Sayfadaki görseller
PDF
ePub

XXXVIII.

Io qui vagando al limitare intorno, Invan la pioggia invoco e la tempesta, Acciò che la ritenga al mio soggiorno.

Pure il vento muggia nella foresta,
E muggia tra le nubi il tuono errante,
Pria che l'aurora in ciel fosse ridesta.

O care nubi, o cielo, o terra, o piante,
Parte la donna mia: pietà, se trova
Pietà nel mondo un infelice amante.

O turbine, or ti sveglia, or fate prova
Di sommergermi o nembi, insino a tanto
Che il sole ad altre terre il dí rinnova.

S'apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto
Posan l'erbe e le frondi, e m'abbarbaglia
Le luci il crudo Sol pregne di pianto.

5

10

15

XXXIX.

Spento il diurno raggio in occidente,
E queto il fumo delle ville, e queta
De' cani era la voce e della gente;

Quand' ella, volta all'amorosa meta,
Si ritrovò nel mezzo ad una landa
Quanto foss' altra mai vezzosa e lieta.

Spandeva il suo chiaror per ogni banda

La sorella del sole, e fea d'argento
Gli arbori ch' a quel loco eran ghirlanda.

I ramuscelli ivan cantando al vento,
E in un con l'usignol che sempre piagne
Fra i tronchi un rivo fea dolce lamento.

Limpido il mar da lungi, e le campagne

5

10

E le foreste, e tutte ad una ad una

[blocks in formation]

La donna, e il vento che gli odori spande,
Molle passar sul volto si sentia.

Se lieta fosse, è van che tu dimande:
Piacer prendea di quella vista, e il bene
Che il cor le prometteva era piú grande.

20

Come fuggiste, o belle ore serene!
Dilettevol quaggiú null' altro dura,
Né si ferma giammai, se non la spene.
Ecco turbar la notte, e farsi oscura
La sembianza del ciel, ch' era sí bella,
E il piacere in colei farsi paura.

Un nugol torbo, padre di procella,
Sorgea di dietro ai monti, e crescea tanto,
Che piú non si scopria luna né stella.

Spiegarsi ella il vedea per ogni canto,
E salir su per l'aria a poco a poco,
E far sovra il suo capo a quella ammanto.
Veniva il poco lume ognor piú fioco;
E intanto al bosco si destava il vento,
Al bosco là del dilettoso loco.

25

30

35

E si fea piú gagliardo ogni momento,

40

Tal che a forza era desto e svolazzava
Tra le frondi ogni augel per lo spavento.

E la nube, crescendo, in giú calava
Ver la marina sí, che l'un suo lembo
Toccava i monti, e l'altro il mar toccava.

45

Già tutto a cieca oscuritade in grembo, S'incominciava udir fremer la pioggia, E il suon cresceva all'appressar del nembo. Dentro le nubi in paurosa foggia Guizzavan lampi, e la fean batter gli occhi; 50 E n'era il terren tristo, e l'aria roggia. Discior sentia la misera i ginocchi; E già muggiva il tuon simile al metro Di torrente che d'alto in giú trabocchi. Talvolta ella ristava, e l'aer tetro

55

Guardava sbigottita, e poi correa,

Sí che i panni e le chiome ivano addietro.
E il duro vento col petto rompea,

Che gocce fredde giú per l'aria nera
In sul volto soffiando le spingea.

E il tuon veniale incontro come fera,
Rugghiando orribilmente e senza posa;
E cresceva la pioggia e la bufera.

E d'ogni intorno era terribil cosa
Il volar polve e frondi e rami e sassi,
E il suon che immaginar l'alma non osa.
Ella dal lampo affaticati e lassi

Coprendo gli occhi, e stretti i panni al seno,
Gia pur tra il nembo accelerando i passi.

Ma nella vista ancor l'era il baleno
Ardendo sí, ch' alfin dallo spavento
Fermò l'andare, e il cor le venne meno.

E si rivolse indietro. E in quel momento
Si spense il lampo, e tornò buio l'etra,
Ed acchetossi il tuono, e stette il vento.
Taceva il tutto; ed ella era di pietra.

60

65

70

75

XL.

DAL GRECO DI SIMONIDE.

Ogni mondano evento

È di Giove in poter, di Giove, o figlio,

Che giusta suo talento

Ogni cosa dispone.

Ma di lunga stagione

Nostro cieco pensier s' affanna e cura,

Benché l'umana etate,

Come destina il ciel nostra ventura,

Di giorno in giorno dura.

5

[blocks in formation]

Ecco pria che la speme in porto arrive,
Qual da vecchiezza è giunto

20

E qual da morbi al bruno Lete addutto;

« ÖncekiDevam »