Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[ocr errors]

Gentil donzella, di pregio nomata,
Degna di laude e di tutto l'onore,
Che par di voi non fue ancora nata,
Nè si compita di tutto valore,
Pare che in voi dimpri ogni fiata
La deità dell' alto Dio d'amore;
Di tutto compimento sete ornata,
E d'adornanza e di tutto bellore.
Che 'l vostro viso da sì gran lumera,
Che non è donna ch'aggia in sè beltade,
Che a voi davanti non s'oscuri in cera.
Per voi tutte beltà sono affinate,

E ciascuna fiorisce in sua maniera
Lo giorno, quando voi vi dimostrate.

III.

Io vo' del ver la mia donna laudare
E rassembrarla alla rosa ed al giglio;
Più che stella Diana splende e pare,
E ciò, che lassù è bello, a lei somiglio.
Verdi rivere a lei rassembro e l'a' re,
Tutti i color di fior giallo e vermiglio,
Oro ed argento; e ricche gio' preclare;
Medesmo Amor per lei raffina miglio.
Passa per via si adorna e si gentile,

Cui bassa orgoglio; e cui dona salute;
E fal di nostra Fè se non la crede.
E non le può appressar uom che sia vile:
Ancor ve ne dirò maggior virtute:
Null'uom può mal pensar finchè la vede.

IV.

Si son io angoscioso e pien di doglia,
E di molti sospiri e di rancura,
Che non posso saper quel che mi voglia,
Nè qual possa esser mai la mia ventura.
Poesie liriche

22

Disnaturato son come la foglia
Quand'è caduta dalla sua verdura:

E tanto più ch'è in me secca la scoglia
E la radice della sua natura.

Si ch'io non credo mai poter gioire,
Nè convertire mia disconfortanza
In allegranza di nessun conforto.
Soletto come tortora vo' gire,

Sol partire mia vita in disperanza
Per arroganza di così gran torto.

SER NOFFO

NOTAJO D'OLTRARNO

Di Noffo (Arnolfo) altro non sappiamo se non che fiorì circa il 1240, fu notajo fiorentino, e prese il cognome da quella parte della città, che per essere di là d'Arno, fu detta dagli antichi Oltrarno ov'egli avea la sua abitazione. « Le sue rime, dice il Nannucci, quantunque sieno del semplice gusto di quella rozza età, hanno nondimeno assai del gentile nei pensieri, ed un colorito vivace; e sono, oltre a ciò, di scelta locuzione, più di quello che portavano gli anni, ne' quali egli fiorì. »...........

CANZONE

Volendo dimostrare

Novellamente Amore,

Per rallegrare ciascun gentil core,
Nella mia donna degna fe'riposo.

E perchè senza pare

Fosse lo suo valore,

Interamente le donò riccore

Di tutto piacimento dilettoso,

Che l'anima gentile, che la mira,

In ciascun membro Amor vedesse scorto,
E di pietade sempre accompagnata

E d'umiltà, che mai non l'abbandona.
E infra le donne pare

Lumera di splendore;

Ch'a ciascun'altra sempre rende onore;
Tant'è il suo portamento grazioso.
Chi la puote affisare,

Pinger si sente fore

Subitamente ciaschedun dolore,
E di tormento ritornar gioioso.
Ma non concede questo amor gentile,
Tant'è la sua possanza,

Al cor che villan sia,

In nulla guisa sua gran signoria,
Nè 'l suo valore immaginar neente.
Chè 'n lei dimora un atto signorile
Che sempre la pietanza

Par che aggia in oblia;

Si fere ciascun, ch'altro non disia
Che gentilezza nella pura mente.

