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Egli dubitava di riferire il « lei » del verso 46 dell'ultimo verso della tornata e della canzone all'altra donna; io m'accorsi che « nella canzone Sordello dice: lei de cui chan, de-llei... a qui m'autrei, ab lei qui 'm fai languir per indicare sa domna diversa dalla contessa di Rodez ». Si tratta di disinvoltura maravigliosa o di acutezza di vista? L'altro dubbio, il primo, doveva direttamente guidar lui, come guidò ine, a negare l'amore di Sordello per la contessa di Rodez. Appunto perché il trovatore stimava, riveriva, venerava la contessa di Rodez, poté permettersi di far sapere al popolo e al comune che, pure rispettandola e onorandola, egli amava un'altra. Sordello, nella seconda parte della tornata, dice semplicemente : « La contessa non mi deve voler male se io amo e pregio senza confronti quella, di cui sono vassallo ». Alla contessa, non chiede « pérdono di amarla e pregiarla »; l'amore e il pregio suo sono per quell'altra.

Di questo << procedere » il De Lollis non seppe e non ha ancora saputo « trovare altro esempio nella lirica trovadorica ». Si consoli, si conforti, si rallegri ; esempi non mancano, chi li voglia cercare, ed io ne ho almeno due da esibirgli. Mi offre il primo Gui d'Uisel (Ges de chantor):

Dompna Alazaitz, tant vos fasetz lausar

a tot lo mon c'a mi non cal parlar;
mas ia dieus no'm don ben d'amor
s'ieu non am plus bella e meillor.

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Ecco Gui complimentar donna Alazaitz mettendole innanzi il suo amore per un'altra. Il secondo esempio m' è offerto da Sordello sí, da Sordello nella tornata della canzone Tos temps (XXVII). L'editore poco avveduto la stampò nel << libro cosí :

La valens dona s'enansa

de mi son ab tal valor,

qu'entre nos viu ses eguanza

de fin pretz, a laus dels presatz,

salvan s'onor de lieys cuy mi sui datz;

valutò de mi son eguale « a per opera del mio suono >> ; rimandò al Diez << per de designante mezzo e strumento ». Che serve aprire la Grammatica del Diez, della quinta edizione per l'appunto? Non vi si troverebbe la giustificazione di mi innanzi a son genitivo. Altro è mi son, altro midons. Per opera del suono solo s' innalzava, s'esaltava la donna valente, senza il concorso del motto? Ahime! Tutto intento a seguire, con gli occhi dell'imaginazione, le evanescenti forme di donne, che Sordello non amò mai, il De Lollis non fiutò qui, né rintracciò una donna realmente vissuta, una signora, una castellana in carne ed ossa, da Sordello veramente cantata. Leggasi :

La valens dona s'enansa

de Mison,

<< di MISON »>, castello non lontano da Sisteron nelle Basses Alpes, alla destra della Durance, appartenente nella prima metà del secolo XIII ai Mévouillon; e si capirà alla

prima che bisogna tradurre : « La valente donna di Mison s'innalza con tal valore, che tra noi non ha eguali in pregio fine, a parer dei pregiati, salvando l'onore di quella, a cui mi sono dato », quella bella lontana, che ha ispirato la canzone. Chi fu la valente donna di Mison? Nel 1239 Bertrando di Mévouillon signore di Mison e Beatrice sua moglie maritarono la figliuola Galburga a Guglielmo del Balzo figlio di Guglielmo II d'Orange. Morto Bertrando, Beatrice ereditò da lui; Galburga, vedova di Guglielmo, fu poi signora di Mison sino al 1264, quando vendé il castello e il resto a Carlo d'Angiò. Sordello cantò, dunque, o Beatrice o Galburga di Mison, piuttosto la prima che non la seconda. E perché le lodi alla donna di Mison (La valens dona s'enansa De Mison ab tal valor, Qu'entre nos viu ses eguansa De fin pretz) sono, su per giú, quelle tributate, con quasi le stesse parole, a Guida di Rodez (La comtessa valenz q'a prez prezan.... quar ylh viu ses eguansa De mantener dompney), con la stessa riserva rispetto alla fedeltà del poeta, che ha dato il suo cuore ad un'altra, conchiuderemo: Sordello non amò nessuna delle due.

in

Dalla tenzone con P. Guglielmo, Sordello apparisce innamorato di una contessa amata da Blacas. Invece di Guida di Rodez ho provato or ora, e, spero, inconfutabilmente che non m'ingannavo, questa contessa riconobbi Beatrice di Savoia, moglie di Raimondo Berlinghieri conte di Provenza, della quale Blacas si confessò amante riamato in una cobbola di risposta a Folchetto di Romans. È da vedere come il De Lollis s'industrii a togliermi il merito di questa osservazioncella. Egli, si vanta, aveva già segnalato le due cobbole. Vero, né io lo tacqui: « Pare impossibile, eppure il De Lollis non s'è accorto della luce, che su questo problema gettano documenti eloquentissimi, irrefutabili, uno dei quali ricordato da lui, da lu riassunto » ossía, non si è accorto che « la bella, che « tratteneva Blacas » in Provenza, fu quella contessa, che anche Sordello osò di amare. Ma non è vero che delle due cobbole io non avessi avuto notizia prima di leggere il « libro ». Chi sa quante volte m'erano passate sott'occhio nelle Gedichte del Mahn, nel Canzoniere H e, recentissimamente, nel volumetto del Zenker, che egli non conosceva ancora quando io glielo mostrai! A me << parve difficile che il vecchio cavaliere, già sull'orlo della tomba, nel 1235, nell'anno in cui Guida si maritò, si fosse messo a importunare una fanciulla, a « farle la ruota intorno ». Che ti fa egli? Sopprime l'ultima frase tra virgolette, che é sua, per poter esclamare serenamente: «Ma che importunare! Di questo non si sarebbe mai trattato né con fanciulle né con matrone! »>

