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seguite con fedeltà le norme propostesi: e il giovane studioso potrà di quella dimostrazione valersi per rendere a sè più profittevole e (spero) gustosa la lezione della Cronica. Qui, appunto perchè questo volumetto è pe' giovani, e perchè dall' arte è desiderabile ch'essi intendano a trarre ispirazioni d' affetto, credo opportuno rilevare espressamente quanto appartiene all'attuazione di quello che pongo sesto dei criteri dall' Istorico di Parte Bianca assegnati al proprio lavoro. Dico del colorire ◄ con piatà », cioè con affetto sincero e potente, e con quell'evidenza che solo l'affetto sa dare; di che tutta la Cronica offre, quasi ad ogni pagina, mirabili esempi. A questa che può dirsi la più comunemente (sebbene assai superficialmente) apprezzata caratteristica del libro di Dino, appartengono tutte quelle che chiamai digressioni dal racconto de' fatti, e ne indicai annotando, volta per volta, l' appicco, e dissi come spesso servano all' Autore per formulare la sua morale storica, giudicando uomini e fatti; in più d'una delle quali la figura dello scrittore sparisce, e sottentra l'uomo e il cittadino, invocante la giustizia del cielo sugli oppressori della sua patria. Le appartengono l'accenno prima e poi la distesa descrizione del crudele assedio di Pistoia, 3 e l'altra di quello di Brescia; e, pur di descrizioni, Campaldino, il mortorio in Piazza de' Frescobaldi, tutte le drammatiche scene de' primi nove giorni del novembre 1301, la pace del Cardinale da Prato, l'incendio del 1304, il tentativo della Lastra; 5 e quelle non concioni all'eroica in istoria di retore, ma al vivo de' fatti innesto vivo della parola dei personaggi, quale dovett' uscir loro dalle labbra; e di al

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5 I, x; I, xx; II, 1x-x1x; III, IV, VII; III, vш; III, X.

Le parole di Guglielmo de'Pazzi nel Consiglio Aretino, in I, ví; di messer Barone de'Mangiadori, in I, x; dei Grandi, in I, x11; tra Giano e i congiurati, in I, xш; di Berto Frescobaldi e di Baldo della Tosa, in I, xv; di Gian di Celona, in I, xvi; dei Grandi ai Consoli delle Arti, in I, xx1; di Dino all' Acquasparta, ivi; di messer Buondelmonte e di Dino, nel Consiglio di Santa Trinita, in I, xx, xxiv; dei Neri

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trettanta vita animate le etopeie di questi; e l'effigiare, dall'interno degli animi, gli avvolgimenti le frodi il timore il sospetto, o dal vero esterno ritrarre, fra il turbinio degli scontri o alla luce degli incendi, gli orrori della guerra cittadinesca, o ne' Consigli il trepido contrasto delle passioni e i pericoli della pubblica cosa; e il tribunale sanguinario di Fulcieri da Calboli, e Donato Alberti che trionfa morendo de' suoi carnefici, e il dolore materno della Diedati che chiede per Dio la vita de' suoi figliuoli, e la giustizia divina che a uno a uno ha colpiti i capi di Parte Nera, e colpirà chi rimane; 5 e per ultimo, tutti quei luoghi ne' quali lo scrittore diviene attore: o giovane ancora sia con gli altri popolani a preparare la riforma democratica dell' 82; o s' accolga in Ognissanti con Giano della Bella e gli altri arbitri a riformare le leggi; o faccia balenar sotto gli occhi del crucciato Acquasparta la luce dell'oro fiorentino; o raccomandi a' cittadini e fratelli la pace in Santa

a Carlo di Valois, in II, ш; di papa Bonifazio agli ambasciatori, in II, Iv; tra i Neri e i Signori d' ottobre 1301, e poi di questi ai Capitani di Parte Guelfa, in II, v; di Dino ai cittadini in San Giovanni, in II, vi; de'quaranta Savi, in II, x; degli Spini agli Scali, in II, xvi; de' Valesiani alla Signoria, in II, xvi; di maestro Ruggeri al Valese, ivi; tra il podestà Fulcieri e Donato Alberti, in II, xxx; di Corso Donati al Popolo minuto, in IL, xxxIv; dei Neri al Cardinale da Prato, in III, v; di Corso ai Grandi, in III, xix; di Matteo Visconti all' Imperatore, in III, xxv; de'consiglieri all'Imperatore, in III, xxix. E i motti del Cardinal da Prato e dell' Imperatore, in III, xxxII, XXXVI; di Betto Brunelleschi, in III, XXXV, xxxx, di Corso Donati, in I, xx; di Geri Rossoni, in II, xx; del Vescovo di Arezzo, in I, x; del popolo, in II, xx; ed altrove ancora.

