Sayfadaki görseller
PDF
ePub

ad azioni grandi. Così anche in questa parte si verifica che nessun bene si può avere al mondo, che non sia accompagnato da mali della stessa misura: poichè l' utilità inestimabile del trovarsi innanzi nella giovanezza una guida esperta ed amorosa, quale non può essere alcuno così come il proprio padre, è compensata da una sorta di nullità e della giovanezza e generalmente della vita.

III.

La sapienza economica di questo secolo si può misurare dal corso che hanno le edizioni che chiamano compatte, dove è poco il consumo della carta, e infinito quello della vista. Sebbene in difesa del risparmio della carta nei libri, si può allegare che l'usanza del secolo è che si stampi molto e che nulla si legga. Alla quale usanza appartiene anche l'avere abbandonati i caratteri tondi, che si adoperarono comunemente in Europa ai secoli addietro, e sostituiti in loro veće i caratteri lunghi, aggiuntovi il lustro della carta; cose quanto belle a vederle, tanto e più dannose agli occhi nella lettura; ma ben ragionevoli in un tempo nel quale i libri si stampano per vedere e non per leggere.

IV.

Questo che segue, non è un pensiero, ma un racconto, ch' io pongo qui per isvagamento del lettore. Un mio amico, anzi compagno della mia vita, Antonio Ranieri, giovane che, se vive, e se gli uomini non vengono a capo di rendere inutili i doni ch' egli ha dalla natura, presto sarà significato abbastanza dal solo nome, abitava meco il 1831 in Firenze. Una sera di state, passando per via Buia, trovò in sul canto, presso alla piazza del duomo, sotto una finestra terrena del palazzo che ora è de' Riccardi, fermata molta gente, che diceva tutta spaventata: ih, la fantasma! E guardando per la finestra nella stanza, dove non era altro lume che quello che vi batteva dentro da una delle lanterne della città, vide egli stesso come un' ombra di donna, che scagliava le braccia di qua e di là, e nel resto immobile. Ma avendo pel capo altri pensieri, passò oltre, e per quella sera nè per tutto il giorno vegnente non si ricordò di quell' incontro. L'altra sera, alla stessa ora, abbattendosi a ripassare dallo stesso luogo, vi trovò raccolta più moltitudine che la sera innanzi, e udì che ripetevano con lo stesso terrore: ih, la fantasma! E riguardando per entro la finestra, rivide quella stessa ombra, che pure, senza fare altro moto, scoteva le braccia. Era la finestra

non molto più alta da terra che una statura d' uomo; e uno tra la moltitudine che pareva un birro, disse: S'i' avessi qualcuno che mi sostenessi 'n sulle spalle, i' vi monterei, per guardare che v'è la drento. Al che soggiunse il Ranieri: Se voi mi sostenete, monterò io. E dettogli da quello, montate, montò su, ponendogli i piedi in sugli omeri, e trovò presso all' inferriata della finestra disteso in sulla spalliera di una seggiola un grembiale nero, che agitato dal vento, faceva quell' apparenza di braccia che si scagliassero; e sopra la seggiola, appoggiata alla medesima spalliera, una rocca da filare, che pareva il capo dell' ombra: la quale rocca il Ranieri presa in mano, mostrò al popolo adunato, che con molto riso si disperse.

A che questa storiella? per ricreazione, come ho detto, de' lettori, e inoltre per un sospetto ch' io ho, che ancora possa essere non inutile alla critica storica ed alla filosofia sapere che nel secolo decimonono, nel bel mezzo di Firenze, ch'è la città più culta d'Italia, e dove il popolo in particolare è più intendente e più civile, si veggono fantasmi, che sono creduti spiriti, e sono rocche da filare. E gli stranieri si tengano qui di sorridere, come fanno volentieri delle cose nostre perchè troppo è noto che nessuna delle tre grandi nazioni che, come dicono i giornali, marchent à la tête de la civilisation, crede agli spiriti meno dell' italiana.

V.