' BARTHÉLEMY, Inventaire cit., 281: « 1239, 1.er novembre. Bertrand de Mévouillon, seigneur de Mison, donne sa fille Galburge en mariage à Guillaume de Baux.... Il reconnait à Béatrice sa femme, 10 mille sous de viennois de sa dot, etc. qui seront assignés sur tous ses biens, et spécialement sur le château de Mison et ses dépendances, desquels elle jouira sa vie durant.... Béatrice, mére de Galburge approuve cet acte de donation. Acte au chateau de Mison, etc. » 494: « 1264, 29 novembre. Galburge, dame de Mison, fille de feu Bertrand de Mévouillon et veuve de Guillaume de Baux III, co-prince d'Orange, voulant être agréable à Charles d'Anjou et à son épouse Béatrix, fait donation.... des droits qu'elle possède sur les chateau, ville et territoire de Mison, etc. » 495: « 1264, 5 décembre. Bertrand Raimbaud procureur de Galburge de Mévouillon, veuve, etc. vend à Charles d'Anjou et à la comtesse Béatrix la chateau et territoire de Mison pour le prix de 2000 livres tournois, etc. »

E soggiunge: << Mettiam pure che l'esser Blacas sceso nella tomba poco dopo il 1235 voglia dire che fosse intorno a quell'anno sull'orlo della medesima », omettendo di aver egli asserito che l'ottantina doveva aver sorpassato Blacas quando, tra il 1230 e il 1235, « faceva la ruota intorno » a Guida di Rodez.' Tenta scemar peso e valore alla dichiarazione di Blacas :

ben o sapchatz

qu'eu sui amatz

et am ses cor vaire leis en cui, ecc.

<< Complimento », « galantería », « intendenza », cosa affatto innocua. Ma a Folchetto, che usa la parola entendenza, Blacas risponde chiaro e preciso: «Io sono amato ». E sentenzia: da questa risposta «< considerata in sé » non risulta « che Beatrice fu l'unico, grande amore di Blacas, sí da non consentirgli di intendere in altra donna ». Chi ha mai affermato che risulti? Io no, mai. Le mie parole: « E il signor Blacasso, che l'ama da tanti anni? Che, nell'amore di lei, s'è fatto vecchio? » parafrasano quelle di P. Guglielmo :

e cujatz anz esser sos drutz

q'en Blacatz q'es per leis canutz.

E ci esorta a star bene attenti: «Falchetto.... si badi, vuol sapere se è vero quel che non ha molto la contessa medesima gli disse, che cioè egli, Blacas, intendeva in lei, giorni prima, settimane prima ». Già; ma Blacas risponde: io sono amato ed amo; amo, modo indicativo, tempo presente. E vuol poi far parere « inverosimile che Peire Guillem dell'amore di Blacas per Beatrice parlasse come di cosa risaputa da tutti da un pezzo, e ne parlasse invece contemporaneamente Falchetto come di cosa ch'egli ha recentemente appresa, e dalla bocca di Beatrice stessa ». Inverosimile! Quando tutti sanno, ne cianciano e ne ridono, che la moglie gli fa le fusa torte, il povero marito lo ignora e se ne vive contento nella sua tranquillità. Tutti da un pezzo potevan sapere, sapevano dell'amore di Blacas per Beatrice, quando Folchetto forse tornato allora da uno dei suoi viaggi in Italia, dalla corte imperiale apprese dalla bocca di Beatrice stessa la notizia, Blacas non andò alla crociata del 1228; rimase tra il mare e la Durance, vicino alla bella contessa, e poté continuare a vagheggiarla fino al giorno, in cui P. Guglielmo domandò se fosse vero ciò, che tutti ripetevano e commentavano scherzosamente, che Sordello fosse andato in Provenza, << alla corte di Raimondo Berlinghieri », a bella posta, per amore della contessa Beatrice, di colei, che Blacas amava da tanto tempo. Certo, prima della crociata del 1228 furono composte le cobbole di Folchetto e di Blacas; ma se a me parve probabile che Sordello fosse andato in Provenza già prima del 1229, non dissi che fu alla

'Alla frase di P. Gugliemo; « en Blacatz q'es per leis canutz », il De Lollis aggiunse nel « libro » (p. 37, n. 1): « e del vecchio falcone gli dà Bonafé », come se Blacas avesse tenzonato con Bonafé nella tarda vecchiezza. Del resto, il giullare derideva non gli amori, ma la povertà del cavaliere, « carico di guai più d'un vecchio falcone laniero ».

corte di Raimondo Berlinghieri, venendo direttamente dall'Italia, via Gap, prima del 1229. La Provenza, m'insegna il De Lollis, cominciava a Gap e finiva al mare, e molte altre corti piccole e piccolissime conteneva, oltre quella di Raimondo, tra il mare, i monti e la Durance.

