Cosí, dell' uomo ignara e dell' etadi Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno 290 Dopo gli avi i nepoti, Sta natura ognor verde, anzi procede Per sí lungo cammino Che sembra star. Caggiono i regni intanto, E l'uom d'eternità s'arroga il vanto. E tu, lenta ginestra, Che di selve odorate Queste campagne dispogliate adorni, Che ritornando al loco Già noto, stenderà l' avaro lembo 295 300 XXXVI. SCHERZO. ese Quando fanciullo io venni A pormi con le Muse in disciplina, E poi tutto quel giorno La mi condusse intorno A veder l'officina. Mostrommi a parte a parte Gli strumenti dell' arte, 5 Musa, la lima ov'è? Disse la Dea: La lima è consumata; or facciam senza. 15 Ed io, ma di rifarla Non vi cal, soggiungea, quand' ella è stanca? Odi, Melisso: io vo' contarti un sogno Alla finestra che risponde al prato, Che quanto nel cader s' approssimava, Si forte come quando un carbon vivo Si spegneva annerando a poco a poco, E ne fumavan l'erbe intorno intorno. Allor mirando in ciel, vidi rimaso Come un barlume, o un'orma, anzi una nicchia, 5 10 15 Ond' ella fosse svelta; in cotal guisa, Ch'io n'agghiacciava; e ancor non m'assicuro. 20 MELISSO. E ben hai che temer, che agevol cosa ALCETA. Chi sa? non veggiam noi spesso di state MELISSO. Egli ci ha tante stelle, Che picciol danno è cader l' una o l'altra 25 |