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97

Acutamente sì che in verso d' ella Ogni dimostrazion mi pare ottusa.' Io udii poi: 'L'antica e la novella Proposizion che così ti conchiude, Perchè l' hai tu per divina favella?' Edio: 'La prova che il ver mi dischiude 100 Son l' opere seguite, a che natura Non scaldò ferro mai, nè battè incude.' Risposto fummi: 'Di', chi t' assicura 103 Che quell' opere fosser? Quel medesmo Che vuol provarsi, non altri, il ti giura.' 'Se il mondo si rivolse al Cristianesmo,' 106 Diss' io, 'senza miracoli, quest' uno È tal, che gli altri non sono il centesmo; Chè tu entrasti povero e digiuno

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L' anime a Dio, quivi entra' io, e poi Pietro per lei si mi girò la fronte. Indi si mosse un lume verso noi Di quella spera ond' uscì la primizia Che lasciò Cristo dei vicari suoi. E la mia Donna piena di letizia Mi disse: Mira, mira, ecco il Barone, Per cui laggiù si visita Galizia.' Si come quando il colombo si pone Presso al compagno, e l' uno all' altro pande,

Girando e mormorando, l' affezione,

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Mi venne; ond' io levai gli occhi ai monti,

Che gl'incurvaron pria col troppo pondo.
•Poichè per grazia vuol che tu t'affronti 40
Lo nostro Imperadore, anzi la morte,
Nell' aula più segreta co' suoi Conti;
Si che veduto il ver di questa corte, 43
La speme che laggiù bene innamora
In te ed in altrui di ciò conforte:
Di' quel che ell' è, e come se ne infiora 46
La mente tua, e di' onde a te venne:'
Così seguì 'l secondo lume ancora.

E quella pia, che guidò le penne
Delle mie ali a così alto volo,
Alla risposta così mi prevenne :
'La Chiesa militante alcun figliuolo

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85

Di quello incendio tremolava un lampo Subito e spesso, a guisa di baleno. Indi spirò: L'amore ond' io avvampo 82 Ancor ver la virtù, che mi seguette Infin la palma, ed all' uscir del campo, Vuol ch' io respiri a te, che ti dilette Di lei; ed emmi a grato che tu diche Quello che la speranza ti promette.' Ed io: Le nuove e le scritture antiche 88 Pongono il segno, ed esso lo mi addita. Dell' anime che Dio s' ha fatte amiche Dice Isaia, che ciascuna vestita Nella sua terra fia di doppia vesta, E la sua terra è questa dolce vita. E il tuo fratello assai vie più digesta, 94 Là dove tratta delle bianche stole, Questa rivelazion ci manifesta.'

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103

Si che, se il Cancro avesse un tal cristallo, L'inverno avrebbe un mese d'un sol di. E come surge e va ed entra in ballo Vergine lieta, sol per fare onore Alla novizia, e non per alcun fallo, Così vid' io lo schiarato splendore

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Venire ai due, che si volgeano a rota, Qual conveniasi al loro ardente amore. Misesi li nel canto e nella nota; E la mia Donna in lor tenne l' aspetto, Pur come sposa tacita ed immota. 'Questi è colui che giacque sopra il petto Del nostro Pellicano, e questi fue D'in sulla croce al grande offizio eletto.' La Donna mia così; nè però piùe 115

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Mosser la vista sua di stare attenta Poscia che prima le parole sue. Quale è colui ch' adocchia, e s' argomenta Di vedere eclissar lo sole un poco, Che per veder non vedente diventa;

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Mentr' io dubbiava per lo viso spento,
Della fulgida fiamma che lo spense
Uscì un spiro che mi fece attento,
Dicendo: Intanto che tu ti risense

Della vista che hai in me consunta,
Ben è che ragionando la compense.
Comincia dunque, e di' ove s' appunta 7
L'anima tua, e fa ragion che sia
La vista in te smarrita e non defunta;
Perchè la Donna che per questa dia
Region ti conduce, ha nello sguardo
La virtù ch' ebbe la man d' Anania.'
Io dissi: Al suo piacere e tosto e tardo 13
Vegna rimedio agli occhi che fur
porte,

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ΙΟ

Quand' ella entrò col foco ond' io sempr' ardo.

Lo ben che fa contenta questa corte, 16
Alfa ed O è di quanta scrittura
Mi legge amore, o lievemente o forte.'
Quella medesma voce, che paura

Tolta m' avea del subito abbarbaglio,
Di ragionare ancor mi mise in cura;
E disse: Certo a più angusto vaglio
6
Ti conviene schiarar; dicer convienti
Chi drizzò l'arco tuo a tal bersaglio.'

