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Fermare io stesso in me, né forse al mondo
S'intese ancor, se in disfavore al cielo
Se cara esser nomata,

Se misera tu debbi o fortunata.

Morte ti chiama; al cominciar del giorno

L'ultimo istante. Al nido onde ti parti,

Non tornerai. L'aspetto

De' tuoi dolci parenti

Lasci per sempre. Il loco

A cui movi, è sotterra:

Ivi fia d'ogni tempo il tuo soggiorno.

Forse beata sei; ma pur chi mira,

Seco pensando, al tuo destin, sospira.

Mai non veder la luce

Era, credo, il miglior. Ma nata, al tempo
Che reina bellezza si dispiega

Nelle membra e nel volto,

Ed incomincia il mondo

Verso lei di lontano ad atterrarsi ;

In sul fiorir d' ogni speranza, e molto
Prima che incontro alla festosa fronte

I lúgubri suoi lampi il ver baleni ;
Come vapore in nuvoletta accolto
Sotto forme fugaci all' orizzonte,
Dileguarsi cosí quasi non sorta,
E cangiar con gli oscuri

Silenzi della tomba i dí futuri,
Questo se all' intelletto

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Appar felice, invade

D'alta pietade ai piú costanti il petto.

Madre temuta e pianta

Dal nascer già dell' animal famiglia,
Natura, illaudabil maraviglia,
Che per uccider partorisci e nutri,

Se danno è del mortale

Immaturo perir, come il consenti
In quei capi innocenti?

Se ben, perché funesta,
Perché sovra ogni male,

A chi si parte, a chi rimane in vita,
Inconsolabil fai tal dipartita?

Misera ovunque miri,

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Portiam sempre, vivendo, innanzi all' alma,

Colei che i nostri danni

Ebber solo conforto,

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Velar di neri panni,

Cinger d'ombra sí trista,

E spaventoso in vista

Piú d'ogni flutto dimostrarci il porto?

Già se sventura è questo

Morir che tu destini

A tutti noi che senza colpa, ignari,
Né volontari al vivere abbandoni,

Certo ha chi more invidiabil sorte

A colui che la morte

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Sente de' cari suoi. Che se nel vero,

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Come, ahi come, o natura, il cor ti soffre
Di strappar dalle braccia

All' amico l'amico,

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Al fratello il fratello,

La prole al genitore,

All' amante l'amore e l'uno estinto,
L'altro in vita serbar? Come potesti
Far necessario in noi

Tanto dolor, che sopravviva amando
Al mortale il mortal? Ma da natura
Altro negli atti suoi

Che nostro male o nostro ben si cura.

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Tal fosti: or qui sotterra

Polve e scheletro sei. Su l'ossa e il fango
Immobilmente collocato invano,

Muto, mirando dell' etadi il volo,
Sta, di memoria solo

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E di dolor custode, il simulacro

Della scorsa beltà. Quel dolce sguardo,

Che tremar fe, se, come or sembra, immoto

In altrui s'affisò; quel labbro, ond'alto

Par, come d' urna piena,

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Traboccare il piacer; quel collo, cinto
Già di desio; quell' amorosa mano,

Che spesso, ove fu porta,

Sentí gelida far la man che strinse;
E il seno, onde la gente

Visibilmente di pallor si tinse,

Furo alcun tempo or fango

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