Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Vescovi in partibus. Tale deliberazione per un verso trova il suo riscontro in S. Pio V, il quale aveva stabilito di non doversi creare Vescovi Titolari, nè destinarsi per suffraganei se non che alle sole Chiese Cattedrali, ovvero a quelle Chiese, alle quali per consuetudine si usava dare dei suffraganei; per un altro verso la deliberazione del Concilio è nuova, per il fatto di essersi decretato che i Vescovi Titolari non potessero ordinare alcuno senza il consenso o lettere dimissoriali del proprio Prelato, ad onta di qualunque privilegio sia d'esecuzione, sia di familiarità.

Nella Sessione quindicesima il Concilio concesse un Salvocondotto ai Protestanti, ecclesiastici o secolari, che avessero voluto partecipare al Concilio stesso.

Insorte controversie tra gli Ambasciatori dell'Imperatore ed i Legati del Papa, venne per un altro decennio sospeso il Concilio per essere riconvocato nel 1562 da Pio IV succeduto a Giulio III. Venne nominato come primo Legato pontificio al Concilio Conzaga Cardinale di Mantova.

Nella Sessione diciassettesima si trovarono 112 Prelati, e molti Teologi. Venne letta la nuova Bolla colla clausola praesentibus legalis; » quattro Vescovi Spagnuoli vi si opponevano trovandola nuova ed ingiuriosa ai Concilii ecumenici; ma la loro opposizione non ebbe seguito.

Nella Sessione diciottesima venne letto un Breve pontificio, con cui regolavasi il posto dei Vescovi da designarsi secondo la loro ordinazione, senza tener conto del privilegio dei Primati.

Nella Sessione ventunesima erano presenti tutti i Legati pontificii, gli Ambasciatori dell' Imperatore, del Re di Francia, della Repubblica di Venezia, 150 Prelati, 100 Teologi e quasi 200 altre persone. Si apri la discussione sulla residenza dei Vescovi, se fosse o non di diritto divino, ma nulla si conchiuse. Gli ambasciatori cercarono avere l'uso del Calice, ma si fiul col rimettere la decisione al giulizio del Pontefice.

Nella Sessione ventitreesima oltre i Legati si trovarono presenti gli Ambasciatori dell'Imperatore e dei Re di Francia, Spagna, Portogallo, Polonia, Venezia, Savoia, Sicilia; 200 Vescovi, molti Abati, Generali degli Ordini e Dottori in Teologia.

Nella Sessione ventiquattresima si regolò la materia dell' annullamento dei matrimonii clandestini.

La discussione più irta di difficoltà fu sulla materia che si qualificava Riforma dei Principi e che in sostanza era rivendi

cazione di prerogative utili, o perdute, o contrastate, dell'autorità ecclesiastica.

Ed i varii Stati protestavano dinanzi all'Opera del Concilio. Già tali proteste sorsero pure per le materie matrimoniali; e vennero da parte della Signoria di Venezia. Questa, allo scopo di evitare rumori e disgusti nelle sue possessioni di Grecia, con petizione in data 11 agosto 1563, chiedeva si modificasse la proposta di un canone relativo al divorzio per causa di adulterio. Ed a questi richiami si è atteso nel modo in cui fu disteso il canone VII De Sacramento Matrimonii.

A riguardo della cosiddetta materia sulla Riforma dei Principi la prima e la più esplicita opposizione venne da parte degli Ambasciatori di Francia, temendo una lesione dei diritti di cui la Corona di Francia era fornita.

li Cardinale di Lorena si faceva a tranquillar l'animo dei suoi Sovrani intorno ai temuti pregiudizi (1).

Gli Ambasciatori francesi Ferrier e Pibrac formolavano aperte. proteste e raccomandazioni, che producevano molto risentimento tra i Padri (2).

L'Ambasciatore Ferrier mostravasi gelosissimo di conservare ogni ragione utile al re di Francia. E dalla parte opposta, Carlo

(1) Il Cardinale di Lorena scriveva al Re il 17 settembre 1563: Sire, par les mêmes lettres de V. M. il vous plaisait de m'avertir que vous auriez entendu que nous autres prélats qui sommes en ce saint Concile voulions entreprendre de réformer les rois et en faire déclarer quelques uns inhabiles de leurs royaumes; ce que Votre Majesté ne pouvait trouver bon. Sur quoi je vous puis assurer, Sire, qu'il ne fut oncques parlé en cette assemblée de telles et si importantes affaires, comme l'on le vous a lait entendre, et n'était besoin que V. M. prit la peine de nous en ècrire ni de nous en commander de plustôt nous retirer, sans en savoir la vérité. Et n'est point à croire qu en une si sainte compagnie, comme est cette-ci, en la quelle il ne se propose rien que nous ne jugions être entièrement pour le bien et repos de la Chretienté, il se prit de telles et si facheuses résolutions ..