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L'alto preconio, che grida l' arcano Di qui laggiù sopra ogni altro bando.' Ed io udi': 'Per intelletto umano, E per autoritadi a lui concorde, De' tuoi amori a Dio guarda il soprano. Ma di' ancor, se tu senti altre corde Tirarti verso lui, sì che tu suone Con quanti denti questo amor ti morde.' Non fu latente la santa intenzione 52

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Tratto m'hanno del mar dell'amor torto, E del diritto m' han posto alla riva. Le fronde onde s' infronda tutto l'orto 64 Dell' ortolano eterno, am' io cotanto, Quanto da lui a lor di bene è porto.' Si com' io tacqui, un dolcissimo canto 67 Risonò per lo cielo, e la mia Donna Dicea con gli altri: 'Santo, Santo, Santo.' E come a lume acuto si dissonna Per lo spirto visivo che ricorre Allo splendor che va di gonna in gonna,

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91

Nel transito del vento, e poi si leva Per la propria virtù che la sublima, Fec' io in tanto, in quanto ella diceva, 88 Stupendo; e poi mi rifece sicuro Un disio di parlare, ond' io ardeva; E cominciai: "O pomo, che maturo Solo prodotto fosti, o padre antico, A cui ciascuna sposa è figlia e nuro; Devoto quanto posso a te supplico Perchè mi parli; tu vedi mia voglia, E per udirti tosto non la dico.' Tal volta un animal coperto broglia

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Poi fare a voi secondo che v' abbella. Pria ch'io scendessi all'infernale ambascia, I s'appellava in terra il Sommo Bene, 134, Onde vien la letizia che mi fascia; El si chiamò da poi, e ciò conviene, Chè l' uso de' mortali è come fronda In ramo, che sen va ed altra viene. Nel monte che si leva più dall' onda, 139 Fu' io con vita pura e disonesta Dalla prim' ora a quella che seconda, Come il sol muta quadra, l' ora sesta.' 142

94

CANTO VENTESIMOSETTIMO.

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Si che l' affetto convien che si paia Per lo seguir che face a lui l' invoglia;

100

E similmente l' anima primaia
Mi facea trasparer per la coperta
Quant' ella a compiacermi venia gaia.
Indi spirò: 'Senz' essermi profferta 103
Da te, la voglia tua discerno meglio
Che tu qualunque cosa t' è più certa,
Perch' io la veggio nel verace speglio 106
Che fa di sè pareglio all' altre cose,
E nulla face lui di sè pareglio.

Tu vuoi udir quant'è che Dio mi pose 109
Nell' eccelso giardino, ove costei
A così lunga scala ti dispose,

E quanto fu diletto agli occhi miei,

II2

E la propria cagion del gran disdegno,
E l'idioma ch' usai e ch' io fei.
Or, figliuol mio, non il gustar del legno 115
Fu per sè la cagion di tanto esilio,
Ma solamente il trapassar del segno.
Quindi onde mosse tua Donna Virgilio, 118
Quattromila trecento e due volumi
Di sol desiderai questo concilio;
E vidi lui tornare a tutti i lumi

Della sua strada novecento trenta
Fiate, mentre ch' io in terra fu'mi.

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E tal nella sembianza sua divenne,
Qual diverrebbe Giove, s' egli e Marte
Fossero augelli, e cambiassersi penne.
La provvidenza, che quivi comparte
Vice ed offizio, nel beato coro
Silenzio posto avea da ogni parte,
Quand' io udi': 'Se io mi trascoloro,
Non ti maravigliar; chè, dicend' io,
Vedrai trascolorar tutti costoro,
Quegli ch' usurpa in terra il loco mio, 22
Il loco mio, il loco mio, che vaca
Nella presenza del Figliuol di Dio,
Fatto ha del cimitero mio cloaca
Del sangue e della puzza, onde il perverso,
Che cadde di quassù, laggiù si placa.'

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Si veggion di quassù per tutti i paschi: O difesa di Dio, perchè pur giaci? Del sangue nostro Caorsini e Guaschi 58 S'apparecchian di bere; o buon principio,

A che vil fine convien che tu caschi ! Ma l' alta provvidenza, che con Scipio 61 Difese a Roma la gloria del mondo, Soccorrà tosto, sì com' io concipio. E tu, figliuol, che per lo mortal pondo 64 Ancor giù tornerai, apri la bocca, E non asconder quel ch' io non ascondo.'

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118

Si come questo gli altri, e quel precinto Colui che il cinge solamente intende. Non è suo moto per altro distinto ; 115 Ma gli altri son misurati da questo, Si come dieci da mezzo e da quinto. E come il tempo tenga in cotal testo Le sue radici e negli altri le fronde, Omai a te puot' esser manifesto, O cupidigia, che i mortali affonde Si sotto te, che nessuno ha potere Di trarre gli occhi fuor delle tue onde!

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