Sayfadaki görseller
PDF
ePub

PIER DELLE VIGNE

Sulla fine del secolo XIII nacque in Capua un fanciullo cui fu posto il nome di Piero, e che poi dalla professione del padre, che vogliono fosse vignaiolo, si chiamò Pier delle Vigne. Come fu cresciuto in età, vago essendo di farsi dotto, ad onta della sua misera fortuna, si recò all'università di Bologna già fiorente per ottimi studii, ed ivi con elemosine campava la vita. Mostrò vivido e nobile ingegno negli studii delle leggi, dell'eloquenza, della poesia Di che avuto contezza Federigo II, che dei rari uomini si dilettava, lo accolse amorevolmente alla sua corte.... Ma non andò guari che i lieti onori tornarono in tristi lutti: l'invidia infiammò contro di Piero gli animi dei cortigiani, i quali, adoperando ogni astuzia per metterlo in disgrazia dell'imperatore, lo accusarono di aver disvelato i segreti di Federigo alla corte romana, e di aver congiurato perfino alla morte di lui. Piero fu perciò messo in orrido carcere, ove non potendo reggere al pensiero d'esser giudicato fellone, mentre avea portato fede al glorioso ufizio, dette della testa nel muro e si tolse la vita nell'anno 1249. Tutti conoscono questa storia pietosa, raccontata da Dante nel canto XIII dell'Inferno in un tratto di maravigliosa poesia.....

ATTO VANNUCCI.

CANZONE

Amore, in cui i' vivo, ed ho fidanza,
Di voi, bella, m' ha dato guiderdone.
Guardomi infin che venga la speranza,
Pure aspettando buon tempo e stagione,
Com' uom ch'è in mare, ed ha speme di gire,
Quando vede lo tempo, ed ello spanna,
E giammai la speranza non lo 'nganna :
Così farà, Madonna, il mio venire.
Oh potess' io venire a vo', amorosa,
Come 'I ladrone ascoso, e non paresse!
Ben mi terria in gioia avventurosa
Se Amor di tanto bene mi facesse.

I' ben parlante, donna, con voi fora, E direi come v' amai dolcemente Più che Piramo Tisbe, e lungamente I'v' ameraggio, in sin ch' i' vivo, ancora. Vostro amore mi tiene in tal disire

E donami speranza e sì gran gioi',
Che non curo, sia doglia, o sia martire,
Membrando l'ora ch'io vegno da voi.
Che s'io troppo dimoro, aulente cera,
Sarà ch' io pera, e voi mi perderete.
Adunque, bella, se ben mi volete,
Guardate ch' io non mora in vostra spera.
In vostra spera vivo, donna mia,

E lo mio core ad esso voi rimando:
Già l'ora tarda mi pare che sia,
E fino amore al vostro cor dimando.
I' guardo tempo che mi sia piacente,
E spando le mie vele in ver voi, rosa,
E prendo porto là, u' si riposa

Lo mio core allo vostro insignamente.
Mia Canzonetta, porta i tui compianti
A quella, che in balia ha lo mio core:
Tu le mie pene contale davanti,
E dille com' io moro per su' amore:
E mandami per suo messaggio a dire
Com' io conforti l'amor che le porto.
E s'io ver lei feci alcun torto,
Donimi penitenza al suo volere.

SONETTO

Però ch'Amore non si può vedere,
E non si tratta corporalemente,
Manti vi son di si folle sapere
Che credono che Amore sia neiente.
Ma poi ch' Amore si face sentere
Dentro del cor signoreggiar la gente,
Molto maggiore pregio de' avere
Che se'l vedesse visibilemente.

Per la virtute della calamita

Como lo ferro attrae non si vede,
Ma si lo tira signorevolmente.
E questa cosa a credere m'invita
Che Amore sia, e dammi grande fede
Che tuttor sia creduto fra la gente.