1 Giano della Bella, in I, XI; Guido Cavalcanti, in I, xx: Corso Donati, in III, xxI e II, xx; Rosso della Tosa e gli altri cavalieri governatori », in III, xxxvIII segg.; i due capiparte Cancellieri, Stiatta Amati e Simone da Pantano, in I, xxv, xxvi; il Pecora beccaio, in I, xш, xvш; papa Bonifazio, in I, xxI e II, xxxv; papa Benedetto,

in III, 1; il Cardinal da Prato, ivi; Arrigo VII, in III, xxm; Noffo Guidi, in II, xt; il Nero Cambi, in I, xxt; Gian di Celona, in I, xII; Mucciatto Franzesi, in II, Iv; frate Bartolommeo, in III, xxx1; Bonaccorso Adimari, in I, I; Gian di Lucino, in I, xvi; Ubaldino Malavolti, in II, Iv; il Corazza da Signa e Maso Minerbetti, in II, XI; il Baschiera della Tosa, in II, xxiv.

2 Per non moltiplicare le citazioni, mi contento d'accennare II, v, 25, e in generale tutto quel burrascoso periodo d'ottobre-novembre-aprile 1301, 1302; e nello scorcio del libro II e in tutto il III, le arti di guerra difensiva e offensiva de'Neri vincitori; e nel libro I (xx-xxш) il preparamento della discordia tra Cerchi e Donati negli ultimi anni del secolo XIII.

3 Mi riferisco ad alcune delle citazioni testé fatte nella pag. preced., n. 5.

4 Vedi i Consigli per la riforma popolare del 1282, in I, iv; per la guerra d'Arezzo, in I, Ix; in Santa Trinita, in I, XXIII, XXIV; per la venuta di Carlo di Valois, in II, vr: in San Giovanni, in II, vi; de'quaranta Savi in II, x; dopo il ritorno degli ambasciatori da Roma, in II, xr; nella cappella di San Bernardo, in II, xu.

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Trinita o in San Giovanni o nella Cappella di San Bernardo; o assista in Santa Maria Novella, non sa se magistrato o vittima designata, al parlamento voluto dal principe Carlo. Quindi quel calore, quella vigoría, quell' apprensione profonda dei fatti narrati, e il comunicarne altrettanto efficace l'impressione a chi legge, che spesso inalzano la prosa storica di Dino ai caratteri della poesia e dell'eloquenza; quindi eminente in lui quel nobile sdegno che Aristotile chiama « la Nemesis, affetto magna> nimo, vero indizio di virtù; il quale procede da costume ot> timo, siccome la pietà » e « pietà con isdegno > intendea certo il Compagni quando diceva dovere l'istorico « narrar con piatà »;3 e agli scrittori specialmente della sua tempera, fra i nostri antichi fioriti nella primera d'Italia, si conviene la lode che di essi racchiuse in un felice verso un vivente poeta degno di emularli, In voi fûr pari amor potenza ed ira. >

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Da questo suo stesso sentire, com'ivi annotai, 5 l'ufficio morale e la potenza artistica della storia, fu egli condotto (mi sia lecito dar rilievo anche al settimo de' criteri, secondo i quali credo aver Dino dettata la Cronica) a preferire tra i fatti appartenenti al suo argomento, quelli dove s'era trovato egli medesimo ad operare. Nel che la coscienza sua lo assicurava avrebbe evitato il pericolo, che il narrare le proprie cose porta seco, di « trasformare la storia in encomio, » come Cicerone di ṣè storico, nelle oneste confessioni del suo amor proprio, temeva; ma Dino, che non « de' suoi tempi, come l'oratore e console, ma solamente delle cose occorrenti ne' suoi tempi, » intitolava i suoi tre libri, riserbava in essi a sè solamente la parte o, meglio, la porzione di attore, non quella di protagonista e di eroe, e poteva ripromettere che « senza affezione, » nel mal senso in che degli storici attori lo dice Benedetto Varchi, e senza animosità » avrebbe dettata l'Istoria. Quindi non dubitò, in quella parte che chiamammo degli antecedenti,

