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dente e seducente la visione della natura al tempo antico! "Tutta questa rappresentazione è di una perfetta semplicità e purezza classica. Pure, in mezzo a tanta precisione di forme, c'è qualche cosa d'indeterminato, di mezzo velato e di ondeggiante: tali sono quelle ombre incerte; quel pastorello che ode e guarda, ma non vede, le nude e nivee forme della Diva che s'immergono nelle acque. Qui è l'arte antica che, disposata al sentimento moderno, ha prodotto una di quelle concezioni vaghe e indeterminate che sono, come diceva il Leopardi stesso [v. più sù, p. 216], effetto principale ed essenziale delle bellezze poetiche, anzi di tutte le maggiori bellezze del mondo

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Dafne, Filli, le Eliadi, Eco, Filomela: una intera famiglia di storie leggiadre insieme e pietose destasi nella mente del lettore, che si sente trasportato in mezzo ai boschi di quelle antiche età, popolati di creature così sventurate e così gentili... L'olocausto di una vita umana ad un'idea o ad un amore ardente, una vita spenta pria che vecchiezza l'abbia spogliata di beltà, di grazia e di passioni, sono sempre stati uno degli ideali del Leopardi „. Pur scrivendo questo canto, egli cercò alla mitologia creature in cui gentilezza ed amore fossero state congiunte a morte; e ne ebbe di più amorose e appassionate ancora che non erano quelle che fino allora gli aveva fornito la storia. Ma quelle soavi visioni spariscono ben presto: rimane la natura senza vita, la primavera fiorita bensi ma senza ciò che ne faceva veramente la festa: " sono fiori come quelli di che sia circondata la fronte e sparse le membra di una fanciulla morta! „, Con gli ultimi otto versi, e specie con quella ripresa se tu pur vivi, il poeta torna al concetto che aveva lasciato interrotto. La preghiera alla Natura, d'aver misericordia di lui, non potuta compiere pel sopravvenire dei vaghissimi fantasmi del tempo antico, gli torna più calorosa sulle labbra ora che si sente nuovamente solo nell'immenso deserto della vita. “In questa canzone di argomento sì doloroso, il poeta ha conseguito la più piena padronanza di sè; ha meditato il

suo immenso dolore, e senza averlo con ciò punto diminuito, l'ha manifestato quasi indirettamente, trasfondendolo in tutte le singole parti e quasi in ogni nota del suo canto. Qui la manifestazione del dolore è perfettissima. Oltre che con l'andare del tempo il nostro poeta intese sempre più la grande arte antica, egli diveniva sempre più calmo: il suo dolore, smettendo i primi impeti coi quali ogni dolore nuovo si sforza di scuotere il giogo del destino, si componeva a una certa tranquillità e solennità.... Fra le tante voci che rammentano quel tempo felice e la perduta giovinezza del mondo, questa del Leopardi pare quasi una voce antica essa stessa, superstite unica e sconsolata che ricordi e pianga i suoi cari estinti

Metto qui qualche utile indicazione bibliografica. Per l'Ultimo canto di Saffo, si può riscontrare con profitto lo Studio del dott. G. NEGRI, Pavia 1895. Sul sentimento della natura nel Leopardi, l'ottima conferenza di A. CHIAPPELLI, G. L. e la poesia della natura (nella "Rivista d'Italia 15 ott. 1898). E ancora: E. CARO, Le pessimisme au XIX.° siècle, Paris 1880; M. Losacco, Contributo alla storia del pessimismo leopardiano, Trani 1896; e del Losacco medesimo, Il sentimento della noia nel Leopardi e nel Pascal (“ Atti dell'Accad. di Torino 30 giugno 1895).

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IL PRIMO AMORE, A SILVIA,

LE RICORDANZE, ALLA SUA DONNA,

E IL FRAMMENTO XXXVIII.

I.

Il primo amore fu pubblicato la prima volta nell'edizione bolognese del 1826, col titolo di Elegia I; ma composto era fin dall'estate del '18.

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Da qualche tempo il fantasioso giovinetto si struggeva pel desiderio di conversare con donne avvenenti," delle quali „,, lasciò scritto, un sorriso solo, per rarissimo caso gittato sopra di me, mi pareva cosa stranissima e maravigliosamente dolce e lusinghiera,; quando, la sera degli 11 dicembre 1817, capitò ospite in casa loro la cugina Geltrude Cassi, sui 26 anni, sorella del traduttore di Lucano, maritata a un Lazzari "di oltre a cinquanta, grosso e pacifico „. Giacomo aveva sentito dire che fosse bella, e la immaginò capace di dare qualche sfogo, a quel suo antico e vago desiderio. Vistala, la descrive così (mi giovo soprattutto dei notevoli articoli del Chiarini, nella Rivista d'Italia, del giugno 1898 e gennaio 1900):

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Alta e membruta come nessuna donna ch'io m'abbia veduta mai; di volto però tutt'altro che grossolano, lineamenti tra il forte e il delicato, bel colore, occhi nerissimi, capelli castagni, maniere benigne e, secondo me, graziose, lontanissime dall'affettato, molto meno lontane dalle primitive, tutte proprie delle signore di Romagna e particolarmente delle Pesaresi, diversis

sime, ma per una certa qualità inesprimibile, dalle nostre marchegiane.

