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La detestata soglia

Evitar non impetro,

Quando muti questi occhi all' altrui core,
E lor fia vòto il mondo, e il dí futuro
Del di presente piú noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?

Che di quest' anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,

Ma sconsolato, volgerommi indietro.

55

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Sempre caro mi fu quest' ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete

Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce

5

10

Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente

E viva, e il suon di lei. Cosí tra questa
Immensità s' annega il pensier mio:

E il naufragar m'è dolce in questo mare.

15

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63

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela

Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t' accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai né pensi
Quanta piaga m' apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sí benigno
Appare in vista, a salutar m' affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all' affanno. A te la speme

Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo di fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti

5

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XII.

L'INFINITO.

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Sempre caro mi fu quest' ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete

Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce

5

10

Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente

E viva, e il suon di lei. Cosí tra questa
Immensità s' annega il pensier mio:

E il naufragar m'è dolce in questo mare.

15

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Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai né pensi
Quanta piaga m' apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sí benigno
Appare in vista, a salutar m' affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all' affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo di fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti

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