(2) Il 22 settembre 1563 venne presentata dagli Ambasciatori francesi la protesta, la cui conclusione era nei seguenti termini: Vultis antiquam Ecclesiae dignitatem restituere, adversarios vestros conciliare et ad resipiscentiam cogere? Vultis principes reformare? Observate Ezechiam regem illum optimum, qui ut corruptos Ecclesiae suae mores emendaret, uon solum non fecit quod Achaz pater impius, sed ne id etiam quod pit reges Iothan avus, Azarias proavus, Amazias abavus, et loas atavus, lecerunt: i enim excelsa non everterant; verum ad majores ascendit et exemplum losaphat qui altaria sustulerat sibi proposuit. Sic hodie proponendi sunt non patres, non avi, non proavi nam et si doctissimi et sanctissini fuerint, tempora tamen nostra turbulentissima non viderunt. Ergo ascendendum est altius ad majores, usque ad Ambrosium, Augustinum, Chrysostomum; et illius temporis episcopos catholicos, quibus idem fuit olim negotium cum Donatistis, quos tamen, etsi plures Catholicis essent, vicerunt, non quidem armis aut principes ad bella armando, et interea reduvias curando, sed orationibus, bono vitae exemplo, et assidua puraque verbi praedicatione. Sic boni illi paires cum se prius Ambrosios, Augustinos et Chrysostomos formassent et praestitissent, Ecclesiam purgarunt et principes, Theodosios, Honorios, et Arcadios, Valentinianos et Gratianos effecerunt, idque et vos facturos speramus ecc. ».

de Grassi, Vescovo di Montefiascone, appellava il discorso dell'Ambasciatore « intercessionem quasi tribunitiam qua in seditionibus popularibus utebantur ethnici». E la discussione procedeva animata; la protesta francese produceva forte impressione. 11 Cardinale Morone censurava il Ferrier per avere asserito che dalle leggi di Francia era vietata ai Vescovi di contraddire al re, quando egli volesse servirsi di tutti i beni della Chiesa « Prohiberi ut nullus episcopus possit regi contradicere si velit omnibus bonis Ecclesiae uti» e soggiungeva che il Concilio, senza punto curarsi della intercessione minacciata dall' ambasciatore francese, avrebbe rispettati i diritti dei Principi e difesa e conservata la libertà della Chiesa gallicana e di tutte le Chiese (1).

Il 2 ottobre 1563 l'Imperatore Ferdinando I scriveva al Cardinale Morone protestando contro la condotta del Concilio nella materia della Riforma dei Principi; e gli Ambasciatori imperiali chiedevano tempo a riflettere; aggiungevano che il Capo riguardante le proposte riforme era affatto nuovo ed aveva attinenza con lo stato e la tranquillità di tutto il mondo cristiano e principalmente con la libertà eminente ed i diritti del sacro romano Impero, dei regni e delle province di Sua Maestà (1).

Il 4 ottobre 1562 veniva eguale protesta da parte della Repubblica di Venezia, la quale dichiarava che la Serenissima Signoria non aveva dato menoma occasione del far proposta del Capo 35 della Riforma chiamata dei Principi (2).

Egualmente il Re di Spagna per opera del suo rappresentante il conte di Luna; nella forma mostravasi più condiscendente, ma nella sostanza alludeva ai medesimi voti, da cui partivano le proteste degli altri Principi.

Per quel momento il Concilio credè opportuno di soprassedere dal trattare siffatta materia; e si prese tempo; verso la fine dei lavori del Concilio, si in tavolò la discussione sopra i Capi riguardanti i Principi; e le cose procedettero tranquillamente tanto, che

(1) Le Plat: Collezione degli atti del Concilio di Trento. T. VI. p. 243-14-45. Per la Collezione degli atti del medesimo Concilio si ponno consultare: Meudham: Memoirs of the Council of Trident; e Milledonne: Historia del sacro Concilio di Trento.

(1) Cum illud caput talia complectatur quae plane nova sunt, et Statum ac quietem universi Christiani orbis, et in primis sacri Romani Imperii, regnorum et provinciarum Majestatis Suae eminentiam libertatis et jura concernunt ».