GUIDO GUINICELLI

[ocr errors]

Nacque in Bologna d'una famiglia chiamata de' Principi, e si sposó ad una Beatrice della Fratta, famiglia illustre in quell'epoca. Bologna, a' tempi di Guido, era divisa nelle fazioni de' Lambertazzi e de' Geremei, ghibellini i primi, guelfi i secondi. Allorchè nel 1274 i Lambertazzi dopo feroce battaglia cittadina furono costretti a lasciar la città, anche Guido fu ravvolto in quella sciagura, e do. vette abbandonare la patria, fuori della quale morì nel 1276. Dal che è chiaro che andarono errati quelli che lo dissero amico dell'Alighieri, il quale nel 1276 non avea che undici anni. Ma se Dante non gli fu amico in vita, lo amò e lo stimò dopochè fu morto, e lo tenne come il poeta più eccellente di quel tempo. Ora lo chiama nobile, ora il massimo, ora il saggio: e nel Purgatorio (Canto XXVI) incontrandolo fra i lussuriosi si volge a lui con tenero affetto, e dopo averlo chiamato il padre suo e degli altri che mai

Rime d'Amore usar dolci e leggiadre,

gli predice che i suoi dolci detti, finchè durerà l'uso moderno, Faranno cari ancora i loro inchiostri.....

ATTO VANNUCCI.

CANZONE

Al cor gentil ripara sempre Amore,
Siccome augello in selva alla verdura.
Nè fe' Amore anti che gentil core,
Nè gentil core, anti che Amor, Natura.

Che adesso com' fu il Sole,

Si tosto fue lo splendor lucente,
Nè fu davanti al Sole

E prende Amore in gentilezza loco
Così propiamente.

Come il calore in chiarità di foco.
Foco d'Amore in gentil cor s'apprende,
Come virtute in pietra preziosa;
Chè dalla stella valor non discende,
Anzi che'l Sol la faccia gentil cosa.
Poi che n'ha tratto fuore

Per sua forza lo Sol ciò che li è vile,
La stella i dà valore:

Così lo cor, ch'è fatto da natura
Schietto, puro, e gentile,

Donna, a guisa di stella, lo innamora.
Amor per tal ragion sta in cor gentile,
Per qual lo foco in cima del doppiero.
Splende allo suo diletto chiar, sottile;
Non li staria altrimenti; tant'è fero.
Così prava natura

Rincontra Amor, come fa l'acqua il foco Caldo per la freddura.

Amore in gentil cor prende rivera

Fer suo consimil loco,

Com' diamante del ferro in la miniera.

Fere lo Sol lo fango tutto 'l giorno:

Vile riman: nè il Sol perde calore.

Dice uom altier: gentil per schiatta torno: Lui sembra il fango; e'l Sol gentil valore. Che non dee dare uom fe

Che gentilezza sia fuor di coraggio

In dignità di re,

Se da virtute non ha gentil core;
Com' acqua ei porta raggio,

E il Ciel ritien la stella e lo splendore.
Splende in la intelligenzia dello Cielo
Dio creator più ch' a' nostr' occh 'l Sole.
Ella intende 'l suo fattor oltra 'l velo:
E'l Cielo a lui vogliendo obbedir, cole

E consegue al primiero

Del giusto Dio beato compimento.
Cosi dar dovria 'l vero

La bella donna, che negli occhi splende,
Del suo gentil talento

A chi amar da lei mai non disprende. Donna (Dio mi dirà), che presumisti? Sendo l'anima mia a lui davante); Lo ciel passasti, e fino a me venisti, E desti in vano amor me per sembiante. A me convien la laude,

E alla reina del reame degno,

Per cui cessa ogni fraude.

Dir gli potrò tenea d'angel sembianza
Che fosse del tuo regno;

Non mi sie fallo, s'io le posi amanza.

SONETTI

I.

Vedut'ho la lucente stella Diana,

Ch'appare anzi che 'l giorno renda albore,
Che ha preso forma di figura umana;
Sovra ogni altra mi par che dea splendore.
Viso di neve colorato in grana,

Occhi lucenti, gai e pien d' amore:
Non credo che al mondo sia Cristiana
Si piena di beltade e di valore.

Ed io dallo suo amor sono assalito
Con si fiera battaglia di sospiri,

Che avanti a lei di gir non saria ardito.
Cosi conoscess' ella i miei deşiri,
Che senza dir di lei sarei servito

Per la pietà che avrebbe de' martiri.

« ÖncekiDevam »