Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Cicerone. A Colonia ammirò la tanta urbanità in città barbara, l'onesto contegno degli uomini, la studiata nettezza delle donne, e se non v'erano Virgilii, vi trovò copie di Ovidio. Gli amici il trassero ad ammirare il tramonto del Sole in riva al Reno, essendo la vigilia di san Giovanni, e un'infinità di donne ne empivano la spiaggia, senza tumulto, coronate di fiori, colle maniche rimboccate fino al gomito, andando a lavar le mani e le braccia nella corrente, e recitando versi in loro favella, e dandosi a credere che quella lustrazione le guarentisse dalle calamità minacciate nel corso dell'anno.

Traversar la famosa Ardenna non si ardiva allora senza buona scorta, tra pei ladroni, tra per le nimicizie del conte di Fiandra col duca di Brabante. Lieto fu dunque allorchè, uscendo da quei monti, rivide il bel paese e 'l dilettoso fiume del Rodano e Avignone.

Nulla però incontrava che lo facesse scontento d'esser nato italiano. La Francia ottenne da Roma i doni di Bacco e di Minerva, ma non vi si coltivano che pochi ulivi e nessun arancio; i montoni non dan buona lana; non miniere od acque termali la terra. In Fiandra bevesi idromele, in Inghilterra birra e sidro. Che dire dei climi gelati cui bagnan il Danubio, il Bog, il Tanai? ebbero matrigna la natura; quali senza legna, sicchè vi si riscaldano solo con torba, quali tristi dalle fetide esalazioni de' paludi, senz'acqua a bere; quali di erica e sterile sabbione; quali di serpi, e tigri, e lioni e liopardi. Italia sola fu prediletta dal cielo, che le largheggiò il supremo impero, gl' ingegni, le arti e principalmente la cetra, per cui i Latini trionfarono de' Greci, nè cosa le mancherebbe se Marte non nuocesse.

A Roma trova a dritto quelle donne preferirsi a tutt'altre, mercè il pudore e la modestia femminile e la virile costanza. Quanto agli uomini, son buona gente, affabili a chi li tratti con dol cezza; ma sopra un punto non intendono celia, la virtù delle mogli; e non che in ciò sieno trattabili come gli Avignonesi, han sempre in bocca questo motto d'un loro antico: «Batteteci, ma la pudicizia sia salva.» Fu meravigliato di trovarvi sì pochi mercanti ed usurai, forse perchè il commercio ne fosse sviato coll'andarsene della Corte.

D

Dappertutto facevasi a chi meglio l'onorasse, ei principi d'Italia dic' egli <con forza e preghiere cercarono ritenermi, si dolsero della » mia partita, e con impazienza estrema attendono » il mio ritorno. I Visconti lo tennero lunga stagione a Milano; nelle solenni nozze di Violanta con Lionello figlio del re d'Inghilterra, il fecero sedere coi principi, ed esso li ricambiò di lodi, e recitava l'orazione per l'inauguramento dei tre nipoti dell'arcivescovo Giovanni, quando di botto lo interruppe l'astrologo che avea riconosciuto in cielo il punto più favorevole alla cerimonia. Molto lo richiesero i Gonzaghi: Azzo di Coreggio gli mostrò tenerezza da fratello; il guerresco Paolo Malatesta, nol conoscendo, mandò un pittore a cavarne l'effigie; scontratolo poi in Milano, mai nonsapeva spiccarsi da'suoi colloqui; rotta guerra fra Carraresi e Veneti, mandogli una scorta per sicurezza. Il gran siniscalco Nicolò Acciaioli fu spesso da lui in Milano, come Pompeo da Posidonio, col capo scoperto o chinandosi per rispetto, talchè trasse le lacrime al poeta. Grandi dimostrazioni gli usò Carlo IV, che donollo d'una tazza d'oro e del titolo di conte palatino.

Quest' entusiasmo propagavasi ai minori; un vecchio cieco, maestro di grammatica in Pontre. moli, viaggio fin a Napoli per udirlo, e non trovatolo, riprese sua via disposto a cercarlo fin nelle Indie, se non che lo scontrò a Parma, e con indicibile trasporto l'abbracciava, non cessando di baciar la mano che si soavi cose avea vergato. Arrigo Capra, orafo bergamasco, beato d'aver conosciuto il Petrarca a Milano, delle immagini di esso empì sua casa, ne fe' comprar le opere e dismessa l'arte, raccolse libri, nè più conversava che coi dotti; poi tanto s' ingegno, che indusse il poeta a venir da lui; e gli fu incontro con quanti aveva eruditi nel contorno; e sebbene il podestà ei maggiorenti volessero alloggiarlo nel palazzo del Comune, il Capra lo volle a sè; ed avea dissposto sala a porpora, letto a oro, dove giurò che nessun mai avea dormito o dormirebbe; poi tali furono le dipartite, che la gente temea non impazzasse.

Cosi venerato da'letterati e dal volgo, riceve contemporaneo invito dall'università di Parigi e da Roma a ricevere la corona di poeta. A Petrarca fe' maggiore l'allegrezza il dover essere onorato con un serto di lauro, per la somiglianza di nome colla sua donna; e preferì alla città del fango quella dove aveano trionfato Pompeo e il suo Scipione. Venne dunque a Roberto di Napoli, destinato giudice del suo merito; il quale, esaminatolo tre giorni, il trovò degno del poetico alloro. La pasqua del 1341, il Petrarca, in veste di porpora donatagli da esso re, a suon di trombe e fra solenni acclamazioni sali al Campidoglio, e inginocchiatosi avanti al senatore, ne ricevette la corona, mentre un popolo infinito gridava Viva il Poeta e il Campidoglio. »

Ad Arquà, dov'egli erasi procacciata una villa per esser vicino al suo canonicato di Padova, fu trovato morto sopra un Virgilio. Avea per testamento fatto erede Francesco da Brossano suo genero; al principe Carrarese lasciò un'effigie di Maria Vergine, di man di Giotto, la cui bellezza > non si comprende dagl' ignoranti, mà empie di > maraviglia i maestri dell'arte, » e cinquanta fiorini d'oro al Boccaccio perchè se ne facesse un vestone da camera per le invernali sue veglie.

D

PARTE PRIMA

SONETTI E CANZONI

IN VITA DI MADONNA LAURA

SONETTO I.

Chiede compassione del suo stato, e confessa pentito
la vanità del suo amore.

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
Di quei sospiri ond' io nudriva il core
In sul mio primo giovenile errore,

Quand'era in parte altr'uom da quel ch'i'sono;
Del vario stile in ch'io piango e ragiono
Fra le vane speranze e'l van dolore,
Ove sia chi per prova intenda amore,
Spero trovar pietà, non che perdono.
Ma ben veggi' or sì come al popol tutto
Favola fui gran tempo; onde sovente
Di me medesmo meco mi vergogno:
E del mio vaneggiar vergogna è'l frutto,
E' pentirsi, e'l conoscer chiaramente
Che quanto piace al mondo è breve sogno.

« ÖncekiDevam »