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mente della Filosofia stoica. Il destino dell' Uomo non più restỏ immedesimato nell' Assoluto e nella pura contemplazione dell' Essere, com'era avvenuto in Oriente; non più venne diretto dal Fato, come in Grecia ed in Roma, ma si fondò nella legge del perfezionamento progressivo delle sue facoltà interiori. E questo nuovo destino fu l'Infinito; e questa nuova forza fu il Cristianesimo, che si fonda appunto sulla Dottrina dell'Infinito e sulla tendenza necessaria ad esso del Finito. Sul fondamento del nuovo Principio, che tutti gli esseri umani fossero figli di Dio ed eguali dinanzi a Dio umanizzatosi, si gittarono le basi del nuovo ordinamento sociale; ecco i germi della nuova Famiglia, dei nuovi Stati, in cui dovevano sorgere novelle manifestazioni dell'attività individuale e della vita dei popoli, animati tutti da una nuova luce, parlanti nuove lingue, iniziatori di nuova civiltà. Lo spirito antico concepisce il divino come immedesimato in sè; Prometeo lotta cogli Dei ed anche sotto il flagello dell' aquila che lo divora egli resta intrepido; l'uomo antico dunque sente in sè una potenza di spirito divino, sebbene non sia sopraffatto dall'idea religiosa, com'è l'uomo orientale. Ercole, Achille, Aiace, Ulisse in sostanza sono uomini, ma sono stati già divinizzati dai proprii contemporanei.

La Religione è distinta, ma non al di fuori della Terra, anzi la rende bella e invita a goderla fino a che è possibile; e l'Arte ha l'ufficio di rendere estetico questo documento, di sollevare lo spirito dalle lunghe e severe faccende della vita pubblica. Il sensibile aveva il predominio sopra l'intelligibile; la Natura veniva ritratta e studiata nelle apparenze esterne, e lo spirito anche nelle sue manifestazioni esteriori. L' io vi è, ma considerato sempre al di fuori, non già nel suo intimo carattere, l'azione è il fine supremo della Poesia, non il carattere, non l'io. Nella nuova situazione l'uomo lascia il mondo esteriore e sensibile per entrare nel mondo interno della sua anima e della sua coscienza e per istudiare la natura nella vita intima; e l'arte non è più intenta a ritrarre il mondo reale, così com'esso ê, i monti, gli alberi, gli animali, ecc.; ma a questi elementi, di cui si serve come sostrato, sostituisce la rappresentanza dell' ideale. Il contenuto del mondo antico ci dà l'Epicureismo: edamus et bibamus, post mortem nulla voluptas. Il contenuto del mondo cristiano ci dà lo sviluppo della vita interiore; quindi la piena coscienza del me spinta oltre ogni limite genera lo scetticismo; la vita non si comprende in tutto il suo significato; il di fuori ha poca o nessuna parte, è il vero

CONTUZZI - Istituzioni di Diritto canonico.

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panteísmo dello spirito, tutto è lui, l'universo non è che nella sua apparenza. « L' apostolato cristiano sprigionò il vincolo della comunanza umana dalla stretta cerchia della città antica, e dai particolari consorzii di schiatte divise e in guerra perpetua fra loro, sotto gli auspicii d'Iddii locali e discordi, allargandolo a Gentili e Barbari, a lioeri ed a servi, nella unità della fede in un solo Iddio, Padre di tutti i mortali. Ma la nuova credenza, disperando della terra, contaminata dal sensualismo pagano, e ritraendo l' uomo al cielo, fece un dogma della separazione delle cose divine dalle cose umane, ridestò le facoltà morali dell'anima alla luce del suo Ideale, ma le alienò dai loro ufficii nella patria terrena dietro ai premii aspettati nella patria celeste; d'onde i martiri dello spirito, e il sacrificio delle cure e degli affetti sociali ai destini d'oltre tomba, della vita operativa alla vita contemplativa, del tempo alla eternità; e la conseguente inefficacia civile del Cristianesimo, se le naturali disposizioni e le civili energie dei popoli nuovi, che, abbracciandolo, ne esplicarono la parte umana e pratica, non lo avessero riaccostato alla terra » (1).

