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-SONETTO II.

Forte contro tante insidie di Amore, non potè difendersi da quest'ultima.

Per far una leggiadra sua vendetta,
E punir in un di ben mille offese,
Celatamente Amor l'arco riprese,
Com'uom ch'a nuocer luogo e tempo aspetta.
Era la mia virtute al cor ristretta,
Per far ivi e negli occhi sue difese,
Quando 'l colpo mortal laggiù discese,
Ove solea spuntarsi ogni saetta.
Però turbata nel primiero assalto,
Non ebbe tanto nè vigor nè spazio
Che potesse al bisogno prender l'arme,
Ovvero al poggio faticoso ed alto

Ritrarmi accortamente dallo strazio,
Dal qual oggi vorrebbe, e non può aitarme.

SONETTO III.

Giudica Amor vile, che lo feri in un giorno
da non doverne sospettare.

Era 'l giorno ch'al Sol si scoloraro
Per la pietà del suo Fattore i rai,
Quand' ' fui preso, e non me ne guardai,
Che i be' vosir' occhi, Donna, mi legaro.
Tempo non mi parea da far riparo
Contra colpi d'Amor: però n'andai
Secur, senza sospetto: onde i miei guai
Nel comune dolor s' incominciaro.
Trovommi Amor del tutto disarmato,

Ed aperta la via per gli occhi af core,
Che di lagrime son fatti uscio e varco.
Però, al mio parer, non gli fu onore
Ferir me di saetta in quello stato,
E a voi armata non mostrar
pur l'arco.

SONETTO IV.

Innamorato di Laura, trae argomento di lodarla dal luogo stesso dov'ella nacque.

Quel ch'infinita provvidenza ed arte
Mostrò nel suo mirabil magistero;
Che criò questo e quell'altro emispero,
E mansueto più Giove che Marte;
Venendo in terra a illuminar le carte
Ch'avean molt'anni già celato il vero,
Tolse Giovanni dalla rete e Piero,
E nel regno del Ciel fece lor parte.
Di se, nascendo, a Roma non fe grazia,
A Giudea si: tanto sovr' ogni stato
Umiltate esaltar sempre gli piacque.
Ed or di picciol borgo un Sol n'ha dato
Tal, che Natura e'l luogo si ringrazia
Onde si bella donna al mondo nacque.

SONETTO V.

Col nome stesso di Laura va ingegnosamente formando l'elogio di lei.

Quand' io movo i sospiri a chiamar voi,
E'l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s'incomincia udir di fore
Il suon de' primi dolci accenti suoi.
Vostro stato REal che'ncontro poi,
Raddoppia all'alta impresa il mio valore:
Ma, TAci, grida il fin, chè farle onore
È d'altri omeri soma che da' tuoi.
Cosi LAUdare e REverire insegna
La voce stessa, pur ch'altri vi chiami,
O d'ogni reverenza e d'onor degna:
Se non che forse Apollo si disdegna
Ch'a parlar de' suoi sempre verdi rami
Lingua mortal presuntuosa vegna.

SONETTO VI.

Viva immagine del suo amore ardente, è della onestà costante di Laura.

Si traviato è'l folle mio desio

A seguitar costei che 'n fuga è volta,
E de lacci d'Amor leggiera e sciolta
Vola dinanzi al lento correr mio;
Che, quanto richiamando più l'invio
Per la secura strada, men m'ascolta;
Nè mi vale spronarlo o dargli volta,
Ch' Amor per sua natura il fa restio.
E poi che'l fren per forza a sè raccoglie,
Ï' mi rimango in signoria di lui,

Che mal mio grado a morte mi trasporta, Sol per venir al Lauro onde si coglie Acerbo frutto, che le piaghe altrui, Gustando, affligge più, che non conforta.

SONETTO VII.

Conosce di esser incatenato più forte che augello tolto alla sua libertà.

A piè de' colli ove la bella vesta
Prese delle terrene membra pria
La Donna, che colui ch'a te ne'nvia
Spesso dal sonno lagrimando desta,`
Libere in pace passavam per questa
Vita mortal, ch'ogni animal desia,
Senza sospetto di trovar fra via
Cosa ch' al nostr' andar fosse molesta.
Ma del misero stato ove noi semo
Condotte dalla vita altra serena,

Un sol conforto, e della morte, avemo:
Che vendetta è di lui, ch' a ciò ne mena;
Lo qual in forza altrui, presso all'estremo,
Riman legato con maggior catena.

SONETTO VIII.

Cerca com'essendo Laura un Sole, ei non abbia a sentirne tutta la forza.

Quand'l pianeta che distingue l'ore,
Ad albergar col Tauro si ritorna,
Cade virtù dall' infiammate corna
Che veste il mondo di novel colore:
E non pur quel che s'apre a noi di fore,
Le rive e i colli, di fioretti adorna,
Ma dentro, dove giammai non s'aggiorna,
Gravido fa di sè'l terrestro umore;
Onde tal frutto e simile si colga.

Così costei, ch'è tra le donne un Sole,
In me, movendo de' begli occhi i rai,
Cria d'amor pensieri, atti e parole.
Ma come ch'ella gli governi o volga,
Primavera per me pur non è mai.

BALLATA I.

Accortasi Laura dell'amore di lui, gli si fece tosto più severa che prima.

Lassare il velo o per Sole o per ombra,
Donna, non vi vidio,

Poi che 'n me conosceste il gran desio Ch'ogni altra voglia d'entr' al cor mi sgombra. Mentr'io portava i be' pensier celati

C'hanno la mente desiando morta,
Vidivi di pietate ornare il volto;
Ma poi ch'Amor di me vi fece accorta,
Fur i biondi capelli allor velati,
E l'amoroso sguardo in se raccolto.
Quel ch'i' più desiava in voi, m'è tolto:
Si mi governa il velo,

Che per mia morte ed al caldo ed al gelo,
De' be' vostr' occhi il dolce lume adombra.

SONETTO IX.

Spera nel tempo, che, rendendo Laura men bella, gliela renderà più pietosa.

Se la mia vita dall'aspro tormento
Si può tanto schermire e dagli affanni,
Ch'i' veggia, per virtù degli ultim'anni,
Donna, de' be' vostr' occhi il lume spento,
E i cape' d'oro fin farsi d'argento,

E lassar le ghirlande e i verdi panni,
E'l viso scolorir, che ne'miei danni
A lamentar mi fa pauroso e lento;
Pur mi darà tanta baldanza Amore,
Ch'i'vi discovrirò, de'miei martiri
Qua'sono stati gli anni e i giorni
E se'l tempo è contrario ai be'desiri,
Non fia ch'almen non giunga al mio dolore
Alcun soccorso di tardi sospiri.

SONETTO X.

l'ore.

È lieto e contento che l'amore di Laura il sollevi al Bene sommo.

Quando fra l'altre donne ad ora ad ora
Amor vien nel bel viso di costei;
Quanto ciascuna è men bella di lei,
Tanto cresce il desio che m'innamora.
I' benedico il loco e 'l tempo e l'ora
Che si alto miraron gli occhi miei,
E dico: Anima, assai ringraziar déi
Che fosti a tanto onor degnata allora.
Da lei ti vien l'amoroso pensiero

Che, mentre'l segui, al sommo Ben t'invia,
Poco prezzando quel ch'ogni uom desia:
Da. lei vien l'animosa leggiadria

Ch' al Ciel ti scorge per destro sentiero,
Si ch'i' vo già della speranza altiero.

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