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Dopo cosí gravi sventure, la desolata città avrebbe avuto tutto il diritto di esser lasciata in pace, almeno per qualche anno, ma ecco di nuovo Perugia approfittare della debolezza dei Nocerini per risottomettere prima Gualdo - un tempo da questi dipendente ed ora amica fedele il 1° febbraio del 1251; l'atto di sottomissione è davvero umiliante, perché Perugia: « cives recipit et castrum et homines Gualdi et jura eorum et que nunc habent et in antea habituri sint >>.

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Assoggettato Gualdo, vien súbito la volta di Nocera, alla quale si lasciò appena il tempo di restaurare le mura, perché, poco dopo il 1254, « patí gran danni dalle parti ghibellina imperiale e guelfa ecclesiastica, che a gara volevano tiranneggiar la città. L'anno 1294 cento soldati a cavallo di Perugia dannificarono il territorio di Nocera.... ».

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Ma neppure colla fine del sec. XIII ebbero termine le persecuzioni di Perugia contro le due desolate città; poiché, il governo diretto di quella e l'indiretto della Curia avignonese sembra che fossero tutt'altro che miti.'

Possediamo, oltre a quel che si disse del sec. XIII, documenti di fede non dubbia, anteriori al 1321, che provano luminosamente quanto affermiamo.

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Nel 1318, ad esempio, il Rettore del Ducato di Spoleto, Rinaldo da Sant'Artemia, scrive: « dedi et solvi in nuntiis, qui iverunt ad Gualdum Nucerii cum licteris pro agravando eos de inobedientia, quam inceperant facere ».' Il dissidio colla Curial fu dato poi a comporre ai dottori perugini, e, in questo modo, si può dire che Gualdo cadesse dalla padella nella brace, perché ognuno comprende facilmente come, data la

'Cfr. M. FALOCI-PULIGNANI, Miscellanea cit., in Archivio cit., p. 684.

' Cfr. L. JACOBILLI, op. cit., pagg. 18-19.

'Del governo di Perugia parleremo in séguito; quanto al pontificio di questo tempo basti l'autorità insospettabile del CANTÚ: « Il potere pontificio, esteso di nome, era scarso di fatto in Italia. I Romani voleansi reggere a loro modo: i vicari papali colla rapacità disgustarono i sudditi in guisa che ottanta città dello Stato ecclesiastico, sollecitate dai Fiorentini, sollevaronsi.... >; cfr. Storia universale, Torino, 1857, tom. VII, epoca XIII, P. I, lib. XIII, cap. XIII, pag. 245.

Cfr. L. FUMI, I Registri cit., in Archivio cit., in Bollett. cit., pag. cit.: (Arch. segreto Vaticano Cam. Apost.) « Ducatus Spoletanus introitus et exitus, n. 90. Rector Raynaldi de Sancta Arthemia canon. Petrogoricen. duc. Spolet. in spirit. et temp. Rect. p. S. R. E. generalis per me Johan. de Amelio canon. Licthefelden. eiusdem ducatus thesaurarium per eandem R. E. constitutum.... 1318 ».

' Cfr. L. FUMI, Registri cit., in Bollett. cit., fasc. cit., pag. cit. Lo stesso FUMI, Eretici e ribelli nell' Umbria, dal 1320 al '30, in Bollett. cit., anno IV (1898), fasc. II, p. 222, cosí parla delle decime di sei anni che Nocera dové pagare nell'aprile del 1319; la somma ammontava a L. 8663, sol. 11, den. 8: « Il Vescovo di Nocera mandò in Assisi.... per richiedere la decima già da lui depositata; si disse anche del trattamento che incontrarono i suoi da Muzio. I dettagli dei malcapitati son riferiti dal p. EHRLE di su il doc. Vat. d. Miscellanea, 21 ott. 1321, vedi Archiv.... a petizione del Marchese della Marca, m. Pietro da Terni si recò a Nocera, a Gualdo, a Sassoferrato a sequestrare le rendite del Vescovo predetto.... Nelle comuni (t. XIV, par. II, c. 428, 7 id. julii, an. V) è un mandato per informazioni sulla spogliazione della sacrestia per la decima di Nocera ».