La sera dell'arrivo, un giovedì, Giacomo "la vide e non gli dispiacque, ma non ci si fermò col pen

siero „; il giorno appresso "le disse freddamente

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due parole prima del pranzo „, e, durante il pranzo, taciturno al suo solito, le tenne sempre gli occhi sopra, con un freddo e curioso diletto di mirare un volto piuttosto bello, alquanto maggiore che se avesse contemplato una bella pittura I fratelli, più fortunati o più intraprendenti, " giocarono a carte con la signora, mentre lui, pur invidiandoli, dovè giocare a scacchi con un altro Poi, la signora medesima desiderò che Giacomo "le insegnasse i movimenti degli scacchi „; e in lui si destò una voglia ardente di giocar con lei sola, per ottenere quel desiderato parlare e conversare con donna avvenente; però senti con vivo piacere che sarebbe rimasta fino alla sera dopo E quella sera, giocarono insieme; ma invece che felice, ne uscì scontentissimo e inquieto

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La signora mi avea trattato benignamente, ed io per la prima volta avea fatto ridere con le mie burlette una donna di bell'aspetto, e parlatole, e ottenutone per me molte parole e sorrisi. Laonde cercando fra me e me perchè fossi scontento, non lo sapeva trovare..... Ad ogni modo io mi sentiva il cuore molto molle e tenero, e alla cena osservando gli atti e i discorsi della signora, mi piacquero assai, e mi ammollirono sempre più.

Ma a quella medesima cena, capì che la Geltrude sarebbe ripartita l'indomani, 14 dicembre, all'alba, " nè l'avrebbe più riveduta Andato a letto,

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vegliai sino al tardissimo, e addormentatomi sognai sempre, come un febbricitante, le carte, il gioco, la signora. Svegliatomi avanti giorno, sentendo prima passare i cavalli, poi arrivar la carrozza, poi andar gente su e giù, mi accorsi che i forestieri si preparavano al partire, ed aspettai un buon pezzo coll'orecchio avidissimamente teso, credendo a ogni momento che discendesse la signora, per sentirne la voce l'ultima volta; e la sentii. Nè mi dispiacque la partenza, perchè prevedeva che avrei dovuto passare una trista giornata, se i forestieri si fossero trattenuti.

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Quell'apparizione femminile gli destò nel seno un subuglio di affetti e di sentimenti:" inquietudine indistinta, scontento, malinconia, qualche dolcezza, molto affetto e desiderio non sapeva di che; nè anche fra le cose possibili vedeva niente che lo potesse appagare „. Avendola sempre avanti alla mente, non riusciva a fissare lo sguardo nel viso, sia deforme o sia bello, di chicchessia, sfuggiva-di sentir parlare, disprezzava molte cose da lui prima non disprezzate, anche lo studio, al quale aveva chiusissimo l'intelletto, e quasi anche, benchè non del tutto, la gloria; ed era svogliatissimo al cibo, il che non gli era mai accaduto, nè anche nelle maggiori angosce „.

Se questo è amore, che io non so, questa è la prima volta che io lo provo in età dà farci sopra qualche considerazione; ed eccomi di diciannove anni e mezzo innamorato. E veggo bene che l'amore dev'esser cosa amarissima, e che io pur troppo (dico dell'amor tenero e sentimentale) ne sarò sempre schiavo.

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Avrebbe voluto, il giorno stesso della partenza di lei, dar qualche sfogo al suo cuore; e avendo tentato inutilmente il verso si mise a scrivere un diario, ad oggetto di speculare minutamente le viscere dell'amore, e di poter sempre riandare appuntino la prima entrata nel suo cuore di questa sovrana passione „. Questo diario è da identificare con quelle "Memorie sopra alcuni giorni di una passione amorosa che piacevan tanto al fratello Carlo (Epist. III, 422, 428; e T. TEJA, Note biografiche, p. 48-9); e sarebbe stato forse un capitolo di quella Storia d' un' anima, di cui Giacomo medesimo ebbe a toccare al Colletta (II, 357): romanzo che avrebbe poche avventure estrinseche e queste sarebbero delle più ordinarie; ma racconterebbe le vicende interne di un animo nato nobile e tenero, dal tempo delle sue prime ricordanze fino alla morte La notte seguente lo riprese l'insonnia e il delirio. Questa volta però il verso gli si mostrò docile, e nella veglia cominciò a poetare di quel primo suo amore, e continuò tutto il lunedì, fino alla mattina del martedì. La bella prova "lo ri

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