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Che ciò che trova attivo quivi tira
In sua sustanzia, e fassi un' alma sola,
Che vive e sente, e sè in sè rigira.
E perchè meno ammiri la parola,
Guarda il calor del sol che si fa vino,
Giunto all' umor che dalla vite cola.
E quando Lachesis non ha più lino,
Solvesi dalla carne, ed in virtute
Ne porta seco e l' umano e il divino,
L'altre potenze tutte quante mute;
Memoria, intelligenza e volontade,
In atto molto più che prima acute.
Senz' arrestarsi, per sè stessa cade
Mirabilmente all' una delle rive;
Quivi conosce prima le sue strade.
Tosto che loco lì la circonscrive,

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S'era per noi, e volto alla man destra, Ed eravamo attenti ad altra cura. Quivi la ripa fiamma in fuor balestra, 112 E la cornice spira fiato in suso, Che la riflette, e via da lei sequestra; Onde ir ne convenia dal lato schiuso 115 Ad uno ad uno, ed io temeva il foco Quinci, e quindi temea cadere in giuso, Lo Duca mio dicea: 'per questo loco 118 Si vuol tenere agli occhi stretto il freno, Perocch' errar potrebbesi per poco,' Summae Deus clementiae nel seno Al grande ardore allora udii cantando, Che di volger mi fe' caler non meno:

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E vidi spirti per la fiamma andando; 124
Perch' io guardava loro, ed a' miei passi,
Compartendola vista a quando a quando.
Appresso il fine ch' a quell' inno fassi, 127
Gridavano alto: Virum non cognosco;
Indi ricominciavan l' inno bassi.
Finitolo, anco gridavano: 'Al bosco 130
Si tenne Diana, ed Elice caccionne
Che di Venere avea sentito il tosco.'
Indi al cantar tornavano; indi donne 133
Gridavano, e mariti che fur casti,
Come virtute e matrimonio imponne.
E questo modo credo che lor basti

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Chè per lo mezzo del cammino acceso 28
Venia gente col viso incontro a questa,
La qual mi fece a rimirar sospeso.
Li veggio d' ogni parte farsi presta
Ciascun' ombra, e baciarsi una con una,
Senza restar, contente a breve festa.
Così per entro loro schiera bruna

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S'ammusa l' una con l' altra formica, Forse ad espiar lor via e lor fortuna. Tosto che parton l'accoglienza amica, 37 Prima che il primo passo li trascorra, Sopragridar ciascuna s' affatica; La nuova gente: 'Soddoma e Gomorra '; E l'altra: Nella vacca entra Pasife, 41 Perchè il torello a sua lussuria corra.' Poi come gru, ch' alle montagne Rife 43 Volasser parte, e parte inver l' arene, Queste del giel, quelle del sole schife; L'una gente sen va, l' altra sen viene, 46 E tornan lagrimando ai primi canti, Ed al gridar che più lor si conviene; E raccostarsi a me, come davanti,

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Le membra mie di là, ma son qui meco Col sangue suo e con le sue giunture. Quinci su vo per non esser più cieco: 58 Donna è di sopra che n' acquista grazia, Per che il mortal pel vostro mondo reco. Ma se la vostra maggior voglia sazia Tosto divenga, sì che il ciel v' alberghi, Ch' è pien d'amore e più ampio si spazia, Ditemi, acciocchè ancor carte ne verghi, Chi siete voi, e chi è quella turba 65 Che se ne va diretro ai vostri terghi ?' Non altrimenti stupido si turba 67

Lo montanaro, e rimirando ammuta, Quando rozzo e salvatico s' inurba, Che ciascun' ombra fece in sua paruta; 70 Ma poichè furon di stupore scarche, Lo qual negli alti cor tosto s' attuta, 'Beato te, che delle nostre marche,' Ricominciò colei che pria m' inchiese, 'Per morir meglio esperienza imbarche! La gente, che non vien con noi, offese 76 Di ciò per che già Cesar, trionfando "Regina" contra sẻ chiamar s' intese.

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CANTO VENTESIMOSETTIMO. Si come quando i primi raggi vibra Là dove il suo Fattore il sangue sparse, Cadendo Ibero sotto l' alta Libra,

E l' onde in Gange da nona riarse,

Si stava il sole; onde il giorno sen giva, Quando l' Angel di Dio lieto ci apparse. Fuor della fiamma stava in sulla riva, 7 E cantava: Beati mundo corde,

In voce assai più che la nostra viva. Poscia: 'Più non si va, se pria non morde, 10 Anime sante, il foco: entrate in esso, Ed al cantar di là non siate sorde,' Ci disse, come noi gli fummo presso: 13 Perch' io divenni tal, quando lo intesi, Quale è colui che nella fossa è messo. In sulle man commesse mi protesi, 16 Guardando il foco, e immaginando forte Umani corpi già veduti accesi. Volsersi verso me le buone scorte, E Virgilio mi disse: 'Figliuol mio, Qui può esser tormento, ma non morte. Ricordati, ricordati. . . e, se io