Presentatosi il Cristianesimo nelle sue origini come una logica deduzione della Filosofia stoica antica, il passaggio da uno stato di vivere sociale ad un altro avvenne senza rivoluzione apparente, in virtù di necessità latenti, che presiedevano alla dissoluzione del vecchio mondo ed alla rinnovazione della società, come succede in ogni organismo individuale. Non ci fu urto, non ci furono scosse; la società cristiana s' infiltrava poco a poco nella società pagana e l'assorbiva; quel mondo in dissoluzione aveva bisogno di rinfrancarsi in un ambiente morale, che bandisse la pietà, aveva bisogno di miti, che offrissero buoni esempi suscettibili di essere imitati; e la nuova Religione si presentava a soddisfare questo bisogno, infondendo le idee consolanti di una vita avvenirc, di un regno dei cieli, le promesse vaghe di un bene indefinito, le speranze di un guiderdone largito da un Giudice Supremo, e spandendo le sue dottrine in modo. a tutti accessibile.

Senza inalberare alcun vessillo di rivoluzione politica, il Cristianesimo s'infiltrava nei cuori a compiere una rivoluzione morale. La morte di Socrate fu epica, la morte di Cristo fu lirica; e l'opera dei seguaci del Cristianesimo, dei primitivi credenti, dei neofiti Cristiani era appunto esuberante di lirismo; anche perseguitati, eglino si ras

(1) Safli: Sulla Storia del Diritto Pubblico. Prelezione.

segnavano ad essere vittime, si piegavano volontieri ad un martirologio compiuto per l'affermazione di una grande fede individuale, convinto ciascuno della verità di quelle parole annunziate dal Latore della nuova legge: « Post fata resurgo, veniam ad dexteram Potentiae ». E di questo passo il Cristianesimo conquistava quello antico m ndo, che si prestava così agevolmente ad essere conquistato coi mezzi morali, in un'epoca, in cui Imperatori virtuosi, come Nervo, Antonino, Traiano, Adriano, Marco Aurelio, cercavano galvanizzare la vecchia società ammalata, anemica, snervata, instaurando un Impero filosofico sull'Impero politico e militare agonizzante. Fu un movimento di evoluzione più che di rivoluzione, in conformità delle leggi, che imperano nello sviluppo progressivo della Umanità. Il tempo è nella storia quello che è lo spazio nella natura. La vita delle istituzioni, così come la vita di un organismo fisico, è soggetta alla legge del tempo, così come a quella dello spazio. Una istituzione giovane, ricca di una potente vitalità di elementi non ancora logori, anche debole, si mantiene salda contro l'urto delle forze riluttanti e sopravvive a qualsiasi ostacolo e grandeggia sul suo piedistallo. La Repubblica Romana, prostrata dai Galli e dai Cartaginesi, rifulse sempre di nuovo splendore.

Se Brenno riscuotendo l'oro dei Romani ardisce di gittare la spada nella bilancia come per insulto ai vinti, Camillo può ben gridare che Roma si libera col sangue e non con le ricchezze. Se Annibale vince a Canne, Scipione trionfa a Roma. Se i Cimbri ed i Teutoni invadono il suolo italico, Mario li spinge nei loro confini, li sparpaglia, li distrugge. Immezzo ai disastri delle guerre, Roma si teneva salda, perchè animata dalla scintilla del patriottismo e dalla sacra fiamma della libertà popolare. La Repubblica Romana cadde per contrario, quando venne a spegnersi il sentimento della antica grandezza, quando la vita latina fu logora per trasmodanza di potere nei Patrizii e per sentimento pretorio cresciuto nel popolo; la vita latina, repubblicana di nome, oligarchica di contenuto, reclamava l'imperium unius. Bruto e Cassio cercarono puntellare la decrepita Repubblica con la morte di Cesare; ma Roma invocava Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, e, consumata la Casa Giulia, mostrava che avrebbe sopportato Galba.

Finalmente Roma latina cadde, quando pervenne a tale situazione da offrire materia al quadro dipinto dalla mano maestra di Tacito:

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Neque provinciae illum rerum statum abnuebant, suspecto

senatus populique imperio ob certamina potentium et avaritiam magistratuum, invalido legum auxilio, quae vi, ambitu, postremo pecunia turbabantur » (1).

E sulle ruine di Roma pagana si assise Roma cristiana. Come vissero fra loro allorquando si trovarono di fronte? come la Chiesa giunse a sostituirsi all'Impero romano? È questa una investigazione, che ha sempre affaticato la mente dei Filosofi della storia. Da un lato la società cristiana, già ripartita in piccole associazioni, ma con tutto ciò agente come un corrosivo sopra la società Romana, che essa invadeva e scalzava ogni giorno, e sempre più viva e più intraprendente per le persecuzioni e pel sanguinoso flagello del martirio; dall'altro lato il mondo romano, che ancora si drappeggiava col mondo classico, circondato dalla maestà del passato, ancora solido nel suo organismo amministrativo, nei suoi Magistrati, nelle sue milizie, questo Mondo, che lentamente elaborava nel suo seno una evoluzione, sostituendo il politeismo già putrido alla Filosofia, opponendo lo stoicismo degl' Imperatori e dei Filosofi al Cristianesimo, che acquistava proseliti nelle masse popolari, prossimo come. era a cedere alle invasioni delle turbe nordiche e per la sua estensione condannato a spezzarsi in frammenti, che il nuovo culto era destinato a raccogliere e rianimare.

