loro alterarsi furono i molti ingegni trovati dagli uomini per provvedere agevolmente e con poco tempo ai propri bisogni; lo smisurato accrescimento della disparità di condizioni e di uffici constituita da Giove tra gli uomini quando fondò e dispose le prime repubbliche; l'oziosità e la vanità che per queste cagioni, di nuovo, dopo antichissimo esilio, occuparono la vita; l' essere, non solo per la sostanza delle cose, ma ancora da altra parte per l'estimazione degli uomini, venuta a scemarsi in essa vita la grazia della varietà, come sempre suole per la lunga consuetudine;

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