Chè nel fermar tra Dio e l'uomo il patto, 28 Vittima fassi di questo tesoro, Tal qual io dico, e fassi col suo atto. Dunque che render puossi per ristoro? 31 Se credi bene usar quel ch' hai offerto, Di mal tolletto vuoi far buon lavoro. Tu se' omai del maggior punto certo; 34 Ma perchè santa Chiesa in ciò dispensa, Che par contra lo ver ch'io t'ho scoperto, Convienti ancor sedere un poco a mensa, Perocchè il cibo rigido ch' hai preso 38 Richiede ancora aiuto a tua dispensa. Apri la mente a quel ch' io ti paleso, E fermalvi entro; chè non fa scienza, Senza lo ritenere, avere inteso. Due cose si convengono all' essenza 40 43 Puote bene esser tal che non si falla Se con altra materia si converta. Ma non trasmuti carco alla sua spalla 55 Per suo arbitrio alcun, senza la volta E della chiave bianca e della gialla ; Ed ogni permutanza creda stolta, Se la cosa dimessa in la sorpresa, Come il quattro nel sei, non è raccolta. Però qualunque cosa tanto pesa 58 61 Per suo valor, che tragga ogni bilancia, Satisfar non si può con altra spesa. Non prendan li mortali il voto a ciancia: Siate fedeli, ed a ciò far non bieci, 65 Come Jeptè alla sua prima mancia ; Cui più si convenia dicer: "Mal feci," 67 Che servando far peggio; e così stolto Ritrovar puoi lo gran duca dei Greci, Onde pianse Ifigenia il suo bel volto, E fe' pianger di sè li folli e i savi, Ch'udir parlar di così fatto colto. Siate, Cristiani, a movervi più gravi, 70 73 Non siate come penna ad ogni vento, E non crediate ch' ogni acqua vi lavi. Avete il vecchio e il nuovo Testamento, 76 E il pastor della Chiesa che vi guida: Questo vi basti a vostro salvamento. 'Posciachè Constantin l' aquila volse 10 13 16 D'entro le leggi trassi il troppo e il vano; Or qui alla question prima s' appunta 28 40 E sai ch' ei fe' dal mal delle Sabine E contra gli altri principi e collegi: 49 52 Scipione e Pompeo, ed a quel colle Sotto il qual tu nascesti, parve amaro. Poi, presso al tempo che tutto il ciel volle 55 Ridur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle : E quel che fe' da Varo infino al Reno, 58 64 Gli concedette, in mano a quel ch' io dico, Gloria di far vendetta alla sua ira. Or qui t'ammira in ciò ch' io ti replico: 91 Poscia con Tito a far vendetta corse Della vendetta del peccato antico. E quando il dente Longobardo morse La santa Chiesa, sotto alle sue ali Carlo Magno, vincendo, la soccorse. Omai puoi giudicar di quei cotali 94 97 Ch' io accusai di sopra, e di lor falli, Che son cagion di tutti vostri mali. L'uno al pubblico segno i gigli gialli 100 Oppone, e l' altro appropria quello a parte, Si che forte a veder è chi più falli. Faccian li Ghibellin, faccian lor arte 103 Sott' altro segno; chè mal segue quello Sempre chi la giustizia e lui diparte : E non l'abbatta esto Carlo novello Coi Guelfi suoi, ma tema degli artigli Ch' a più alto leon trasser lo vello. Molte fiate già pianser li figli 106 109 Per la colpa del padre, e non si creda Che Dio trasmuti l' armi per suoi gigli. Questa picciola stella si correda Dei buoni spirti, che son stati attivi 112 115 Si disviando, pur convien che i raggi Del vero amore in su poggin men vivi. Ma nel commensurar dei nostri gaggi 118 Col merto, è parte di nostra letizia, Perchè non li vedem minor nè maggi. Quindi addolcisce la viva giustizia In noi l'affetto sì, che non si puote Torcer giammai ad alcuna nequizia. Diverse voci fan giù dolci note; 121 124 Così diversi scanni in nostra vita Rendon dolce armonia tra queste rote. 37 S'era allungata, unio a sè in persona Con l'atto sol del suo eterno amore. Or drizza il viso a quel ch' or si ragiona: Questa natura al suo Fattore unita, 35 Qual fu creata, fu sincera e buona; Ma per sè stessa pur fu ella sbandita Di Paradiso, perocchè si torse Da via di verità e da sua vita. La pena dunque che la croce porse, S'alla natura assunta si misura, Nulla giammai si giustamente morse; E così nulla fu di tanta ingiura, Guardando alla persona che sofferse, In che era contratta tal natura. Però d' un atto uscir cose diverse; 40 43 46 Ch' a Dio ed ai Giudei piacque una morte: 61 64 Ma perchè Dio volesse, m' è occulto, A nostra redenzion pur questo modo." Questo decreto, frate, sta sepulto 58 Agli occhi di ciascuno, il cui ingegno Nella fiamma d' amor non è adulto. Veramente, però ch' a questo segno Molto si mira, e poco si discerne, Dirò perchè tal modo fu più degno. La divina bontà, che da sè sperne Ogni livore, ardendo in sè sfavilla Si, che dispiega le bellezze eterne. Ciò che da lei senza mezzo distilla Non ha poi fine, perchè non si move La sua imprenta, quand' ella sigilla. Ciò che da essa senza mezzo piove Libero è tutto, perchè non soggiace Alla virtute delle cose nuove. Più l'è conforme, e però più le piace; 73 Chè l' ardor santo, ch'ogni cosa raggia, Nella più simigliante è più vivace, 67 70 112 Ma perchè l' opra è tanto più gradita 106 Alla giustizia, se il Figliuol di Dio 115 118 127 130 L' aer, e la terra, e tutte lor misture Venire a corruzione, e durar poco, E queste cose pur fur creature ;" Perchè, se ciò ch' ho detto è stato vero, Esser dovrien da corruzion sicure, Gli Angeli, frate, e il paese sincero Nel qual tu sei, dir si posson creati, Si come sono, in loro essere intero; Ma gli elementi che tu hai nomati, E quelle cose che di lor si fanno, Da creata virtù sono informati. Creata fu la materia ch' egli hanno, 136 Creata fu la virtù informante 133 121 |