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che per lo meno ei vestisse da abate e recitasse l'uffizio! E qui era il punto! A quegli obblighi l'amico di Pietro Giordani non sapeva nè voleva acconciarsi; eppure, quella rendita gli avrebbe fatto cosi comodo! O perchè beneficiato titolare non si nominava il fratello Pietruccio, e a lui intanto non s'accordava un po' del beneficio " con alcune riserve „? Le quali Giacomo cercò di rappresentare al padre sotto l'aspetto più innocente (Epist. II, 78-9).

La prima è che io desidererei non essere obbligato ad altro abito e tonsura se non quello che usano qui anche i preti, e consiste solamente in abito nero o turchino, e fazzoletto da collo nero. La seconda è che bisognerebbe che io fossi dispensato dall'obbligo dell'ufficio divino, perchè, come ella ben vede, quest'obbligo mi priverebbe quasi della facoltà di studiare. Io non posso assolutamente leggere se non la mattina. Se questa dovessi spenderla a dir l'uffizio, non mi resterebbe altro tempo per le mie faccende. Mi basterebbe di esser dispensato dall' uffizio divino anche a condizione di recitare una quantità di preci equivalente, giacchè, tolta la mattina, tutto il resto della giornata io non ho da far nulla, e ben volentieri ne spenderei qualche ora in preghiere determinate, purchè queste non fossero da leggersi.

Ve l'immaginate il futuro cantore della Ginestra tutto solo, in un cantuccio, a recitar rosarii? A Monaldo la sostituzione non parve assurda, e ne scrisse a Roma; ma dichiarò indispensabile l'abito da abate "con ferraioletto, collarino, chierica e cappello pretino E, ad evitare equivoci o mezzi termini, ammoni (Lett. a G. L., 153-4):

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Io gradirei, e sommamente gradirei, che vi piacesse lo stato ecclesiastico, e quindi il vestiario che gli corrisponde. Se ciò fosse, immediatamente potrei ottenervi i distintivi prelatizii, e potreste comparire nella società in un grado più rispettato, e aprireste una strada di considerarvi alla Corte nostra, la quale, per quanto vi apprezzi, non saprà mai come distinguervi, finchè non vestirete la sua montura. Altronde non vedo quale ripuguanza possa aversi ad un abito, clericale o prelatizio poco importa, il quale fu l'abito di tanti Santi, e lo fu pure di tanti uomini grandissimi in ogni genere di grandezza. Conosco che in addietro per i vostri rapporti letterarii avrete dovuto capitolare

coi pregiudizii, o piuttosto colle malvagità del tempo; ma attualmente la vostra età, la vostra esperienza e il vostro nome vi mettono al disopra di queste umiltà, e siete in grado di dare il tuono nella repubblica delle lettere, piuttosto che di riceverlo. Qual trionfo, figlio mio, per la causa dei Santi e dei saggi, e qual gloria per la Chiesa e per lo Stato, se l'uomo il più erudito forse dello Stato spiegasse arditamente la bandiera della Chiesa, e con ciò proclamasse altamente che gli studii, le lettere e le meditazioni dei saggi conducono a conoscere e a venerare la Chiesa, e a disprezzare e combattere i suoi palesi e nascosti inimici? Voi con questo atto e in questi tempi fareste per la Chiesa di Gesù Cristo forse più che non fecero isolatamente i Martiri con lo spargimento del loro sangue, e di quest'atto eseguito con intenzione retta, pura, cristiana, vi trovereste applaudito in terra, e premiato gloriosamente in Cielo. Se per altro lo stato ecclesiastico non vi conviene, e se consentireste solamente ad assumerlo per questa miseria del benefizio, io vi consiglierei a non pigliarlo, perchè il galantuomo deve procedere in coerenza dei suoi principii, e non conviene ricevere stipendio da un principe, vergognandosi di portare la sua divisa. Mi pare che la benedizione di Dio non potrebbe essere nè sopra di voi nè sopra di me, e che insomma dobbiate restare o ecclesiastico provveduto, o laico senza beni di Chiesa. Nulladimeno me ne riporto a voi, e farò quanto sarà per piacervi.

