XXXVIII. Io qui vagando al limitare intorno, Invan la pioggia invoco e la tempesta, Acciò che la ritenga al mio soggiorno. Pure il vento muggia nella foresta, O care nubi, o cielo, o terra, o piante, O turbine, or ti sveglia, or fate prova S'apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto 5 10 15 XXXIX. Spento il diurno raggio in occidente, Quand' ella, volta all'amorosa meta, Spandeva il suo chiaror per ogni banda La sorella del sole, e fea d'argento I ramuscelli ivan cantando al vento, Limpido il mar da lungi, e le campagne 5 10 E le foreste, e tutte ad una ad una La donna, e il vento che gli odori spande, Se lieta fosse, è van che tu dimande: 20 Come fuggiste, o belle ore serene! Un nugol torbo, padre di procella, Spiegarsi ella il vedea per ogni canto, 25 30 35 E si fea piú gagliardo ogni momento, 40 Tal che a forza era desto e svolazzava E la nube, crescendo, in giú calava 45 Già tutto a cieca oscuritade in grembo, S'incominciava udir fremer la pioggia, E il suon cresceva all'appressar del nembo. Dentro le nubi in paurosa foggia Guizzavan lampi, e la fean batter gli occhi; 50 E n'era il terren tristo, e l'aria roggia. Discior sentia la misera i ginocchi; E già muggiva il tuon simile al metro Di torrente che d'alto in giú trabocchi. Talvolta ella ristava, e l'aer tetro 55 Guardava sbigottita, e poi correa, Sí che i panni e le chiome ivano addietro. Che gocce fredde giú per l'aria nera E il tuon veniale incontro come fera, E d'ogni intorno era terribil cosa Coprendo gli occhi, e stretti i panni al seno, Ma nella vista ancor l'era il baleno E si rivolse indietro. E in quel momento 60 65 70 75 XL. DAL GRECO DI SIMONIDE. Ogni mondano evento È di Giove in poter, di Giove, o figlio, Che giusta suo talento Ogni cosa dispone. Ma di lunga stagione Nostro cieco pensier s' affanna e cura, Benché l'umana etate, Come destina il ciel nostra ventura, Di giorno in giorno dura. 5 Ecco pria che la speme in porto arrive, 20 E qual da morbi al bruno Lete addutto; |