Vinto dalla luce de' particolari, che io raccolsi e misi a riscontro, non nega che << in Beatrice di Provenza s'intese Blacas in vita»; ma pretenderebbe « in Beatrice.... al pari che in Guida di Rodez » perché Bertran de Lamanon, nella « parodía» del pianto di Sordello, ripartí il cuore di Blacas alle dame « di cui egli (Blacas) fu desioso, e la quinta di esse dame è per l'appunto una Guida de Rodez ». Non m' indugerò a discutere se una « parodía » possa far le parti di documento veritiero e credibile « di eloquenza squillante »; non a decidere se desiderare e amare sieno la stessa cosa, se, in altre parole, Pertrando volle significare che Blacas aveva amato tutte quelle otto donne, quando scrisse che Blacas n'« er' enueyos ». Noto, e mi basta: due sole, tra le otto, assicura Bertrando aver amate e cantate Blacas, la contessa di Provenza e la dama di Béarn. La contessa deve per la prima prender del cuore del morto cavaliere e« serbarne per fino amore »; la dama di Béarn ne deve súbito dopo prendere per consolarsi del dolore provato alla morte di lui « perché sempre egli esaltò il pregio e il valore di lei ». Tutte le altre ne prendano per i loro meriti o pregi personali, veri o imaginati dalla cortesía di Bertrando ne prenda con le altre, come le altre, Guida di Rodez, « perché fa gradire il suo pregio ai valenti e le piace tutto, ch'è bene; lo custodisca bene e gentilmente, come le conviene, giacché, quantunque ella valga molto, ne (per questa custodia del pezzo di cuore) avrà sempre accresciuto il valore »>. Eloquenza squillante dei documenti! Ora confesserò, picchiandomi il petto: « sí, Blacas.... con Sordello venne a trovarsi in rivalità » per Guida di Rodez.

Saltar sopra alle restrizioni, non tener conto degli incisi esprimenti incertezze e dubbi, passar la spugna sulle mezze tinte è abitudine del De Lollis, della quale lascio volentieri ad altri il giudizio. Io scrissi : « Chi volesse sottilizzare, direbbe Agradiva, colei che piace, quasi sinonimo di Beatrice, colei che bea, che ci rende beati ». Egli tralascia la prima frase; voglio credere l'abbia fatto perché ricordava che sottilizzando era giunto a trovare nella parola Restaur un secondo segnale della contessa di Rodez, «< il più conveniente quando (Sordello), riavendosi dai disinganni d'un altro amore, incominciava a ristorarsi in questo nuovo, ecc. ». Non mi confuta questa volta; ma ricorre al comodo mezzo dei punti esclamativi quando riferisce la mia conclusione: << Cancelliamo, e senza rimorsi, il nome di Guida di Rodez dal numero delle donne di Sordello; in sua vece scriviamoci senza scrupolo quello di Beatrice di Provenza, a mala pena velato dallo pseudonimo di Agradiva ». Perché? Dante Alighieri non fu primo a vedere la rispondenza del nome Beatrice alla bellezza e alle virtú di una donna,che lo portava. Re ac nomine Beatrix fu l'elogio di Beatrice d'Este nella cronaca del Monaco Padovano, molto prima che Dante componesse la Vita Nuova.'

• Cavedoni, Delle accoglienze e degli onori ch'ebbero i Trovatori provenzali alla Corte dei Marhesi d'Este nel secolo XIII (Mem. della r. Accad. di Modena, II, 1858, p. 285) che cita anche l'antico scrittore della vita della B. Beatrice: filiam elegantem, gratia et nomine Beatricem ».

XIV.

Il miglior capitolo del mio studio, modestia a parte, dev'essere il quarto: infatti,
sopra di esso ha piú rabbiosamente esercitato le forbici il De Lollis, di esso piú s'è
affaticato ad alterare la lettera e lo spirito.

Assegnando la data del 1238 al serventese Puois nom tenc (IV) egli commise uno
sbaglio, e lo commise perché « non sentí le punte dell' ironía ». Lui sbagliare ?
Giammai.

il De Lollis, pur sapendo che della lezione dell'ultimo versɔ << siamo tutt'altro
che sicuri», intendeva e intende che al re d'Aragona si rimproverasse di aver nuova-
mente perduta Millau, bravamente ripresagli da Raimondo ». Se questo è il senso esatto,
perché gient, bravamente, sarebbe ironico? Giacomo I fa un colpo di mano » e
s' impadronisce di Millau ; Raimondo VII la « riconquista súbito dopo », e il trovatore con-
sidererebbe per ironía avvenuta la riconquista bravamente? Ma se voleva rimpro-

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