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Sopr' esso Gerion ti guidai salvo, Che farò ora presso più a Dio? Credi per certo che, se dentro all' alvo 25 Di questa fiamma stessi ben mill' anni, Non ti potrebbe far d' un capel calvo,

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E se tu credi forse ch' io t' inganni,
Fatti ver lei, e fatti far credenza
Con le tue mani al lembo de' tuoi panni.
Pon giù omai, pon giù ogni temenza,
Volgiti in qua, e vieni oltre sicuro.'
Ed io pur fermo, e contro a coscienza.
Quando mi vide star pur fermo e duro, 34
Turbato un poco, disse: 'Or vedi,
figlio,

Tra Beatrice e te è questo muro.'
Come al nome di Tisbe aperse il ciglio 37
Piramo in sulla morte, e riguardolla,
Allor che il gelso diventò vermiglio ;
Così, la mia durezza fatta solla,

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Mi volsi al savio Duca, udendo il nome Che nella mente sempre mi rampolla. Ond' ei crollò la fronte, e disse: 'Come? 43 Volemci star di qua?' indi sorrise, Come al fanciul si fa ch'è vinto al pome. Poi dentro al foco innanzi mi si mise, 46 Pregando Stazio che venisse retro, Che pria per lunga strada ci divise. Come fui dentro, in un bogliente vetro 49 Gittato mi sarei per rinfrescarmi, Tant' era ivi lo incendio senza metro. Lo dolce Padre mio per confortarmi

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Pur di Beatrice ragionando andava, Dicendo: Gli occhi suoi già veder parmi.'

Guidavaci una voce che cantava

Di là; e noi, attenti pure a lei,
Venimmo fuor là dove si montava.

Venite, benedicti patris mei,

era,

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Sonò dentro ad un lume che li Tal che mi vinse, e guardar nol potei. 'Lo sol sen va,' soggiunse, 'e vien la sera; 61 Non v' arrestate, ma studiate il passo, Mentre che l' occidente non s' annera. Dritta salia la via per entro il sasso,

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Verso tal parte, ch' io toglieva i raggi Dinanzi a me del sol ch' era già basso. E di pochi scaglion levammo i saggi, 67 Che il sol corcar, per l'ombra che si spense,

Sentimmo retro ed io e li miei saggi, E pria che in tutte le sue parti immense 70 Fosse orizzonte fatto d' un aspetto, E notte avesse tutte sue dispense, Ciascun di noi d' un grado fece letto; 73 Chè la natura del monte ci affranse possa del salir più che il diletto.

La

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Quali si fanno ruminando manse
Le capre, state rapide e proterve
Sopra le cime, avanti che sien pranse,
Tacite all'ombra, mentre che il sol ferve, 79
Guardate dal pastor che in sulla verga
Poggiato s' è, e lor poggiato serve;
E quale il mandrian che fuori alberga, 82
Lungo il peculio suo queto pernotta,
Guardando perchè fiera non lo sperga;
Tali eravamo tutti e tre allotta,
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Io come capra, ed ei come pastori, Fasciati quinci e quindi d' alta grotta. Poco potea parer lì del di fuori ;

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Donna vedere andar per una landa Cogliendo fiori, e cantando dicea : 99 'Sappia, qualunque il mio nome domanda, Ch' io mi son Lia, e vo movendo intorno Le belle mani a farmi una ghirlanda. 102 Per piacermi allo specchio qui m' adorno; Ma mia suora Rachel mai non si smaga Dal suo miraglio, e siede tutto giorno. Ell' è de' suoi begli occhi veder vaga, 106 Com' io dell' adornarmi con le mani ; Lei lo vedere, e me l' oprare appaga." E già, per gli splendori antelucani, Che tanto ai peregrin surgon più grati, Quanto tornando albergan men lontani, Le tenebre fuggian da tutti i lati,

per

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E il sonno mio con esse; ond' io leva'mi,
Veggendo i gran maestri già levati.
'Quel dolce pome, che tanti rami 115
Cercando va la cura dei mortali,
Oggi porrà in pace le tue fami.'
Virgilio inverso me queste cotali

Parole usò, e mai non furo strenne
Che fosser di piacere a queste eguali.
Tanto voler sopra voler mi venne
Dell' esser su, ch' ad ogni passo poi
Al volo mi sentia crescer le penne.
Come la scala tutta sotto noi

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Fu corsa, e fummo in su il grado superno, In me ficcò Virgilio gli occhi suoi,

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Tu mi fai rimembrar, dove e qual era 49
Proserpina nel tempo che perdette
La madre lei, ed ella primavera.'
Come si volge, con le piante strette
A terra ed intra sè, donna che balli,
E piede innanzi piede a pena mette,
Volsesi in sui vermigli ed in sui gialli 55
Fioretti verso me, non altrimenti
Che vergine che gli occhi onesti avvalli:
E fece i preghi miei esser contenti,

Si appressando sè, che il dolce suono
Veniva a me co' suoi intendimenti.
Tosto che fu là dove l' erbe sono

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