Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[blocks in formation]

La poesia combatte col rasojo,

E spesso hanno per me di gran quistioni;
Ella dicendo a lui: Per che cagioni
Mi cavi il mio Burchiel dello scrittojo?
E lui ringhiera fa del colatojo,

E va in bigoncia a dir le sue ragioni;
E comincia: Io ti prego mi perdoni,
Donna, s' alquanto nel parlar ti nojo.
S' io non fuss' io e l'acqua e l' ranno caldo,
Burchiel si rimarrebbe in sul colore

D' un moccolin di cera di smeraldo.
Ed ella a lui: Tu sei in grande errore:
D'un tal disio porta il suo petto baldo,
Ch' egli non ha in sì vil bassezza il cuore.
Ed io: Non più romore,

Che non ci corra la secchia e 'l bacino;
Ma chi meglio mi vuol, mi paghi il vino.

Và in mercato, Giorgin, tien qui un grosso,
Togli una libbra e mezzo di castrone
Dallo spicchio del petto, o dall' arnione;
Di' a Peccion che non ti dia troppo osso:
Ispacciati, stà sù, mettiti in dosso,

E fa di comperare un buon popone;
Fiutalo, che non sia zucca, ò mellone;
Tolo del sacco, che non sia percosso:
Se de' buon avessero i foresi,

2

Ingegniati averne un dai pollaiuoli;
Costi che vuole; che son bene spesi:
Togli un mazzo tra cavolo, e fagiuoli:

Un mazzo non dir poi; io non t' intesi:

1 Domenico di Giovanni chiamato Burchiello perchè componeva alla burchia, cioè a caso e a svarioni quasi rubando ed insieme accozzando a capriccio.

per toglilo.

E del resto toi1 fichi castagnuoli

Colti senza picciuoli,

Che la balia abbia tolto loro il latte,
E painsi azzuffati colle gatte.

2

VERSI CONTRO DI UN MEDICO PESSIMO.

Costui è sì perfetto smemorato,

Che se toccasse il polso al campanile
Sonando a festa, non l' aria trovato.

E non ostante che sia tanto vile,

Egli ha morti più uomini a suoi giorni,
Che la spada d' Orlando signorile.

BATISTA DA MONTE FELTRO.

1387-1450.

CANZONE A' PRINCIPI D' ITALIA.

Funesta Patria, e execrabil plebe,

Maligna region, letal collegio,
Privata dello egregio

Pacifico dominio tuo sereno,
Il caso della desolata Tebe

Che procede d' invidia e di dispregio,
Mancando ogn' atto regio,

Parve trastul, rispetto al tuo veleno;
Che 'l tuo popolo è pieno

Di tutte sette le peccata enorme,
E la virtù vi dorme,

Solo ingiustizia per Regina siede;
E la pace e la fede

Fuor del tuo regno per esilio sono,
Che sublimava il tuo micante trono.

I' ho più volte letto come i Galli
Passar di qua per deguastarti tutta
E cominciar con lutta

Entrare in Roma: e gran parte ne vinse

[blocks in formation]

Il magno, ardito, e pro1 fiero Hanniballi;
Pocho fallì che non te fece brutta;
Sol, con la cera asciutta

3

Scipio col senno 2 fuor del sen tel pinse; 3
E i Longobardi tinse 4

Le spade lor più volte nel tuo sangue,
Da poi si levò un' angue

Cioè Attila: che fo 5 flagello in terra
Ed ogni loco asserra.

Arabi, Turchi, Barbari e Caldei
T'hanno percossa, e fatto dire omei.
Exempli assai; e quasi che infiniti

Te potrei dir de' tuo' gravosi danni;
Per tutti questi affanni

Io pur sperava al fin qualche riposo;
Or nuovamente i miei sensi smarriti
Son per li gravi e inusitati inganni;
Che già ne' teneri anni

Ognun diventa reo, e malizioso.
Nè vuole alcun famoso

Esser, se non d' infamia, e d'omicidio.
Ay neronico excidio

Ch' hai fatto legge per poter rubare,
Ardere, e debrugiare “

6

Città, colli, castella, e la pianura!

E poi si chiaman uomin di ventura.
E perch' io sfoghi alquanto il mio concetto,
Non v' accorgete voi, che, come stanchi,
Rotti, poveri, e manchi

Sarete l' un con l' altro guerreggiando,
Ch' uno animal possente e fier d' aspetto
Dimezzo converrà che su vi branchi, 7
Quando liberi e franchi

Esser potete, ogni giorno avanzando?
Non vi ricorda, quando

La vostra accesa voglia stava unita,
Forte, intima e gradita,

Da tutto il mondo era la vostra possa?
Usciti fuor della fossa

Rimembrivi di vostri boni antichi,
Pro, saggi, valorosi, alti e pudichi !

E voi Signori, a cui fortuna ha dato
In man la briglia del paese ameno,

1 pro vale valoroso. 2 Crescimbeni nella sua Istoria della Volgar Poesia; vol. III, p. 270 mette sonno per senno.

3

pingere per spingere,

5 voce antica per fù.

6 abbruciare. 7
-

pigliar

con branca, abbrancare.

spignere. 4 tinsero.

Dove1 senz' alcun freno

Per invidia a disfarvi siete corsi,

Quest' è quel vizio in voi tanto aumentato,
Che voi farà sparir come un baleno:
Questo fa venir meno

I vostri onori, in più secol trascorsi.
Siete voi tigri, od orsi

Senza ragion vivendo, e senza legge?
Perchè fuor della gregge

Eletti fuste della divina arca

A guardar questa barca,

Non per guastar queste inclite contrade:
Ma per giustizia, pace, e caritade.
Fra valorosi e pien di gloria santa

Canzon mia vera canta;

2

Che si sveglino omai: che dopo fatto 2
Non vale a dir, così vorrei aver fatto.

LORENZO DE' MEDICI.

Detto il Magnifico.

1448-1492.

CANTO CARNASCIALESCO. 3

TRIONFO DI BACCO E D'ARIANNA.

Quant'è bella giovinezza,

Che si fugge tuttavia;

Chi vuol esser lieto, sia,

Di doman non vi è certezza.

Quest' è Bacco ed Arianna,
Belli e l'un dell' altro ardenti;
Perchè 'l tempo fugge e 'nganna,
Sempre insieme stan contenti:
Queste Ninfe ed altre genti
Sono allegre tuttavia:

Chi vuol esser ecc.

1 Crescimbeni: dome; ? 2 Crescimbeni: doppo lacto!? Lorenzo de' Medici mise in uso per la festa del carnevale certe mascherate, nelle quali rappresentandosi o alcun trionfo o alcuna arte, s' andava per Firenze cantando d' ogni sorta canzoni, ballate, madrigali, e barzellette, attenenti alla faccenda che colla maschera veniva immitata; e a sì fatte Poesie diede egli il nome di Canti Carnascialeschi.

[blocks in formation]
« ÖncekiDevam »