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E rimbombava tutta quella valle
D'acque e d' augelli, ed eran le sue rive
Bianche, verdi, vermiglie, perse e gialle:
Rivi correnti di fontane vive;

E'l caldo tempo, su per l'erba fresca,
E l'ombra folla e l'aure dolci estive:
Poi, quando'l verno l'aer si rinfresca,
Tepidi Soli e giochi e cibi ed ozio
Lento, ch'e' simplicetti cori invesca.
Era nella stagion che l'equinozio

Fa vincitor il giorno, e Progne riede, Con la sorella, al suo dolce negozio. O di nostra fortuna instabil fede!

In quel loco, in quel tempo ed in quell' ora
Che più largo tributo agli occhi chiede,
Trionfar volse quel che 'l volgo adora:
E vidi a qual servaggio ed a qual morte
Ed a che strazio va chi s'innamora.
Errori, sogni ed immagini smorte
Eran d'intorno al carro trionfale;
E false opinioni in su le porte;
E lubrico sperar su per le scale;

E dannoso guadagno, ed util danno;
E gradi ove più scende chi più sale;
Stanco riposo, e riposato affanno ;
Chiaro disnor, e gloria oscura e nigra;
Perfida lealtate, e fido inganno ;
Sollicito furor, e ragion pigra;

Carcer ove si vien per strade aperte,
Onde per strette a gran pena si migra;
Ratte scese all' intrar, all'uscir erte;
Dentro, confusion turbida, e mischia
Di doglie certe e d'allegrezze incerte.
Non bolli mai Vulcan, Lipari od Ischia,
Stromboli o Mongibello in tanta rabbia.
Poco ama se chi 'n tal gioco s'arrischia.
In così tenebrosa e stretta gabbia

Rinchiusi fummo; ove le penne usate
Mutai per tempo e la mia prima labbia.

Petrarca.

17

E'ntanto, pur sognando libertate,

L'alma, che 'l gran desio fea pronta e leve,
Consolai con veder le cose andate.
Rimirando, er' io fatto al Sol di neve,
Tanti spirti e si chiari in carcer tetro,
Quasi lunga pittura in tempo breve,
Che'l piè va innanzi, e l'occhio torna indietro.

TRIONFO DELLA CASTITÀ

Con queste e con alquante anime chiare
Trionfar vidi di colui che pria
Veduto avea del mondo trionfare.

Trionfo della Castilà.

CAPITOLO UNICO.

Primieramente si consola del non essere egli stato risparmiato da Amore, veggendo che non lo furono nè gl'Iddii, nè gli uomini grandissimi; e appresso si conforta dell' essere stata da lui risparmiata Laura, scorgendo che Amore non ha ciò fatto di volontà, ma per più non potere. Poi descrive l'assalto d'Amore e di Laura, dimostrando la fierezza di quello per alcune comparazioni; e racconta la vittoria avuta da Laura sopra il nemico, e la confusione di esso. Indi nomina alcune donne che assistettero al trionfo di Laura, e segna il luogo dov'ella trionfò; e narra come parimente Scipione l'accompagnasse infino a Roma al tempio della Pudicizia, al quale ella consacrò le spoglie della vittoria, e diede Amore prigione in guardia al toscano Spurina e ad altri.

Quando ad un giogo ed in un tempo quivi
Domita l'alterezza degli Dei,

E degli uomini vidi al mondo divi;
I' presi esempio de' lor stati rei,
Facendomi profitto l'altrui male
In consolar i casi e dolor miei:

Che s' io veggio d' un arco e d'uno strale
Febo percosso e'l giovine d'Abido,

L'un detto Dio, l'altr'uom puro mortale; E veggio ad un lacciuol Giunone e Dido, Ch'amor pio del suo sposo a morte spinse, Non quel d' Enea com'è'l pubblico grido; Non mi debbo doler s'altri mi vinse

Giovine, incauto, disarmato e solo.