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dove cadeva di narrare le guerre guelfo di Firenze dopo la costituzione definitiva della sua democrazia, descrivere la guerra contro Arezzo e tacere quella contro Pisa, non soltanto, credo io, perchè la prima ebbe Campaldino, ma anche perchè a quella egli partecipò, com' uno de' Priori, ben più largamente che non facesse, semplice consigliere, nella seconda. E poco appresso, narrando degli Ordinamenti di Giustizia e della loro esecuzione, si compiacque dar risalto al disfacimento dei Galigai, operato da lui medesimo terzo Gonfaloniere. E del Cardinale d'Acquasparta, delle cui relazioni con Firenze non tutto registrò, non però omesse di descrivere quando nel palagio de' Mozzi ricevè gli oratori del Comune, uno de' quali nzi fra essi il dicitore, fu egli medesimo Dino. Ma che di questi trasceglimenti il fine non fosse la vanità, si piuttosto il preferire, quanto le necessità del libro il comportassero, le cose « le quali ne' loro principii > nullo le vide certamente come io» a « quelle che chiaramente » non vidi » e che perciò scriveva « secondo udienzia, » lo mostra la modestia con la quale in que' luoghi medesimi parla di sè, non astenendosi anzi dal notare ciò che potrebbe tornargli in biasimo: come, nella guerra d'Arezzo, l'andata censuratissima di due de' Priori al campo; e nel disfacimento dei Galigai, che il modo com' egli lo fece servi di mal esempio e fu poi occasione di scandalo. E prova eziandio più bella ne porgono capitoli del Libro secondo che contengono l' istoria di Firenze fra il 15 ottobre e il 7 novembre del 1301, cioè del suo Priorato ultimo: ne' quali, in ciò che fece coi colleghi, nulla egli dissimula di quello che pure può servire a giudizio men benevolo sull'operato da loro; solo riserbandosi, appiè della narrazione, il legittimo diritto della difesa: e questa, per i Priori tutti insieme è calda e appassionata, ma per sè in particolare e'non s'è ritenuto dall' allegare candidamente la scusa che Scipione l'Affricano non menava buona a chi s'era trovato ne' grandi fatti: « Questo non arei io mai pensato! »

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in II, xvn: E mai credetti che no tanto signore, e della Casa reale di Francia, rompesse la sua › tule. » Ma alle parole del Romano do volentieri la veste con la quale se

Cronica di Dino Compagni.

V.

Dino Compagni, nato pochi anni innanzi al 1260, mori il 26 di febbraio del 1324. Quasi lo stesso periodo di vita che toccò a Dante: se non che il Compagni lo trascorse intero, dalla nascita alla morte, nella sua Firenze; non rapitone dall'esilio, nè disviatone, come i Fiorentini solevano, dai commerci. Ebbe le case presso Santa Trinita, lungo l'Arno, e fu de' maggiorenti del suo Sesto di Borgo. Fece l'Arte della Seta, che si chiamava di Por Santa Maria; e la continuò, con un fratello e co' figliuoli, sino agli ultimi anni; e ne fu più volte un dei Consoli: come anche sede fra i Capitani d' Or San Michele, magistrato di cit tadina importanza. Artefice e popolano, e ascritto a' Consigli del Comune, fu uno dei promotori della riforma democratica del 1282, e cooperò con Giano della Bella ad afforzare nel 1293 quel reggimento. In cotesto medesimo anno, memorabile per la compilazione degli Ordinamenti che la democrazia guelfa pose a sè e sopra il collo de' Grandi, fu Gonfaloniere di Giustizia: terzo nella serie di quel magistrato, che si continuò per due secoli e mezzo fino alla caduta della Repubblica. De' Priori, istituiti dal 1282, era stato nell' 89, a tempo della guerra contro Arezzo, decisa con la vittoria di Campaldino. E d'anno in anno lo troviamo tra i Savi, ossia fra quei cittadini che la Signoria eleggeva e chiamava a consigliare e deliberare con essa nelle contingenze più importanti.

Quando gli eccessi ne' quali quella democrazia trasmodò, e la corruzione cittadinesca che ne segui, ebbero generata la divisione di Parte Guelfa in Bianchi e Neri, Dino, che inutilmente aveva contrastato alla cacciata di Giano della Bella, inutilmente combattuto quell' appassionato declinare della cittadinanza nelle malevolenze negli scandali e nelle frodi, si tenue, come Dante e tutti i migliori, coi Bianchi: e fu de' più fieri e

le appropriava il senno de'nostri vecchi: E' dicea Iscipione, che ne' gran fatti era trista risposta dire: Questo

> non arei io mai pensato!» Lettere di ser LAPO MAZZEI, per cura di CESARE GUASTI, lett. CCLX.

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