inimicizia grande della Città del Grifone verso quei poveri paesi, avrà essa adoperato, senza dubbio, tutti i suoi mezzi perché Gualdo avesse la peggio. Affinché il lettore si faccia un concetto chiaro del come i Perugini trattarono Nocera nel conchiudere, il 18 febbraio 1318, una pace che può dirsi ignominiosa, dopo lunga ed aspra lotta, ecco alcune condizioni degli « Ordinamenta facta super pace et reconciliatone civitatis Nucerii [Annal. Decemvir, c. 9]: 11... Item quod quilibet de dicta civitate Nucerii teneatur et debeat dicto Bernardino potestati, prioribus artium, aliis officialibus civitatis Perusii ac etiam ambasiatoribus, qui cum prioribus erunt ad pacem faciendam, parere et obedire in pace facienda et in parentelis et matrimoniis contrahendis, et dotibus promictendis et solvendis ac iniuriarum et offensionum remissionibus faciendis; et quicumque contrafecerit, vel non obediret eisdem in predictis, possit contra per predictos procedi ex officio summarie.... et de facto puniri in persona et bonis, et destrutione bonorum ». Le vessazioni, che Perugia esercitava sulle città, a lei sottomesse, dovevano certamente esser grandi, perché, appena capitò loro l'occasione, cercarono liberarsi dalla mala signoría. Difatti, nel 1320, la patria di s. Francesco diede per prima il segnale della ribellione, per opera di Muzio di Francesco, alleato di Federico da Montefeltro e del ghibellino vescovo di Arezzo.'

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Allora << seicento cavalieri spediti da Muzio sollecitamente da Assisi, dove erangli stati mandati dalla Marca.... dal Montefeltro.... arrivaron piú presto degli aiuti guelfi da Perugia.... Favorí anche Nocera dove i Ghibellini rientrarono, cacciandone il podestà, fatto da loro prigione, Cuco Baglioni, che vi era per il Comune di Perugia. Fu sentita l'offesa dai Perugini, che, eccitati dal Papa, insieme agli Orvietani, Senesi, Gubbini, Camerinesi e Folignati deliberarono muovere sopra Assisi e ritoglierla dalle mani di Muzio ». Assisi seguitò, finché poté, ad opporre una eroica resistenza, e soltanto pochi mesi dopo la morte di Dante, vale a dire il marzo del 1322, fu costretta ad arrendersi."

Nella narrazione di questi avvenimenti ho omessa una circostanza di fatto da non trascurarsi per chi vuol rendersi ragione dei sentimenti dell'Alighieri in relazione alle

Cfr. L. C. AMONI, Il profeta del sec. XIV, o il b. Tommaso Unzio e il suo tempo, Assisi, Sensi, 1887, p. 272, n. I.

Cfr. L. FUMI, art. cit., in Bollett. cit., anno III (1897), fasc. II, p. 272; cfr., per codesta lotta tra i Ghibellini di Nocera e i Guelfi di Perugia, vedi GRAZIANI, Cronaca, ecc. in Archivio storico ital., P. II, vol. XVI, p. 88 [anno 1320]. « ....i Ghibellini di Nocera, ....avendo, per tradimento col favor degli Ascisciani pigliato Nocera e cacciatone i Guelfi, fer prigione il podestà che v'era per lo Comune di Perugia, che era Cucco di m. Gualfreduccio Baglioni; onde i Perugini sdegnati, fero esercito sopra gli Ascisciani, et assediaro l'isola Romanesca, castello di Ascesi oggi detta la Bastía, e pigliatola la scaricarono, e portarono a Perugia le reliquie di s. Corrado, che erano quivi; non guardando che, ancor ch'essi avevano pigliato il borgo, il castello s'era loro reso a patti ».

Cfr. A. CRISTOFANI, Della storia d'Asisi, ivi, Dom. Sensi, 1866, p. 125; egli cosí narra, a p. 124 della sua storia: « La cacciata dei Guelfi dalla città nostra [Asisi] riconfortò i Ghibellini delle terre circostanti e li mosse a provar loro ventura cogli avversari in sino allora

lotte, che le città ghibelline dell'Umbria sostenevano contro la guelfa Perugia; bisogna dire, adunque, che le milizie perugine erano guidate da Cante de' Gabrielli di Gubbio, il quale, per un semestre del 1320, fu capitano generale di queste.'