Nelle cose occulte vede meglio sempre il minor numero, nelle palesi il maggiore. È assurdo l' addurre quello che chiamano consenso delle genti nelle quistioni metafisiche del qual consenso non si fa nessuna stima nelle cose fisiche, e sottoposte ai sensi; come per esempio nella quistione del movimento della terra, e in mille altre. Ed all'incontro è temerario, pericoloso, ed, al lungo andare, inutile, il contrastare all' opinione del maggior numero nelle materie civili.

VI.

La morte non male: perchè libera l'uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desiderii. La vecchiezza è male sommo: perchè priva l' uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti; e porta seco tutti i dolori. Nondimeno gli uomini temono la morte, e desiderano la vecchiezza.

VII.

Havvi, cosa strana a dirsi, un disprezzo della morte e un coraggio più abbietto e più disprezzabile che la paura: ed è

quello de' negozianti ed altri uomini dediti a far danari, che spessissime volte, per guadagni anche minimi, e per sordidi risparmi, ostinatamente ricusano cautele e provvidenze necessarie alla loro conservazione, e si mettono a pericoli estremi, dove non di rado, eroi vili, periscono con morte vituperata. Di quest' obbrobrioso coraggio si sono veduti esempi insigni, non senza seguirne danni e stragi de' popoli innocenti, nell'occasione della peste, chiamata più volentieri cholera morbus, che ha flagellata la specie umana in questi ultimi anni.

VIII.

Uno degli errori gravi nei quali gli uomini incorrono giornalmente, è di credere che sia tenuto loro il segreto. Nè solo il segreto di ciò che essi rivelano in confidenza, ma anche di ciò che senza loro volontà, o mal grado loro, è veduto o altrimenti saputo da chicchessia, e che ad essi converrebbe che fosse tenuto occulto. Ora dico che tu erri ogni volta che sapendo che una cosa tua è nota ad altri che a te stesso, non tieni già per fermo che ella sia nota al pubblico, qualunque danno o vergogna possa venire a te di questo. A gran fatica per la considerazione dell' interesse proprio, si stengono gli uomini di non manifestare le cose occulte; ma in causa d'altri, nessuno tace: e se vuoi certificarti di questo, esamina te stesso, e vedi quante volte o dispiacere o danno o vergogna che ne venga ad altri, ti ritengono di non palesare cosa che tu sappi; di non palesarla, dico, se non a molti, almeno a questo o a quell' amico, che torna il medesimo. Nello stato sociale nessun bisogno è più grande che quello di chiacchierare, mezzo principalissimo di passare il tempo, ch'è una delle prime necessità della vita. E nessuna materia di chiacchiere è più rara che una che svegli la curiosità e scacci la noia: il che fanno le cose nascoste e nuove. Però prendi fermamente questa regola: le cose che tu non vuoi che si sappia che tu abbi fatte, non solo non le ridire, ma non le fare. E quelle che non puoi fare che sieno, o che non sieno state, abbi per certo che si sanno, quando bene tu non te ne avvegga.

IX.

Chi contro all' opinione d' altri ha predetto il successo di una cosa nel modo che poi segue, non si pensi che i suoi contradittori, veduto il fatto, gli dieno ragione, e lo chiamino più savio o più intendente di loro: perchè o negheranno il fatto, o la predizione, o allegheranno che questa e quello differiscano nelle circostanze, o in qualunque modo troveranno

[ocr errors]

cause per le quali si sforzeranno di persuadere a sè stessi e agli altri che l'opinione loro fu retta, e la contraria torta.

X.

La maggior parte delle persone che deputiamo a educare i figliuoli, sappiamo di certo non essere state educate. Nè dubitiamo che non possono dare quello che non hanno ricevuto, e che per altra via non s' acquista.

XI.

V'è qualche secolo che, per tacere del resto, nelle arti e nelle discipline presume di rifar tutto, perchè nulla sa fare.

XII.

