Pallida cura il petto, a cui le membra Dell'atra morte incombe. Oh contra il nostro 110 Scellerato ardimento inermi regni Della saggia natura! I lidi e gli antri E le quiete selve apre l' invitto 115 Placida notte, e verecondo raggio Della cadente luna; e tu che spunti Fra la tacita selva in su la rupe, Nunzio del giorno; oh dilettose e care Mentre ignote mi fur l'erinni e il fato, Sembianze agli occhi miei; già non arride. Spettacol molle ai disperati affetti. Noi l'insueto allor gaudio ravviva Quando per l'etra liquido si volve E per li campi trepidanti il flutto Il suono e la vittrice ira dell'onda. Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta Infinita beltà parte nessuna Alla misera Saffo i numi e l'empia Sorte non fenno. A' tuoi superbi regni E preme in fuga l'odorate spiagge. 25 30 35 Qual fallo mai, qual sí nefando eccesso In che peccai bambina, allor che ignara. 40 Di misfatto è la vita, onde poi scemo 45 De' piú verd' anni! Alle sembianze il Padre. 50 Alle amene sembianze eterno regno Diè nelle genti; e per virili imprese, Virtú non luce in disadorno ammanto. Morremo. Il velo indegno a terra sparto, Rifuggirà l'ignudo animo a Dite, E il crudo fallo emenderà del cieco Giorno di nostra età primo s'invola. Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra Della gelida morte. Ecco di tante Sperate palme e dilettosi errori, Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno E l'atra notte, e la silente riva. X. IL PRIMO AMORE. Tornami a mente il dí che la battaglia D'amor sentii la prima volta, e dissi: Oimé, se quest' è amor, com' ei travaglia! Che gli occhi al suol tuttora intenti e fissi, Io miraya colei ch' a questo core Ahi come mal mi governasti, amore! Perché seco dovea sí dolce affetto E non sereno, e non intero e schietto, Dimmi, tenero core, or che spavento, Quel pensier che nel dí, che lusinghiero Ti si offeriva nella notte, quando Tu inquieto, e felice e miserando, 5 10 15 20 |