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33.

Poscia mestier gli parve all'odiato
Esercito spedir subito un messo,
A dimandar perché, non provocato,
Contra lor nella zuffa s'era messo;
Se ignaro delle rane, o collegato,
Se per error, se per volere espresso;
Se gir oltre o tornar nella sua terra,
Se volesse da' topi o pace o guerra.

34.

Era nel campo il conte Leccafondi, Signor di Pesafumo e Stacciavento; Topo raro a' suoi dí, che di profondi Pensieri e di dottrina era un portento: Leggi e stati sapea d'entrambi i mondi, E giornali leggea piú di dugento; Al cui studio in sua patria aveva eretto, Siccom' oggi diciamo, un gabinetto.

35.

Gabinetto di pubblica lettura,

Con legge tal, che da giornali in fuore,
Libro non s' accogliesse in quelle mura,
Che di due fogli al piú fosse maggiore;
Perché credea che sopra tal misura
Stender non si potesse uno scrittore
Appropriato ai bisogni universali
Politici, economici e morali.

36.

Pur dagli amici in parte, e dalle stesse Proprie avvertenze a poco a poco indotto, Anche al romanzo storico concesse Albergar coi giornali, e che per otto Volumi o dieci camminar potesse; E in fin, come dimostro è da quel dotto Scrittor che sopra in testimonio invoco, Alla tedesca poesia diè loco.

37.

La qual d'antichità supera alquanto Le semitiche varie e la sanscrita, E parve al conte aver per proprio vanto Sola il buon gusto ricondurre in vita, Contro il fallace oraziano canto, A studio, per uscir della via trita, Dando tonni al poder, montoni al mare; Gran fatica, e di menti al mondo rare.

38.

D' arti tedesche ancor fu innamorato E chiamavale a se con gran mercede: Perché, giusta l'autor sopra citato, Non eran gli obelischi ancora in piede, Né piramide il capo avea levato, Quando l'arti in Germania avean lor sede, Ove il senso del bello esser piú fino Veggiam, che fu nel Greco o nel Latino.

39.

La biblioteca ch'ebbe, era guarnita
Di libri di bellissima sembianza,
Legati a foggia varia, e sí squisita,
Con oro, nastri ed ogni circostanza,
Ch' a saldar della veste la partita
Quattro corpi non erano abbastanza.
Ed era ben ragion, che in quella parte
Stava l'utilità, non nelle carte.

40.

Lascio il museo, l' archivio, e delle fiere.
Il serbatoio, e l'orto delle piante,
E il portico, nel quale era a vedere,
Con baffi enormi e coda di gigante,
La statua colossal di Lucerniere,
Antico topolin filosofante,

E dello stesso una pittura a fresco,
Pur di scalpello e di pennel tedesco.

41.

Fu di sua specie il conte assai pensoso, Filosofo morale, e filotopo;

E natura lodò che il suo famoso

Poter mostri quaggiú formando il topo;
Di cui l'opre, l'ingegno e il glorioso
Stato ammirava; e predicea che dopo
Non molto lunga età, saria matura
L'alta sorte che a lui dava natura.

42.

Però mai sempre a cor fugli il perenne
Progresso del topesco intendimento,
Che aspettar sopra tutto dalle penne
Ratte de' giornalisti era contento :
E profittare a quel sempre sostenne
Ipotesi, sistemi e sentimento;

E spegnere o turbar la conoscenza
Analisi, ragione e sperienza.

43.

Buon topo d'altra parte, e da qualunque Filosofale ipocrisia lontano,

E schietto in somma e veritier, quantunque
Ne' maneggi nutrito e cortigiano;
Popolar per affetto, e da chiunque
Trattabil sempre, e, se dir lice, umano;
Poco d'oro, e d'onor molto curante,
E generoso, e della patria amante.

44.

Questi al re de' ranocchi, ambasciatore Del proprio re, s'era condotto, avanti Che tra' due regni il militar furore Gli amichevoli nodi avesse infranti: E com' arse la guerra, appo il signore Suo ritornato, dimorò tra fanti, E sotto tende, insin che tutto il campo Dal correr presto procacciò lo scampo.

45.

Ora ai compagni, ricercando a quale
Fosse in nome comun l'uffizio imposto,
Che del campo de'granchi al Generale
Gisse oratore, e che per gli altri tosto
D' ovviar s'ingegnasse a novo male,
Nessun per senno e per virtù disposto
Parve a ciò piú del conte; il qual di stima
Tenuto era da tutti in su la cima.

46.

Cosí da quelle schiere, a prova eretto L'un piè di quei dinanzi, all'uso antico, Fu, per parer di ciascheduno, eletto Messagger dell' esercito al nemico.

Né ricusò l'uffizio, ancor ch'astretto

Quindi a gran rischio in campo ostil, mendico

:

D'ogni difesa, andar fra sconoscenti

D'ogni modo e ragion dell' altre genti.

47.

E sebben lassa la persona, e molto
Di posa avea mestier, non però volle
Punto indugiarsi al dipartir: ma colto
Brevissimo sopor su l'erba molle,
Sorse a notte profonda, e seco tolto
Pochi servi de' suoi, tacito il colle
Lasciando tutto, e sonnolento, scese,
E per l'erma campagna il cammin prese.

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