Poteva l'infelice Alighieri aver dimenticato, durante il triste periodo dell'esilio, colui che ne era stata la causa, quando ladro il dannava e baratiero? Anche prescin

oltra-potenti. Spoleto fu prima a sentirne lo scoppio. Levatosi il rumore, vennero alle mani Ghibellini e Guelfi e conosciutisi pari di forze, mandarono aiuto di genti, quegli in Asisi, questi a Perugia.... E poco dopo raccozzatisi i Ghibellini fuorusciti di Nocera, ricuperarono cogli aiuti di Asisi, anch'essi la patria. Ciò seppe grave a Perugia e crebbe l'odio verso Asisi ». Cfr. A. CRISTOFANI, op. cit., p. 125. L'Amoni ha avuto certamente il merito di essere stato il primo a trattare ampiamente la questione del greve giogo, nel suo significato storico, ed io mi valgo di lui, soltanto quando cita le fonti da cui attinge, poiché spesso narra, senza addurre testimonianze di sorta, ovvero dicendo vagamente che « i documenti sono presi dagli istorici perugini e da manoscritti e pergamene che si conservano nell'Archivio comunale di detta città » (p. 265); talora poi le citaz. sono anche errate; cfr. sul libro il giusto e severo giudizio di G. MAZZATINTI, in Il Propugnatore, tom. XV, P. II, disp. 4a e 5a, p. 3, n. 1, Bologna, 1882; cfr. in proposito anche M. FALOCI-PULIGnani, Le profezie del b. Tommasuccio, Foligno, F. Campitelli, 1887, p. 2, n. 2; ciò non ostante, il libro essendo omai molto raro, ho creduto cosa utile ed opportuna il riprodurre qui il sunto storico delle relazioni che, in quegli anni, passarono tra Nocera e Perugia (pp. 268-'74): « Risorgeva appena dalle sue ruine Nocera che Perugia ne meditava nuova strage, mentre che il castello del Poggio di detta città faceva sua sottomissione. Il 1268 era insorta non so quale differenza con m. Ranieri della Rocca, e con altri nobili cittadini di Perugia. Il podestà e capitano di questa ingiungono a Nocerini che mandino loro sindaci con facoltà di poter definire la controversia. Vi ripugnano questi, né si dànno cura di mandare alcuno. La loro causa si propone in consiglio, che iroso delibera si mandino genti a lor danno, e si proibisce a Foligno, Camerino e a tutti gli altri vicini popoli di dare loro né favore ed aiuto ».

<< Perugia si risente solo quando altri vuol strapparle dalle unghie la preda, e allora esercita il suo protettorato. Foligno e Nocera erano infra di loro nemiche. Ambasciatori da Perugia s'adoprano in guisa che la pace sembra restituirsi, assicurandosi che da nessuna parte si sarebbero fatte cavalcate, proibendo anzi ai Folignati di mandare a Nocera e Montefalco cavalli o fanti a' lor danni. Gualdo, detto G. da Nocera per distinguerlo da G. di Catania, edificato nel 1237 nel luogo ove ora si trova, e che anch'esso ebbe favori da Federigo II, volle esperimentare nel 1293 come si piangesse per greve giogo e si diede a Perugia con obbligo di mandare per s. Ercolano un pallio di seta in ricognizione di dominio, ricevere il potestà che da Perugia fosse mandato, pagare balzelli, concorrere con genti ed armi ad ogni bisogno o dimanda, eccettuatene però sempre le ragioni di S. Chiesa ».

<< Nel 1294 i magistrati perugini imposero al Comune di Nocera che più non molestasse i Signori di Salmaregia, i quali erano cittadini perugini. Più volte mandarono intimazioni e proteste a comparire dinanzi al lor podestà. I nostri indugiano, e i Perugini si mostrano inesorabili. Poiché giuntivi gli ambasciatori per imporsi e domandare pérdono, ne furono respinti, anzi fu ordinato al podestà di condannarli in diecimila monete di argento, e per nemici della città di Perugia pubblicarli; né paghi di questo vollero che come tali fossero dichiarati per le città e terre vicine, affinché fossero dal loro commercio tolti, e di súbito si venisse alla esecuzione della pena ».

« Il 1295 era podestà di Perugia m. Giacomo Ranaldi, senese, e i magistrati perugini forzati da un ordine del consiglio, mandano a' danni di Nocera preso sempre motivo dalle molestie fatte al castello di Salmaregia cento cavalieri, ciascun de' quali avea due cavalli e un ronzino, con la scorta del podestà. Non si legge nella memoria qual esito avesse la guerra ».

dendo da qualunque considerazione politica, è ammissibile che in Dante, anima fiera e sdegnosa, fosse venuta meno l'ira contro il Podestà eugubino, ed egli non accompagnasse piuttosto coi voti piú fervidi la vittoria e il trionfo delle città umbre, lottanti contro l'esecrato Capitano della guelfa Perugia, quasi sempre alleata di Firenze?