In verità ch'io non so come un credente convinto, un gentiluomo e un padre affettuoso avrebbero potuto parlare più dignitosamente, onestamente e amorevolmente di così. Sarebbe, senza dubbio, indizio di deplorevole durezza di cuore far carico all' infermo e sprovveduto figliuolo della titubanza mostrata in quest'occasione; ma sarebbe anche indizio di durezza di mente voler continuare, quasi settariamente, a biasimar la condotta del padre, ora che i documenti ce la illuminano di luce così nuova.

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L'esplicita lettera di Monaldo ne provocò un'altra, abbastanza esplicita, di Giacomo (II, 84-85). Ei si dichiara oramai convinto pienamente della impossibilità di conciliare la sua vita presente colla condizione di benefiziato ecclesiastico „; e prosegue:

Quanto al mutare stato, sebbene io non lasci di apprezzare infinitamente gli amorosi consigli che ella mi porge, e le ra

gioni che ne adduce, debbo confessarle con libertà e sincerità filiale che io vi provo presentemente tal repugnanza, che quasi mi assicura di non esservi chiamato, ed anche di dovere riuscire poco atto all'adempimento de' miei nuovi doveri in caso che io li volessi abbracciare. Prevedo non impossibile, anzi più possibile che forse ella stessa non crede, che col crescere dell'età la mia disposizione si cangi totalmente, e mi conduca a quella risoluzione, alla quale ora sono così poco inclinato; ma in ciò mi pare di non dover prevenire l'effetto del tempo, prendendo oggi un partito che io sento che sarebbe affatto prematuro.

Il cuore di padre e la coscienza di buon cattolico del povero Monaldo eran messe a dura prova; chè in questa medesima lettera il figlio diletto e glorioso lo informava dei tormenti che gli cagionava il freddo clima di Bologna:

Qui non abbiamo gran neve, ma freddi intensissimi che mi tormentano in modo straordinario, perchè la mia ostinata riscaldazione d'intestini e di reni m'impedisce l'uso del fuoco, il camminare e lo star molto in letto. Sicchè dalla mattina alla sera non trovo riposo, e non fo altro che tremare e spasimare dal freddo, che qualche volta mi dà voglia di piangere come un bambino.... Sospiro continuamente la primavera.

Il preteso tiranno rispose (Lett. a G. L., 154-6):

A me, come a vostra madre, ha fatto grandissima pena il sentire quanto soffrite per il freddo. Io lo prevedevo, ed anche per questo avevo desiderato che ritornaste a passare l'inverno a casa, dove avreste ritrovata maggiore custodia, ed un clima meno rigoroso di quello di codesta città, riputata la ghiacciaia dell' Italia. Piaccia al Signore che non vi sia di danno, e presto la mitigazione dell'aria vi ridoni intiera salute!.... Venendo al benefizio, lodo la vostra risoluzione, e lodo anche che non pensiate ad abbracciare lo stato ecclesiastico, finchè non ci siate invitato da quello Spirito che spira dove vuole, e non dove sembrerebbe bene a noi che spirasse. Anche senza il collare si può esser santi, e san Pietro apre le porte del Paradiso anche senza la dimissoria del Vescovo. Mi sono però informato, ed ho conosciuto che Roma qualche volta accorda ai patroni di sospendere la presentazione del nuovo rettore per sei o ctto anni, e di applicare le rendite ad un uso onesto, sopportati i pesi consueti. Io volentieri domanderò questa grazia, e cederò a voi le rendite del benefizio, ma bisogna maneggiar bene la cosa per i

miei riguardi domestici. Scrivetemi ostensibilmente nei termini suddetti, come avendo avuto questo lume da altri, e pregatemi di farvi ottenere questa piccola temporanea provvista, toccando che voi niente costate alla casa. Io sono inimico giurato di questi giri, ma mi conviene patteggiare fra il mio cuore ed il molto giudizio di mamma vostra; la quale vi ama tenerissimamente, ma crede che le vostre lettere siano una miniera d'oro, la quale vi rende inutile qualunque altro sussidio.

