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AI LETTORI

Sembrerà fuor di luogo, il riprodurre per la millesima volta il Canzoniere di Francesco Petrarca, di lui

Che amore nudo in Grecia e nudo in Roma
D'un velo candidissimo coprendo

Rendeva in grembo a Venere celeste;

diciamo fuor di luogo, per ciò solo che sovrabbondano le edizioni oltre al bisogno; ma non vogliamo per questa ragione privar la nostra raccolta di una delle più belle gemme della poesia italiana, e di un autore che è salutato padre della nostra lirica. Sebbene il più ardente de' nostri voti sia che la gioventù italiana si nutra di forti studi quali si addicono all'età presente, è pure ne' nostri desiderii che non cessi per questo dall'amare le grazie della lingua, poichè, se la proprietà del dire accresce perspicacità alla forma, dà pure forza ed efficacia al pensiero. E nessun poeta italiano, per tacere dell'immensa dottrina che fu l'ammirazione de' suoi contemporanei, sparse 807537

nelle sue rime più soavità di melodia, più candore di favella, più vivezza di stile, più castigatezza di pensieri e d'imagini di questo dolce di Calliope labbro, come lo chiama il Foscolo.

Al Canzoniere del Petrarca abbiam fatto seguire una scelta di rime de' più illustri fra gli autori che lo precedettero, e ch'ora servono più ch' altro alla storia della nostra lingua e della nostra letteratura, le quali esordivano con questo genere di poesia. Anteriore a tutti fu Ciullo d'Alcamo siciliano, di cui ci resta il più antico monumento della poesia italiana, cioè un componimento a botta e risposta, notevole per quell'impronta peculiare che lo diversifica dalle produzioni del tempo di Federico II. Tengono dietro Folcacchiero de' Folcacchieri, sanese, Pier delle Vigne, Federico II imperatore ed Enzo re suo figlio, che ricordano quella reggia di Palermo, ove ebbe culla la volgar poesia. Abbiamo pure raccolto le migliori liriche di fra Jacopone da Todi, da cui lo stesso Dante copiò qualche verso, dei due Guidi, cioè di Guido Guinicelli, che il gran poeta della Cristianità chiama nobile e massimo e padre suo e de' migliori che mai cantasser rime dolci e leggiadre; » e di Guido Cavalcanti che al dire dello stesso, cacciò quello di scanno, per tacere di Ser Noffo, Rinaldo d'Aquino, Jacopo da Lentino, Buonagiunta Urbiciani, Lapo Gianni, Guido delle Colonne, Dino Frescobaldi, e di quel Fra Guittone

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censurato da Dante come prosatore incolto, le cui poesie però hanno bontà di sentimento e modi incolti sì, ma abbondanti e sentiti; autori tutti che appartengono piuttosto alla grammatica che alla letteratura, e in cui è a cercare la schiettezza delle parole, anzichè l'arte del disporle, la quale dicesi stile.

Con ciò abbiamo creduto gratificarci la gioventù italiana studiosa del nostro bellissimo idioma, accompagnando le poesie degli autori anteriori al Petrarca di succosi cenni biografici dettati per lo più dal Vannucci, e di brevi note del Giudici, due critici contemporanei che più onorano la nostra letteratura.

L' EDITORE.

BREVI CENNI

SULLA VITA DI FRANCESCO PETRARCA

Francesco Petrarca figlio di Petracco e d'Eletta Canigiani esuli fiorentini, nacque in Arezzo nella notte del 19 al 20 luglio, l'anno 1304. Cominciò a studiare a Pisa, poi seguitò il padre ad Avignone, il quale lo avviò nelle scienze a Monpellieri e poi a Bologna. Ma il giovinetto agli studii del diritto preferiva la lettura di Cicerone e la compagnia di Cino da Pistoia e Cecco d'Ascoli, da'quali prese vaghezza della poesia italiana.

Scarso di patrimonio, si acconciò allo stato ecclesiastico, e i modi cortesi e il limpido ingegno lo fecero il ben arrivato alla corte pontificia in Avignone, ove ai principali prelati lo introdusse l'amicizia di Giacomo, figlio di Stefano Colonna, vescovo che fu poi di Lombez. Applicò allora tutto l'animo agli studi classici, e venuto idolatro dell'antica civiltà, fantasticava sempre i vetusti eroi e la città di Romolo e d'Augusto, in quella che i papi l'abbandonavano alle masnade dei Colonna e degli Orsini: onde applause sincero a coloro che tentarono restaurarvi il buono stato.

Benchè capace di apprezzare le bellezze dei classici, presunse di poterli raggiungere, e scrisse l'Africa, poema sul soggetto stesso di Silio Italico; anzi un lungo frammento di questo v'inserì; ciò che diede ragione d'accusarlo supponesse pos sedere l'unico esemplare, nè mai sorgerebbe al

Petrarca.

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