<< Il settembre 1304, i Gualdesi si querelarono di Fabriano contro cui si delibera in consiglio di mandare l'esercito, nel medesimo tempo che altro esercito si prepara contro Nocera. Questa giustamente e grandemente opponevasi alla edificazione di un castello, ordinato da magistrati per soddisfare ad alcuni dei principali di quel territorio. Cotanta prepotenza andò alle orecchie del Papa b. Benedetto XI, che dissero morto di veleno in Perugia. Comandò questi a' Perugini desistessero dall'opera, anzi che quanto aveano di già edificato, nel breve giro di nove giorni, fosse gettato a terra, sotto pena di diecimila marche di argento. Il comando del santo pontefice è spregiato, e il consiglio ordina che s'intimi al Comune di Nocera di mandare un Sindaco a Perugia con amplo mandato e con dieci cittadini dei principali. Non comparendo costoro, si proseguisse la fabbrica del castello, non ostante la proibizione del Papa. Eletto in Perugia Clemente V, per la morte del b. Benedetto XI, d'ordine de' magistrati, è richiamato l'esercito da Nocera, la quale, al dire delle memorie umbre, per alcune disobbedienze avea provocata l'ira di quel popolo. Ma breve riposo ebbero i soldati, poiché m. Enrico Berarducci, podestà di Perugia, vuol muovere nuovamente contro Nocera. Giunge co' suoi in Foligno ».

<< I Folignati si sollevano, e discacciano Corrado Trinci, che s'era fatto tiranno. Nocera per le vanità di Foligno, o per altra ragione, manda gran numero de' suoi cittadini a Perugia; si promette obbedienza e questa volta se ne ottenne perdono. Da detto tempo Nocera sembrò mostrarsi fedele e devota. Il consiglio perugino volle premiarla e stabili (1310) che a' suoi ministri, in avvenire, dovesse pagare cinquanta mila libre di denaro, mentre per l' innanzi ne avea pagato ogni anno centomila, a condizione che dovesse soddisfare tutte le collette delle quali fosse debitrice infino allora. Il 1312 s'ordina dal consiglio un nuovo catasto e che Nocera e Gualdo si astringessero a pagare tutte le imposizioni che s'erano messe nella città, e che, non pagando, si procedesse co' rigori della giustizia. Parve questo troppo grave peso a Nocera, essendo dalle guerre intestine cosi malconcia, che era lo stato suo miserabile. I lamenti e il pianto sono rappresentati dal podestà di Perugia, residente in Nocera, ch' era m. Ugolino di m. Giovanni, il quale fece istanza che si liberasse Nocera di quel carico. Le fu fatta grazia, che, di cento mila libbre, dovesse, per l'avvenire, pagarne, ogni anno, quaranta mila ».

<< Però entro le mura della stessa città i contrari partiti s'insidiavan a vicenda. Il 1318 vengono dalla Comunità di Nocera spediti due religiosi a' magistrati perugini, pregandoli di consenso de' Ghibellini che v'erano, a contentarsi, per quiete della città, di mandare a governarli o m. Filippo Rigazzini, conte di Coccorano, o Bernardino conte di Marsciano, o m. Bandino Vincioli; perché essi sarebbero venuti ad ogni composizione ed accordo che fosse stato loro ordinato da qualunque dei tre gentiluomini si mandasse. Piacque ai signori mandarvi il conte Bernardino, e la comunità di Nocera mandò alcuni suoi cittadini per istatichi, per infino a tanto che il negozio loro si terminasse. La pace fu conclusa ; ma qual pace! I Nocerini doveano ubbidire al podestà nell'atto il più libero dell'uomo, cioè nel contrarre i matrimoni, sponsali e perfino nella condonazione delle ingiurie. Veramente questo peso era insopportabile, né fa meraviglia se si procurava di scuoterlo, come di fatto nuovamente avvenne, poiché i Ghibellini di Nocera, prese le armi, cacciarono i Guelfi e, fatto prigione il conte Bernardino, il rimandarono a Perugia. Feolo di Libretto, magistrato della sua patria, sdegnato di cotanta alterezza, mandò súbito tutti i soldati pagati, ch'erano in Perugia, molti della città e del contado, ordinando che vi si trattenesse, infino a che non vi si mandava l'esercito. Se ne vuole súbito prov. vedere, mandando ambasciatori in diverse città e terre vicine, molto adirato contro Federico da Montefeltro, duca d'Urbino, col favore di cui aveano i Ghibellini prese le armi ».