Colui che con fatiche e con patimenti, o anche solo dopo molto aspettare, ha conseguito un bene, se vede altri conseguire il medesimo con facilità e presto, in fatti non perde nulla di ciò che possiede, e nondimeno tal cosa è naturalmente odiosissima, perchè nell' immaginativa il bene ottenuto scema a dismisura se diventa comune a chi per ottenerlo ha speso e penato poco o nulla. Perciò l'operaio della parabola. evangelica si duole come d'ingiuria fatta a sè, della mercede uguale alla sua, data a quelli che avevano lavorato meno; e i frati di certi ordini hanno per usanza di trattare con ogni sorta di acerbità i novizi, per timore che non giungano agiatamente a quello stato al quale essi sono giunti con disagio.

XIII.

Bella ed amabile illusione è quella per la quale i dì anniversari di un avvenimento, che per verità non ha a fare con essi più che con qualunque altro dì dell' anno, paiono avere con quello un' attenenza particolare, e che quasi un' ombra del passato risorga e ritorni sempre in quei giorni, e ci sia davanti: onde è medicato in parte il tristo pensiero dell' annullamento di ciò che fu, e sollevato il dolore di molte perdite, parendo che quelle ricorrenze facciano che ciò che è passato, e che più non torna, non sia spento nè perduto del tutto. Come trovandoci in luoghi dove sieno accadute cose, o per sè stesse o verso di noi memorabili, e dicendo, qui avvenne questo, e qui questo, ci reputiamo, per modo di dire, più vicini a quegli avvenimenti, che quando ci troviamo altrove; così quando diciamo, oggi è l'anno, o tanti anni, accadde la tal cosa, ovvero la tale; questa ci pare, per dir così, presente, o meno passata, che negli altri giorni. E tale

immaginazione è sì radicata nell' uomo, che a fatica pare che si possa credere che l'anniversario sia così alieno dalla cosa come ogni altro dì: onde il celebrare annualmente le ricordanze importanti, sì religiose come civili, sì pubbliche come private, i di natalizi e quelli delle morti delle persone care, ed altri simili, fu comune, ed è, a tutte le nazioni che hanno, ovvero ebbero, ricordanze e calendario. Ed ho notato, interrogando in tal proposito parecchi, che gli uomini sensibili, ed usati alla solitudine, o a conversare internamente, sogliono essere studiosissimi degli anniversari, e vivere, per dir così, di rimembranze di tal genere, sempre riandando, e dicendo fra sè in un giorno dell' anno come il presente mi accadde questo o questa cosa.

XIV.

Non sarebbe piccola infelicità degli educatori, e soprattutto dei parenti, se pensassero, quello che è verissimo, che i loro figliuoli, qualunque indole abbiano sortita, e qualunque fatica, diligenza e spesa si ponga in educarli, coll' uso poi del mondo, quasi indubitabilmente, se la morte non li previene, diventeranno malvagi. Forse questa risposta sarebbe più valida e più ragionevole di quella di Talete, che dimandato da Solone perchè non si ammogliasse, rispose mostrando le inquietudini dei genitori per gl'infortunii e i pericoli de' figliuoli. Sarebbe, dico, più valido e più ragionevole lo scusarsi dicendo di non volere aumentare il numero dei malvagi.

XV.

Chilone, annoverato fra i sette sapienti della Grecia, ordinava che l'uomo forte di corpo, fosse dolce di modi, a fine, diceva, d' ispirare agli altri più riverenza che timore. Non è mai soverchia l'affabilità, la soavità de' modi, e quasi l' umiltà in quelli che di bellezza o d' ingegno o d' altra cosa molto desiderata nel mondo, sono manifestamente superiori alla generalità: perchè troppo grave è la colpa della quale hanno a impetrar perdono, e troppo fiero e difficile è il nemico che hanno a placare; l' una la superiorità, e l' altro l'invidia. La quale credevano gli antichi, quando si trovavano in grandezze e in prosperità, che convenisse placare negli stessi Dei, espiando con umiliazioni, con offerte e con penitenze volontarie il peccato appena espiabile della felicità o dell'eccellenza.

XVI.

Se al colpevole e all' innocente, dice Ottone imperatore appresso Tacito, è apparecchiata una stessa fine, è più da

« ÖncekiDevam »