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In questa Canzone morale Dino dà i precetti e insegna i moli dello « acquistar pregio », secondo la respettiva condizione sociale: cosi i precetti risguardano l'Imperatore, il Re, il Barone, il Rettore (Potestà, Capitani, Vicari), il Cavaliere, il Donzello (o Aspirante alla cavalleria), il Giudice (Dottor di legge), il Notaio, il Medico, il Mercatante, l'Orafo. A tutti costoro il poeta addita, con tuono severo a un tempo e amorevole, la via dell' onore e della virtù. Il « pregio », la << lode », il « valore », erano i nomi co' quali i nostri rimatori avevano appreso a rappresentare, in genere, la perfezione morale, l'onore, da' trovatori provenzali: nelle cui rime le bellezze della donna amata spesso cedono il posto, talvolta anche sono scala, ai vanti del « fin pretz », del « bon pretz », del << bon laus », della « fina valor », del « verais pretz e bona lauzors »; e spesso ancora, come in una poesia del mantovano Sordello, al rimpianto del « pretz qu'es mesprezatz », e agli esortamenti che gli uomini dabbene si studino d'essere « valens » e «prezatz ». La parola era poi da quello dei trovatori passata al linguaggio comune. De' grandi antichi baroni, rappresentanti le congiunte tradizioni del trono di Cesare e della Chiesa di Dio, il popolo « riconfortava il nome e 'l pregio » con annue supplicazioni nelle badie da essi fondate; e Dante quelli annuali e quel sentimento, e la parola in che s'era improntato, eternava nel verso: Dante, che nei discendenti da Currado Malaspina conferma « il pregio della borsa e della spada »; e pregio» chiama l'ambita gloria poetica; e in

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famando in Fulcieri da Calvoli i rettori che si prestarono alle ferocie dei Neri, dice aver essi tolta a molti la vita, a sè « il pregio ». Cosi come nella Cronica di Dino se lo conquistano sul campo di battaglia i cavalieri di Francia combattenti per Parte Guelfa, e lo pagano con la vita.

Nell'opera mia maggiore su Dino Compagni, ebbi occasione ed agio di notar molte, ed altre potrebbersi, rassomiglianze e relazioni che Serventesi e Insegnamenti provenzali, e poesie di rimatori nostri, hanno con questa sua Canzone, nella quale la vita reale del medio evo è ritratta in un quadro così animato e compiuto. Ivi stesso espressi il mio avviso, che la Canzone del Pregio, quale l'abbiamo, come nelle due prime stanze ha qualche irregolarità schematica, cosi anche non sia intera, e che in altre Stanze dovessero, probabilmente, succedere ai precetti, contenuti nell'ultima, sull' Arte dell' Orafo, quelli concernenti le altre Arti Minori, dopo essere nelle antecedenti quasi esaurita la serie delle Maggiori.3 Il che sarebbe stato quasi una poetica apoteosi delle Arti: concetto degno dell'alto cuore onde usciva la Cronica, e che, se verseggiato da più valente poeta, avrebbe dato ai trionfi della democrazia fiorentina dell'82 e del 93 il loro proprio epinicio. Al qual proposito è notevole, come in fronte ad una Pratica di mercatura del secolo XIV, che è una specie di Manuale del nostro antico commercio, si legga trascritta la Stanza sul pregio del Mercatante. Trascritta senza nome d'autore: ma noi riconoscendovi quello di Dino Compagni, riconosciamo altresì in questi versi la voce sua, e questa sentiamo sempre sonare la stessa: voce di alta moralità, ammonimento severo, rimprovero di cattivi, ispira zione a rettitudine.

1 Parad. XVI, 128-129: Purg. vi, 129; xxvi, 125; xiv, 63.

2 I, x (vedi la nota 17), descrivendo la battaglia di Campaldino.

3 Sulle Arti fiorentine, e sulla loro distinzione in Arti maggiori e Arti minori, e sui respettivi nomi, vedi la Cronica, I, IV, 13.

