INFERNO Tant' era pien di sonno in su quel punto, Che la verace via abbandonai. Ma poi ch' io fui al piè d' un colle giunto, 13 Là dove terminava quella valle Che m' avea di paura il cor compunto, Guardai in alto, e vidi le sue spalle Vestite già de' raggi del pianeta Che mena dritto altrui per ogni calle. Allor fu la paura un poco queta Che nel lago del cor m' era durata La notte ch' i' passai con tanta pieta. E come quei che con lena affannata Uscito fuor del pelago alla riva, Si volge all' acqua perigliosa e guata; Così l'animo mio che ancor fuggiva, 16 19 22 25 31 Si volse indietro a rimirar lo passo, Che non lasciò giammai persona viva. Poi ch' ei posato un poco il corpo lasso, 28 Ripresi via per la piaggia diserta, Si che il piè fermo sempre era il più basso; Ed ecco, quasi al cominciar dell' erta, Una lonza leggiera e presta molto, Che di pel maculato era coperta. E non mi si partia dinanzi al volto; Anzi impediva tanto il mio cammino, Ch' io fui per ritornar più volte volto. Tempo era dal principio del mattino ; E il sol montava su con quelle stelle Ch' eran con lui, quando l' amor divino 34 37 Mosse da prima quelle cose belle; Ma non sì, che paura non mi desse La vista che mi apparve d' un leone. Questi parea che contra me venesse Con la test' alta e con rabbiosa fame, Si che parea che l' aer ne temesse : Ed una lupa, che di tutte brame Sembiava carca nella sua magrezza, E molte genti fe' già viver grame. Questa mi porse tanto di gravezza 40 43 46 49 52 Che venendomi incontro, a poco a poco Mi ripingeva là, dove il Sol tace. Mentre ch' io rovinava in basso loco, 61 Dinanzi agli occhi mi si fu offerto Chi per lungo silenzio parea fioco. Quand' io vidi costui nel gran diserto, 64 'Miserere di me,' gridai a lui, 'Qual che tu sii, od ombra od uomo certo.' Risposemi: 'Non uomo, uomo già fui, 67 73 76 B Che mai non empie la bramosa voglia, E dopo il pasto ha più fame che pria. Molti son gli animali a cui s' ammoglia, 100 E più saranno ancora, infin che il veltro Verrà, che la farà morir con doglia. Questi non ciberà terra nè peltro, Ma sapienza e amore e virtute, E sua nazion sarà tra Feltro e Feltro. Di quell' umile Italia fia salute, Per cui mori la vergine Cammilla, Eurialo, e Turno, e Niso di ferute : Questi la caccerà per ogni villa, 103 106 109 Fin che l' avrà rimessa nello inferno, Là onde invidia prima dipartilla. Ond' io per lo tuo me' penso e discerno, 112 Che tu mi segui, ed io sarò tua guida, E trarrotti di qui per loco eterno, Ove udirai le disperate strida Di quegli antichi spiriti dolenti, 1 CANTO SECONDO. Lo giorno se n' andava, e l' aer bruno 4 7 115 118 Per recarne conforto a quella fede Ch'è principio alla via di salvazione. Ma io perchè venirvi? o chi 'l concede? 31 Io non Enea, io non Paolo sono: Me degno a ciò nè io nè altri 'l crede. Perchè se del venire io m' abbandono, 34 Temo che la venuta non sia folle : Se' savio, intendi me' ch'io non ragiono.' 40 43 E quale è quei che disvuol ciò che volle, 37 Nel primo punto che di te mi dolve. 52 70 Ch' io mi sia tardi al soccorso levata, Per quel ch' io ho di lui nel Cielo udito. Or muovi, e con la tua parola ornata, 67 E con ciò ch' è mestieri al suo campare, L' aiuta sì, ch' io ne sia consolata. Io son Beatrice, che ti faccio andare: Vegno di loco, ove tornar disio : Amor mi mosse, che mi fa parlare. Quando sarò dinanzi al Signor mio, Di te mi loderò sovente a lui." Tacette allora, e poi comincia' io : "O donna di virtù, sola per cui 73 76 L'umana spezie eccede ogni contento Da quel ciel che ha minor li cerchi sui : Tanto m'aggrada il tuo comandamento, 79 Che l' ubbidir, se già fosse, m' è tardi; Più non t' è uopo aprirmi il tuo talento. Ma dimmi la cagion che non ti guardi 82 Dello scender quaggiuso in questo centro Dall' ampio loco ove tornar tu ardi." "Da che tu vuoi saper cotanto addentro, 6 97 100 103 Non vedi tu la morte che il combatte Su la fiumana, ove il mar non ha vanto?' Al mondo non fur mai persone ratte 109 A far lor pro, nè a fuggir lor danno, Com' io, dopo cotai parole fatte, Venni quaggiù dal mio beato scanno, 112 Fidandomi del tuo parlare onesto, 118 Che onora te e quei che udito l' hanno." Poscia che m' ebbe ragionato questo, 115 Gli occhi lucenti lagrimando volse; Perchè mi fece del venir più presto : E venni a te così, com' ella volse; Dinanzi a quella fiera ti levai Che del bel monte il corto andar ti tolse. Dunque che è? perchè, perchè ristai? 121 Perchè tanta viltà nel core allette? Perchè ardire e franchezza non hai ? Poscia che tai tre donne benedette Curan di te nella corte del cielo, E il mio parlar tanto ben t' impromette?' 124 |