3. Il Cristianesimo e l'Impero nei reciproci loro rapporti

Al Cristianesimo non fu difficile conquistare quel mondo; non ebbe bisogno di attaccarlo con la forza; chiuso nelle sue Chiese, convertiva alla nuova fede le classi sociali, tenendosi 'distaccato dallo Stato, e così lo guerreggiava.

È la guerra che nei tempi moderni i Conservatori hanno mossa allo Stato, l'atteggiamento negativo, la nessuna partecipazione al Governo. Se non che i Conservatori nei tempi moderni si sono trovati a rappresentare idee già esaurite e le associazioni primitive cristiane vivevano di principii, che attendevano il loro svolgimento. L'esercito, la magistratura, i servigi pubblici hanno bisogno di una certa somma di sobrietà e di onestà. Quando le classi, che hanno tali qualità, si confinano nell' astensione, tutto il corpo soffre. La Chiesa nei primi tre secoli, conquistando la vita, diveniva arbitra dei destini dell'Impero. Le piccole associazioni cristiane minavano

(1) Tacito: Annali. L. I, 2.

dalle fondamenta la grande organizzazione imperiale. La vita antica, vita tutto esteriore e civile, vita di gloria, di eroismo, di cinismo, vita di fôro e di teatro, fu vinta dalla vita antimilitare, amica dell' ombra e del silenzio. La Politica non suppone Popoli, che abbiano divorziato dalla terra; se essi aspirano al Cielo soltanto, la Patria non vi è più per loro; se odiano il mondo, la lotta per la vita non ha più attrattive; se l'ascetismo prevale, i confini sono aperti ai nemici. Così fu dell'Impero Romano. Mentre il Cristianesimo purificava i costumi, dal punto di vista militare e patriottico esso distruggeva il mondo romano, e apriva i confini alla marcia trionfale dei Barbari. L'ascetismo domina il pensiero Cristiano fin dal suo primo apparire, e quest'ascetismo è la negazione di quella vita pubblica e militare, su cui fondavasi tutta la società romana. L'Impero Romano non è più la Patria del Cristiano; a questo Impero nulla egli deve; non gode delle vittorie; le sconfitte medesime dell'Impero gli sembrano una conferma delle profezie, che condannano il mondo a perire per mano e pel fuoco dei Barbari. Si astiene dagli affari, non si rivolta contro i suoi persecutori, ma prega per essi; pratica i principii del Legittimismo più assoluto, come si direbbe nei tempi moderni; rispetta l' autorità, qualunque essa sia, ma fugge le magistrature, le cariche pubbliche e gli onori civili. Aspirare a queste funzioni, accettarle era un'apostasia. Così a poco a poco l'Impero Romano era privato di quelle forze, delle quali più specialmente aveva bisogno in quei supremi momenti di crisi, quando le popolazioni germaniche minacciavano la sua esistenza... Posseduti da un alto Ideale di giustizia, convinti che quell'Ideale doveva realizzarsi sulla terra, i Cristiani primitivi ebbero la sete del bene, formarono quei piccoli cenacoli, dove in una vita pura attendevano il loro trionfo e la venuta del regno dei Santi. Quelle piccole sinagoghe godevano di una felicità attraente. Le popolazioni precipitarono, con moto istintivo, in quella religione che soddisfaceva le loro aspirazioni più intime e apriva speranze infinite. Le esigenze intellettuali del tempo erano debolissime; i bisogni del cuore erano imperiosi. Socialmente il Cristianesimo cerca mitigare le relazioni di disuguaglianza fra le varie classi; e così esso s'infiltrò nei bassi strati sociali e poi si trovò ad influire nei più alti. Quando lo Stato ebbe bisogno di forze virili per sostenersi, il vuoto lo circondava; esso dovè ricorrere alle catacombe e segnare la propria sottomissione. L' Impero cadeva, ed il Vescovo ne raccoglieva l'eredità. Il trionfo dell'ascetis

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