Giacomo si prestò al giochetto (II, 91-2); e il padre di rimando: "Del benefizio lasciatevi servire, e penserò io a tutto „. E ci pensò davvero. Pur di soccorrere il figliuolo ostinato nel non vestir l'abito ecclesiastico, quel padre vilipeso venne a transazione con la propria coscienza di credente! Gli raccomandò però il più assoluto silenzio; e la lettera del 21 aprile '26, che a noi ha rivelato l'arcano, non è stata pubblicata che di recente, e quasi di soppiatto (II, 129-130 n.). In essa Monaldo dice a sua giustificazione:

Nel foro della coscienza io sono salvo, perchè non vi do li benefizi col patto di rinunziarli, nè con veruno altro patto, anzi ve li do liberamente di cuore e con desiderio che voi li riteniate. Nel foro esterno però questa rinunzia concordata precedentemente potrebbe dar sospetto di simonia ed esporci a perdere li benefizi. Frattanto, per meglio assicurarne la conservazione, è necessario un qualche piccolo vostro sacrifizio, cioè che usiate una cravatta nera ed un soprabito modesto, sicchè nessuno possa pescare costà un documento o prova che voi vestite decisamente in abito di secolare... Appena seguita la rinunzia, voi sarete libero da qualunque impegno; ma vi ripeto che se vorrete ritenere i benefizi, io ne sarò contentissimo, e per questo la rinunzia non si farà senza altra vostra precisa commissione.... Addio, mio caro figlio, vi abbraccio e vi benedico con tutto il cuore.

A volta di corriere Giacomo rispose (II, 129):

Ringraziandola poi sinceramente e vivamente della bontà con cui ella mi ha destinati i benefizi e desidera ch'io li ritenga, le confermo la mia intenzione di rinunziarli per non portare i pesi annessi ed indispensabili.

VI.

E pare che vi rinunziasse subito; chè il 16 ottobre di quell'anno medesimo Monaldo, mortificato del non averne più spesso lettere, gli scrive con affettuoso accoramento (Lett. a G. L., 202-3):

Sono oramai quindici mesi che state fuori di casa, e avete viaggiato, e vi siete mantenuto senza il concorso mio. Dovete conoscere il mio cuore, e potete dedurne quanto dolore mi abbia arrecato il non provvedere alli vostri bisogni, o anche alli vostri piaceri; e se pure voi non avevate bisogno del mio concorso, io avevo bisogno e desiderio ardentissimo di dimostrarvi frequentemente il mio tenerissimo affetto. I tempi però veramente funesti, ma più di tutti mamma vostra che, come sapete, mi tiene non solamente in dieta, ma in un perfetto digiuno, mi hanno costretto ad un contegno, riprovato prima di tutto dal mio cuore, e poi dalla equità e quasi dalla convenienza. Nulladimeno son vivo e, quantunque alla lontana come di cosa ormai prescritta, pure ho memoria che sono il padrone di casa mia. Voi state sul tornare. Se nulla vi occorre, tanto meglio; ma se vi bisogna denaro per il viaggio, e per pagare qualche debituccio, o comunque, ditelo all'orecchio al padre e amico vostro.

"Mamma vostra „: ecco la vera nemica! E pensare: in casa Leopardi tutti si mostrarono tenerissimi per il loro amato e già famoso assente, che chiamavan carezzosamente Buccio, Muccio, Giacomuccio, Muccetto, Mucciaccio; tutti sospirano i suoi ritorni; tutti si mostrano orgogliosi della sua gloria: tutti, meno una sola persona, la madre! Tra le infinite lettere, che Giacomo conservò scrupolosamente, del padre, della sorella, dei fratelli, di Adelaide non ce n'ha che due soltanto (di altre poche righe, si fa cenno in una risposta di Giacomo del dicembre '32: II, 507); e come scolorite e laconiche! L'una è del novembre '22, e dice (Lett a G. L., 33-4):

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Caro, carissimo figlio. Molto mi ha rallegrato la vostra lettera, ma molto più quella che avete scritta al babbo da Spoleto.

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