Si noti poi anche una circostanza topografica, la quale dovea facilitare all'ospite dei Polentani la conoscenza degli avvenimenti, che si svolgevano nell'Umbria. Nocera e Gualdo, come tutti sanno, sorgono, a breve distanza l'una dall'altra, sulla via Flaminia, frequentatissima anche in quel tempo dai viaggiatori di Romagna che, lasciata la via Emilia o quella litoranea, la quale da Ravenna conduce a Rimini, doveano portarsi a Roma; non solo, ma l'alleanza di Muzio di Francesco con Federico da Montefeltro e col Vescovo di Arezzo, a cui già accennammo, rendeva Assisi « forte del concorso di tutti i piú caldi Ghibellini della Marca e dell'Umbria » e di Toscana e di Romagna, potremmo aggiunger noi, pensando ad Arezzo e al Montefeltro, il quale geograficamente e storicamente poteva ritenersi più romagnolo che marchigiano;

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<< In sul cominciare del 1319 i Perugini fanno molte provvisioni e ordini per la opportunità della guerra, che contro i ribelli di Nocera le soprastava, e che la tenevano occupata. Nel febbraio di detto anno, fu conclusa la pace. Nuccio di Ridolfo da Varano, signore di Camerino, v'è mandato a governatore, con la provisione di centocinquanta fiorini d'oro al mese, da pagarglisi da Nocera, quattro priori perugini la provvedono di nuovo consiglio e nuovo modo di governo. Perugia si crede libera dalla guerra co' Nocerini: ma la guerra ricomincia, poiché già i Guelfi erano stati cacciati dalla vicina Assisi. I Ghibellini fuorusciti di Nocera, aiutati, come si disse, dagli Assisani, aveano ricuperato la loro patria ».

<< Ma indarno cercavano scuotersi dal greve giogo, poiché ai Perugini era piú agevole il ribadirlo, non ostante segni di valore per parte degli angariati, e il perugino b. Alessandro Vincioli, vescovo della città, dovea co' propri occhi vedere come l'afflitta e tribolata Nocera piangesse dietro Perugia, e come l'assalisse la sua ira ».

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<< Poiché, sollevatisi nuovamente i Nocerini, Perugia fece pagare ben cara la sconsigliata rivolta, più volte tentata. Ed ecco come la racconta un accurato scrittore delle istorie perugine. Nel mese di aprile fu la città occupata e presa da certi suoi Ghibellini fuorusciti e da alcuni Guelfi banditi. Questo fa credere non tanto un parteggiare politico, quanto l'odio alla tirannide '. Ciuccio e Mascio di Coraggio n'erano a capo. Ciuccio di Bernardino era il podestà di Perugia, residente a Nocera. Mentre egli stava in palazzo, riferitogli il tumulto e la novità, súbito mandò a magistrati perugini. Veduto che incontanente non potea rimediare, che la terra era tutta in balía de' fuorusciti, ne andò alla rôcca, e di súbito fé suonare la campana all'arme. Udita per lo contado, fu ragione che tutti i contadini armati corsero alla città, ed egli, fattili entrare nella rôcca e mostrato il pericolo della città, e l'errore commesso dai fuorusciti, e anco il castigo che erano per patire di corto, non solamente quelli che aveano commesso cosí gran fallo, ma eziandio tutti gli uomini di Nocera, se non vi avessero incontanente provveduto, li persuase a prender arme con esso lui, e a cacciare fuori della città gli occupatori di essa. Avendoli cosí persuasi, se ne usci con gran numero fuori della rôcca. Quei ch'erano entrati nella città, spaventati dalla moltitudine de' contadini, e dal furore del podestà, senza fargli punto di resistenza, non solamente lasciarono correre la città al podestà ed ai villani, ma si lasciarono eziandio prendere e menare prigioni nella rôcca, a' merli della quale il podestà, poco dopo, fece appiccare trentaquattro di loro. Ciuccio e Mascio, che n'erano stati a capo della rivoluzione, li mandò a Perugia; all'uno e all'altro fu poi, indi a pochissimi giorni, tagliata la testa nel campo della battaglia, nell'anno istesso in cui s'eran cominciate le volte di esso dal lato di Porta Sole »; cfr. P. PELLINI, Istorie di Perugia, an. 1333; — Cfr. per questo periodo storico anche il recentissimo opusc. nuziale di ANGELO IACOBUZZI-OLIVIERI, Dubios e la famiglia Lori, Perugia, Unione tipografica cooperativa, 1899, p. 26; sventuratamente anche questo scrittore nocerino ha gli stessi difetti dell'AMONI, in maggior copia e più gravi.

' Cfr. A. CRISTOFANI, op. cit., p. 128.

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