Amor mi sforza e mi sprona valere
A pro di chi valor pugna valente; 2
Chè vuol nessun sia vile e negligente
A cui abbella buon pregio seguire.3
5 Chè pregio è un miro di clartà gioconda,
Ove valor s' agenza e si pulisce;

E chi sè mira ad esso sè nudrisce

Di ricche laude, e di gran pregio abonda.
Ma non s'à per retaggio

10 Nè antiquo legnaggio,

Nè si dona di bada 5 o vende o

1 Che Amore sia colui che ispira al Poeta i versi sullo acquistar pregio, sebbene questi non risguardino propriamente materia d'amore, è lo stesso concetto (cioè che amore è virtù, prima ispiratrice d'ogni bellezza spirituale e morale) a cui s'informa e donde ha titolo il libro di FRANCESCO DA BARBERINO, Documenti d'Amore; il quale fu già notato non essere, come il titolo sembra promettere, un'opera amorosa, ma un Trattato di filosofia morale diviso in dodici parti, in ciascheduna delle quali si ragiona di qualche virtù o de' premi ad essa destinati. Cfr. a questo principio della Canzone di Dino il principio di essi Documenti: Somma virtù del nostro › Sire Amore Lo mio intelletto novamente accese.

211 valere a pro di chi pugna per] valor valente, è uno dei bisticci provenzaleschi, che piacevano ai nostri rimatori prima dei maestri del dolce stil nuovo.. Cosi BONAGIUNTA DA LUCCA: E la valensa avete in più valere

D'alto valor; però tanto valete. » Pugnare, com'è qui (e nel verso 110) usato da Dino, è affino ad un pugnar

meritar onore di GuITTONE D'AREZ

'mpegna,

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3 Rima per assonanza, come alcun'altra nella Canzone: se pur non si voglia legger seguere, che sarebbe forma antica di seguire (seguette, in DANTE, Inf. xxv, 40).

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Il verbo agenzare (dal provenzale agenzar, agensar) ricorre frequentissiino, specialmente come neutro passivo, nei nostri rimatori. Con imagine molto simile a questa del luogo presente, nell' Intelligenza (st. 9): .... specchio è di mirabile clartate.... Allo splendordi sua ricca bontate Ciascuna donna e donzella s'agenza»; e nelle Lettere di GUITTONE (lett. v): perchè fuste specchio e miradore, ove si provedesse e agenzasse ciascuna valente e piacente donna e prode uomo, schifando vizio e seguendo > virtù ..

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5 Dino qui riproduce tal quale la maniera avverbiale de' Provenzali de bada (o de badas o en bada en vain, invano; ant. franc., en bades); anzi può dirsi la traduca letteralmente da un trovatore: Non vi crediate valore venga di bada; anzi è assai molta

Ma in nom cortese e pro sta per usaggio.

Amore mi sforza e m'incita a fare quanto posso per utilità di chi cerca con ogni fatica la vera valentía; imperocchè Amore vuole che nessuno, a cui piace conseguire buon nome, farsi onore, sia vile e negligente: chè onore è come uno specchio di lieta chiarezza, nel quale il valore s' adorna e si fa più appariscente; e chi in quello si specchia, nutresi di lodate virtù e abbonda di grande onore. Ma tale onore non si credita dai maggiori per quanto antichi e nobili, nè si dona gratuitamente, nè si vende nè s'impegna, nè prende vigore tra malvagi, ma suole allignare in uomini cortesi e prodi.

Imperadore.

e

E non è laude, fuor di pregio, altera, "

15 Nè dignità d'imperïal corona:

Chè quant' uom maggio, più vil si ragiona,
Se 'n pregio non intende e non ispera;
E chi vol lui seguire, ànne valore
Qual è più vil, se dal voler no sferra.
20 E mosterronne via a chiunqu' erra.

25

7

E dico, al primo grado, Imperadore:
Che lui convene

E li pertene

La nostra fede e la Chiesa difendre, 8
E metter pace, e dritta legge stendre;
E 'n far passaggio, 9

Che è 'n usaggio, metter tutta spene.

E fuor del pregio, fuor dell' onore, non si dà lode eccellente, nè la stessa corona imperiale ha dignità: imperocchè quanto l'uomo è mag

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nascono, e tenendo per dette condizioni lo stesso ordine che qui il Nostro, comincia dalla « figliuola d'imperadore o‹ di re coronato, entrando in materia con un verso che par gemello del dinesco: E vegno al pri mo grado d' esta parte».

Questa contrazione in endre (che troveremo nei tv. 67, 70, 74, 86) è dal provenzale. La frase poi è tal quale nel Novellino (nov. LXXV), dove fra i doveri del cavaliere è anche « Nostro Signore servire, e Santa Chiesa di> fendere. »

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9 Cade qui ciò ch'ebbi a notare nella Cronica (III, xxiv, 9): che le voci passare e passaggio si riferivano, o

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