E se la mia nemica Amor non strinse,
Non è ancor giusta assai cagion di duolo;
Che in abito il rividi ch'io ne piansi;
Si tolte gli eran l'ali e 'l gire à volo.
Non con altro romor di petto dansi

Duo leon fieri, o duo folgori ardenti,
Ch' a cielo e terra e mar dar loco fansi,
Ch'i' vidi Amor con tutti suo' argomenti
Mover contra colei di ch'io ragiono,
E lei più presta assai che fiamma o venti.
Non fan si grande e si terribil suono
Etna qualor da Encelado è più scossa,
Scilla e Cariddi quand' irate sono,
Che via maggior in su la prima mossa
Non fosse del dubbioso e grave assalto,
Ch'i' non credo ridir sappia nè possa.
Ciascun per sè si ritraeva in alto,

Per veder meglio; e l'òrror dell'impresa
I cori e gli occhi avea fatti di smalto.
Quel vincitor che prima era all'offesa,
Da man dritta lo stral, dall' altra l'arco,
E la corda all'orecchia avea già tesa.
Non corse mai sì levemente al varco
Di fuggitiva cerva un leopardo

Libero in selva, o di catene scarco,
Che non fosse stato ivi lento e tardo;
Tanto Amor venne pronto a lei ferire
Con le faville al volto ond' io tutt'ardo,
Combattea in me con la pietà il desire:
Che dolce m'era si fatta compagna;
Duro a vederla in tal modo perire,

Ma virtù che da' buon non si scompagna
Mostrò a quel punto ben com' a gran torto
Chi abbandona lei, d'altrui si lagna.
Che giammai schermidor non fu si accorto
A schifar colpo, nè nocchier si presto
A volger nave dagli scogli in porto.
Come uno schermo intrepido ed onesto
Subito ricoperse quel bel viso

Dal colpo, a chi l'attende, agro e funesto.
I'era al fin con gli occhi attento e fiso,
Sperando la vittoria ond' esser sole;
E per non esser più da lei diviso,
Come chi smisuratamente vole,

C'ha scritto, innanzi ch'a parlar cominci,
Negli occhi e nella fronte le parole,
Volea dir io: Signor mio, se tu vinci,
Legami con costei s'io ne son degno;
Ne temer che giammai mi scioglia quinci:
Quand'io 'l vidi pien d'ira e di disdegno
Si grave, ch'a ridirlo sarian vinti

Tutti i maggior, non che 'l mio basso ingegno:
Che già in fredda onestate erano estinti
I dorati suoi strali accesi in fiamma
D'amorosa beltate e'n piacer tinti.
Non ebbe mai di vero valor dramma
Camilla e l'altre andar use in battaglia
Con la sinistra sola intera mamma:
Non fu si ardente Cesare in Farsaglia
Contra'l genero suo, com'ella fue
Contra colui ch'ogni lorica smaglia.
Armate eran con lei tutte le sue

Chiare virtuti (o gloriosa schiera!) E teneansi per mano a due a due. Onestate e Vergogna alla front'èra ; Nobile par delle virtù divine,

Che fan costei sopra le donne altera; Senno e Modestia all' altre due confine; Abito con Diletto in mezzo'l core; Perseveranza e Gloria in su la fine;

Bell' Accoglienza, Accorgimento fore;
Cortesia intorno intorno a Puritate,
Timor d'infamia e sol Desio d'onore;
Pensier canuti in giovenil etate,

E (la concordia ch'è sì rara al mondo)
V'era con castità somma Beltate.

Tal venia contr' Amor, e 'n si secondo
Favor del Cielo e delle ben nate alme,
Che della vista ei non sofferse il pondo.
Mille e mille famose e care salme

Torre gli vidi, e scotergli di mano
Mille vittoriose e chiare palme.
Non fu 'l cader di subito si strano
Dopo tante vittorie ad Anniballe
Vinto alla fin dal giovine romano;
Nè giacque si smarrito nella valle
Di Terebinto quel gran Filisteo
A cui tutto Israel dava le spalle,
Al primo sasso del garzon ebreo;

Nè Ciro in Scizia, ove la vedov' orba
La gran vendetta e memorabil feo.

Com' uom ch'è sano, e'n un momento ammorba,
Che sbigottisce e duolsi; o colto in atto
Che vergogna con man dagli occhi forba;
Cotal er' egli, ed anco a peggior patto;
Che paura e dolor, vergogna ed ira
Eran nel volto suo tutti ad un tratto.
Non freme cosi'l mar quando s'adira,
Non Inarime allor che Tifeo piagne,
Non Mongibel s' Encelado sospira,
Passo qui cose gloriose e magne

Ch'io vidi e dir non oso; alla mia Donna
Vengo ed all' altre sue minor cómpagne.
Ell' avea in dosso il dì candida gonna;
Lo scudo in man che mal vide Medusa:
D'un bel diaspro era ivi una colonna,
Alla qual, d'una in mezzo Lete infusa
Catena di diamanti e di topazio,

Che s'usò fra le donne, oggi non s'usa.

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