Gentil donzella, di pregio nomata, E ciascuna fiorisce in sua maniera III. Io vo' del ver la mia donna laudare Cui bassa orgoglio; e cui dona salute; IV. Si son io angoscioso e pien di doglia, 22 Disnaturato son come la foglia E tanto più ch'è in me secca la scoglia Si ch'io non credo mai poter gioire, Sol partire mia vita in disperanza SER NOFFO NOTAJO D'OLTRARNO Di Noffo (Arnolfo) altro non sappiamo se non che fiorì circa il 1240, fu notajo fiorentino, e prese il cognome da quella parte della città, che per essere di là d'Arno, fu detta dagli antichi Oltrarno ov'egli avea la sua abitazione. « Le sue rime, dice il Nannucci, quantunque sieno del semplice gusto di quella rozza età, hanno nondimeno assai del gentile nei pensieri, ed un colorito vivace; e sono, oltre a ciò, di scelta locuzione, più di quello che portavano gli anni, ne' quali egli fiorì. »........... CANZONE Volendo dimostrare Novellamente Amore, Per rallegrare ciascun gentil core, E perchè senza pare Fosse lo suo valore, Interamente le donò riccore Di tutto piacimento dilettoso, Che l'anima gentile, che la mira, In ciascun membro Amor vedesse scorto, E d'umiltà, che mai non l'abbandona. Lumera di splendore; Ch'a ciascun'altra sempre rende onore; Pinger si sente fore Subitamente ciaschedun dolore, Al cor che villan sia, In nulla guisa sua gran signoria, Par che aggia in oblia; Si fere ciascun, ch'altro non disia ENZO RE Nacque re Enzo d'illegittimi amori a Federigo II in Palermo l'anno 1225. Ancora non avea compiti quattordici anni e già il padre, per mire politiche, avealo congiunto in matrimonio con Adelaide o Adelasia Marchesana di Massa, vedova d'Ubaldo da Pisa, perciò erede della giudicatura di Gallura e delle Torri in Sardegna; ed aveagli dato il titolo di re di quell'Isola. Vogliono alcuni che re Enzo non si recasse mai nel suo nuovo stato: altri all'incontro opinano che, andatovi colla moglie, ne partisse indi a poco per unirsi al padre nelle sue guerre contro la Chiesa: nelle quali si segnalò con importanti conquiste nella Marca d'Ancona, per cui siccome gli altri principi svevi che presero parte alla lotta contro la Santa Sede, venne scomunicato dal pontefice.... Richiamato in Lombardia vi resse valorosamente le cose del padre, al quale fu compagno durante l'assedio di Parma e n'ebbe nome di prode soldato e capitano. Voltatosi a dar ajuto ai Ghibellini di Modena, loro fu duce contra i Bolognesi alla battaglia combattuta a Fossalta il dì 26 maggio 1249: pugnò con gran valore un'intera giornata, ma a sera ebbe perdenti le schiere, e tentando salvarsi colla fuga, cadde in mano de' nemici che trionfanti il condussero prigione a Bologna..... Alleviavangli l' acerbità della prigionia i gentili studi, dei quali, come l'imperatore suo padre, prendea diletto. Evvi pure chi crede v'avesse conforto di amorosa passione, giacchè vuolsi far discendere i Bentivogli da un figlio naturale nato a re Enzo durante la sua captività. Ma fu breve sollievo, chè indi a breve colà il colpia l'annunzio della morte del padre, della disfatta di Manfredi, del patibolo di Corradino. Ed appreso il trionfo della parte avversa e la rovina di tutti i suoi, mori, ultimo della sua valorosa ed infelice stirpe, il 15 marzo 1272 nella verde età di 47 anni. Abbiamo di questo sventurato principe alcune poesie volgari che gli valsero gli encomi del Bembo, del Trissino, del Muratori. Quantunque il suo stile si risenta della rozzezza di que' tempi, e vi si incontrino di tanto in tanto parole siciliane, pure i suoi versi alcuna volta s'accostano alla forma degli eccellenti. CANZONE S'eo trovasse pietanza Incarnata figura, Merzè le chiederia, Ch'allo meo male desse alleggiamento. E ben faria accordanza Infra la mente pura, Che'l pregar mi varria, Veggendo 'l meo umile gecchimento. E dico, ahi! lasso, spero Di trovar mercede. Certo 'I meo cor non crede: Ch'eo sono isventurato Più ch'uomo innamorato; Solo per me pietà verria crudele. Crudele e dispietata Verria per me pietate, Incontro a sua natura, Secondo ciò che mosso ha meo distino, E merzede adirata Ripiena d' impietate. I' ho cotal ventura Che pur diservo a cui servir non fino. Che gio' mi se n' accresca; Anzi mi si rinfresca Pena e dogliosa morte Ciascun giorno più forte; Und' eo perir sento lo meo sanare. Ecco pena dogliosa Che nello cor m'abbonda E spande per li membri, Si che a ciascun ne ven soverchia parte. Come nel mare l'onda : Esci di pene, e dal corpo ti parte: Ch' assai val meglio un'ora Nè ha pensamento che di ben s'apprenda. Tutti quei pensamenti Che miei spirti divisa, Sono pene e dolore Senz' allegrar, che non li s' accompagna; Ed in tanti tormenti Abbondo in mala guisa, Che 'l natural colore Tutto perdo, si'l cor si sbatte e lagna. Or si può dir da manti: Che è ciò che non si muore Poich'è segnato al core? Risponde chi lo segna, E quel momento istagna: -Non per mio ben, per nova sua virtute, La virtute, chi l'ave, D'uccidermi e guarire, |