2) Serenissimum dominium nostrum minime occasionem dedisse ut caput Reformationis XXXV, quod de principibus vocatur, proponendum conficeretur ».

si ebbero due sole voci di opposizione (1). Per evitare contrasti si usarono ai Principi ammonizioni generiche, senza destare la suscettibilità di alcuno. Fu trattata la materia concernente il duello; e fu presa la seguente deliberazione: « L'Imperatore, i Re e qualunque altro Signor temporale, il quale concederà luogo a duello, cada nella scomunica. Se la terra che si concede per campo al duello è data loro dalla Chiesa, ne perdano il dominio; se è feudo, ricaggia al padrone diretto; i duellanti ed i padrini incorrano nella scomunica, nella confisca dei beni, nella perpetua infamia, e siano puniti come omicidi secondo i sacri canoni. Chi muore in duello sia privo a perpetuo di sepoltura ecclesiastica. Tutti quelli, che daranno consiglio di ciò o in punto di diritto o di fatto, e che ne faranno sanzione in qualunque modo, e anche gli assistenti cadano nella scomunica e nella eterna maledizione » (2). Di tali materie trattossi nella sessione venticinquesima. Nel capo XX della stessa venticinquesima Sessione, si esortavano l'Imperatore e tutti i Sovrani a mantenere le ragioni e le immunità della Ghiesa facendole mantenere dai rispettivi loro sudditi e ministri; si rinnovavano tutti i canoni e tutte le costituzioni fatte in favore della libertà e della immunità ecclesiastica; e si esortavano i Principi ad operare in modo, che i Vescovi potessero risiedere con dignità e con quiete.

E. Chiusura del Concilio.

Con le precedenti deliberazioni si chiudeva l'opera del Concilio di Trento. Nella fine della suddetta Sessione il Segretario del Concilio, data lettura della Sessione, dimandò ai Padri, se voleano che terminasse il Concilio; la risposta fu affermativa. Il Legato Presidente disse: « Dopo aver reso grazie a Dio, Reverendissimi, ritiratevi ». I Padri risposero « Amen »; l'Assemblea venne sciolta fra le acclamazioni e le benedizioni dei Padri e degli Ambasciatori ed Oratori tutti. Si venne alla sottoscrizione; sottoscrissero 255 persone, cioè i Legati (31), i Cardinali (2), i Patriarchi (3), gli Arcivescovi (25), i Vescovi (168), i Procuratori per gli assenti (39), gli Abati (7), i Generali degli Ordini (7). Ciò avvenne

(1) Pallavicino: Istoria del Concilio di Trento. Lib. XXIII cap. 4 a 11; e lib. XXIV, cap. 7. num. 21; 2.

(2) Giannone: Storia civile del regno di Napoli. Lib. XXIII. cap. 3.

[ocr errors]

in data 3 dicembre 1563 Il Papa confermò l'ecumenicità, la legittimità e l'autorità del Concilio in data 6 gennaio 1564 (1).

13.o II Concilio Vaticano

La vita sinodale della Chiesa interrotta sin dall'epoca del Concilio di Trento si è riaperta nella Storia contemporanea. Il Papa Pio IX con la Bolla Aeterni Patris (29 giugno 1868) intimava un Concilio Ecumenico da tenersi in Vaticano il dì della Immacolata Concezione dell'anno 1869; con data 8 settembre 1858 il Pontefice con Lettere Apostoliche Arcano Divinae Providentiae invitava al Concilio tutti i Vescovi della Chiesa di rito orientale non aventi comunione con la Sede Apostolica; con altre sue Lettere in data 13 settembre 1868 Iam vos omnes noveritis invitava altresì tutti i Protestanti e gli altri cattolici pel detto Concilio.

Elargiva l'indulgenza plenaria in forma di Giubileo a tutto l'orbe cattolico il dì 11 aprile 1869 a contare dal 1° giugno fino al giorno, in cui si sarebbe chiuso il Concilio.

Questo Concilio ha avuto origine dallo scopo di riaffermare i vincoli della più rigorosa e stretta disciplina tra le varie forze che compongono l'organismo della Chiesa, e di ridurre le dette forze in un fascio per opporle così riunite contro l'elemento rivoluzionario dominante nella società contemporanea. In questi ultimi secoli la Chiesa si è andata sempre più affermando come un organismo, che si regge sulle basi della Monarchia assoluta temperata soltanto dal carattere di dolcezza e di mansuetudine impresso dall'Istitutore del Cristíanesimo e dallo Spirito Santo, secondo il linguaggio dei Teologi e Canonisti (2). Immezzo a questa profonda trasformazione avvenuta nell' organismo della Chiesa, il Concilio del Vaticano non ha offerto ai suoi stessi componenti il campo alle grandi discussioni, così come sempre si era notato nei precedenti Concilii. Poco si è rispettato il principio della pubblicità nell' andamento delle discussioni. Si sono prese le più minute precauzioni per sottrarre alla pubblicità le discussioni suddette. Nessuna proposta si è messa all'ordine del giorno senza il permesso del Pontefice. Espressa proibizione è stata fatta ai Padri del Concilio di divulgare veruno delle opinioni emesse nel seno delle riunioni pre

(1) P. Abramo di S. Susanna: Nozioni e Problemi di Diritto Canonico. (2) Moulart: L'Eglise et l'Ital. p. 45.

« ÖncekiDevam »