ENZO RE

Nacque re Enzo d'illegittimi amori a Federigo II in Palermo l'anno 1225. Ancora non avea compiti quattordici anni e già il padre, per mire politiche, avealo congiunto in matrimonio con Adelaide o Adelasia Marchesana di Massa, vedova d'Ubaldo da Pisa, perciò erede della giudicatura di Gallura e delle Torri in Sardegna; ed aveagli dato il titolo di re di quell'Isola. Vogliono alcuni che re Enzo non si recasse mai nel suo nuovo stato: altri all'incontro opinano che, andatovi colla moglie, ne partisse indi a poco per unirsi al padre nelle sue guerre contro la Chiesa: nelle quali si segnalò con importanti conquiste nella Marca d'Ancona, per cui siccome gli altri principi svevi che presero parte alla lotta contro la Santa Sede, venne scomunicato dal pontefice.... Richiamato in Lombardia vi resse valorosamente le cose del padre, al quale fu

compagno durante l'assedio di Parma e n'ebbe nome di prode soldato e capitano. Voltatosi a dar ajuto ai Ghibellini di Modena, loro fu duce contra i Bolognesi alla battaglia combattuta a Fossalta il dì 26 maggio 1249: pugnò con gran valore un'intera giornata, ma a sera ebbe perdenti le schiere, e tentando salvarsi colla fuga, cadde in mano de' nemici che trionfanti il condussero prigione a Bologna..... Alleviavangli l' acerbità della prigionia i gentili studi, dei quali, come l'imperatore suo padre, prendea diletto. Evvi pure chi crede v'avesse conforto di amorosa passione, giacchè vuolsi far discendere i Bentivogli da un figlio naturale nato a re Enzo durante la sua captività. Ma fu breve sollievo, chè indi a breve colà il colpia l'annunzio della morte del padre, della disfatta di Manfredi, del patibolo di Corradino. Ed appreso il trionfo della parte avversa e la rovina di tutti i suoi, mori, ultimo della sua valorosa ed infelice stirpe, il 15 marzo 1272 nella verde età di 47 anni.

Abbiamo di questo sventurato principe alcune poesie volgari che gli valsero gli encomi del Bembo, del Trissino, del Muratori. Quantunque il suo stile si risenta della rozzezza di que' tempi, e vi si incontrino di tanto in tanto parole siciliane, pure i suoi versi alcuna volta s'accostano alla forma degli eccellenti.

CANZONE

S'eo trovasse pietanza

Incarnata figura,

Merzè le chiederia,

Ch'allo meo male desse alleggiamento.

E ben faria accordanza

Infra la mente pura,

Che'l pregar mi varria,

Veggendo 'l meo umile gecchimento.

E dico, ahi! lasso, spero

Di trovar mercede.

Certo 'I meo cor non crede:

Ch'eo sono isventurato

Più ch'uomo innamorato;

Solo per me pietà verria crudele.

Crudele e dispietata

Verria per me pietate,

Incontro a sua natura,

Secondo ciò che mosso ha meo distino,

E merzede adirata

Ripiena d' impietate.

I' ho cotal ventura

Che pur diservo a cui servir non fino.
Per mio servir non veo

Che gio' mi se n' accresca;

Anzi mi si rinfresca

Pena e dogliosa morte

Ciascun giorno più forte;

Und' eo perir sento lo meo sanare.

Ecco pena dogliosa

Che nello cor m'abbonda

E spande per li membri,

Si che a ciascun ne ven soverchia parte.
Giorno non ho di posa,

Come nel mare l'onda :
Core, che non ti smembri?

Esci di pene, e dal corpo ti parte:

Ch' assai val meglio un'ora
Morir, che ognor penare,
Dacchè non puoi campare.
Uomo che vive in pene
Nè gaudio nullo invene,

Nè ha pensamento che di ben s'apprenda. Tutti quei pensamenti

Che miei spirti divisa,

Sono pene e dolore

Senz' allegrar, che non li s' accompagna;

Ed in tanti tormenti

Abbondo in mala guisa,

Che 'l natural colore

Tutto perdo, si'l cor si sbatte e lagna.

Or si può dir da manti:

Che è ciò che non si muore

Poich'è segnato al core?

Risponde chi lo segna,

E quel momento istagna:

-Non per mio ben, per nova sua virtute, La virtute, chi l'ave,

D'uccidermi e guarire,

« ÖncekiDevam »