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"in singulis casibus assignari non potest. Quapropter "in casibus ut supra particularibus, deficiente presbyterorum copia, aliisque omnibus circumstantiis mature perpensis prudenti judicio Superioris definiendum, utrum eo in casu concurrant gravia rerum adjuncta, quae tra"dunt Doctores necessitatis casum efficere (uti propositus “videtur) in quo dispensationi a praecepto universali de "non iterando sacrificio ab eodem presbytero eademque die locus fiat, et binandi facultati tribuendae, qua parce "omnino illum uti debere ex apostolici ipsius indulti “verbis apprime perspicitur." E questa istruzione ne' termini stessi fù inviata al Vescovo di Treviri nel 1853, da parte del quale erano stati proposti svariati dubbi sul binare la messa, essendoglisi scritto ai 28 Settembre, che considerati i suoi quesiti "censuit S. Congregatio dandam "esse instructionem, quam . . . . Vicarius Apostolicus Limburgen. obtinuit sub die 31 Julii an 1851."

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16. Per altro tra le varie risposte, che affidano il giudizio sulla gravità delle cause al Superiore, alcune meritano peculiar menzione, come quelle che senza dilungarsi dalla regola ordinaria di chiamar il Superiore stesso a giudicar delle cause, indicano insieme in qualche guisa la qualità, o il grado della necessità richiesta per la binazione, e talora temperano alquanto l'impressione, e calmano la soverchia anzietà che avean prodotto ne' Vescovi e Missionarii le clausole, ond' è vincolata nelle Formole questa facoltà. Una di tali risposte fù data nel 1848 ad un Vescovo degli Stati Uniti d'America: "Venio ad postulatum tuum (così “in una lettera dei 9 Maggio) circa modum interpretandi "necessitatem quae requiritur ad licitum usum facultatis "bis in die missam celebrandi. . . . Noverit ergo Ampli"tudo Tua necessitatem hujusmodi, de qua sermo est, veram quidem sed moralem intelligi; non autem abso"lutam de qua proinde dijudicare in singulis casibus

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“pendet a prudenti judicio inspectis circumstantiis. Caveas ergo oportet hac in re ab anxietate nimia in dijudicando, “ne frustra concessa aut pene in nullo casu ad actum re“ducenda facultas praedicta videatur." Più notevole è la dichiarazione, che si porse nel 1828 ad un Prefetto Apostolico nelle Antille di America. Diffidando quel Prefetto di poter far uso tranquillamente della facoltà in discorso per le gravi condizioni, che la circondano, avea implorato 'ampliorem facultatem a Sede Apostolica copiam faciendi presbyteris. . . . ut diebus dominicis et festis de praecepto missam bis celebrare possint, cum id postulet “necessitas aut spiritualis fidelium utilitas." Fattane relazione al Papa nell' udienza dei 13 Aprile gli si rispose nel modo seguente: "Talis existimatio est virtutis et pru"dentiae tuae, ut Ss. D. N. jusserit, omnem deponere te "debere anxietatem animi, et si existimaveris necessarium esse vel fidelibus vehementer utile, ut Sacerdotes bis "missam eodem festo die celebrent, verborum quibus "rescriptum contineri videtur, rigore commoveri te non "debere. Prudentiae itaque et conscientiae D. T. com"mittit de necessitate ista, et causarum gravitate judicare

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atque in iis rerum adjunctis facultatem per memoratum "rescriptum copiam faciendi Sacerdotibus, ut missam bis "celebrent, te habere Sanctitas Sua benigne declaravit.”

17. La medesima regola di commettere all'arbitrio o alla carità de' Superiori delle Missioni l'applicazione de'principii generali ai casi pratici, si è osservata anche quando in essi, come eransi esposti, non si scorgesse quella grave urgenza di cause considerandole almeno in se stesse e in astratto, quale esiggono le clausole di questa facoltà; il che appunto conferma doversi dare gran parte nel calcolo delle ragioni, che ne giustificano l'uso, alle condizioni tutte e allo stato de' fedeli. Di ciò fa testimonianza la risposta data da questa S. Congregazione

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nel 1688 al Vice-Prefetto della Missione di Tripoli. Il quale incerto per le più volte accennate clausole avea richiesto, "a quanto numero di schiavi o liberi possa "celebrare precisamente la seconda messa, dandosi tal"volta il caso, che nel bagno fuori di Tripoli non si "ritrovino presenti al sacrificio dieci o quindici persone "schiavi...e se in mancanza di Sacerdoti per questi soli 'possa celebrare la seconda volta le feste." Ora malgrado la sfavorevole decisione emanata in quell anno stesso dal S. Offizio per un caso simile, come si è detto al § 12, il S. Consesso di Propaganda dei 5 Ottobre ordinò Relinquatur charitati et conscientiae P. V. Praefecti. Nè è a meravigliare, se la Propaganda credè potersi far luogo a piú benigna interpretazione, trattandosi di schiavi, i quali per la loro condizione meritavano una particolare indulgenza, essendo forse l'unico loro conforto l'assistere al S. Sagrificio. Un altra prova di propensione ad una più mite interpretazione o connivenza in vista delle circostanze ne somministrò la Suprema nel 1860; imperocchè sebbene ai 20 giugno rispondesse al Vicario Apostolico d'un regno aggiacente alla Cina, "desiderium "Neophytorum bis aut ter in anno SSñam Eucharistiam

sumere volentium per se non esse urgentissimam causam, "in casu de quo agitur" cioè per iterar la messa secondo la facoltà, tuttavia soggiungeva: "sed pensatis omnibus "locorum et personarum circumstantiis relinquendum "arbitrio R. P. D. Vicarii Apostolici." D'onde risulta che quelle cause, le quali di per se stesse e quindi per molti luoghi non sono gravi, lo possono addivenire in alcuni altri per le circostanze, che vi si associno.

18. Sono queste le massime, che si sono avute in mira riguardo alla facoltà di binare, e che varranno certamente a tranquillizzare gli Ordinarii delle Missioni nell'esercizio della medesima. Se è vero che suol deferirsi in ciò al

savio discernimento degli Ordinarii delle Missioni, si rende chiaro però dalle cose discorse, quanto mai debbano essi cautelarsi, rimanendo sempre gravata la loro coscienza sul legittimo esercizio di siffatta straordinaria facoltà. Nondimeno le clausole usate nelle Formole "non debbonsi in“terpretare (giova conchiudere con quest' avvertenza data "dalla S. C. nel 1832 al Vescovo di Nicopoli in Bulgaria) "nell' estremo rigore, avendo sempre in vista che la Sede "Apostolica concede la detta facoltà a spirituale vantaggio "dei fedeli, bramando che tutti abbiano il comodo di "adempiere il precetto ecclesiastico."

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19. Resta ora a dire del rito, ossia del modo da tenersi nel binare la Messa. Su di che non è necessario osservare, essersi sempre prescritto ai Missionarii dalla S. Congregazione e dallo stesso Bened. XIV. che chi bina, non dee prendere le solite abluzioni del calice a cagion del digiuno, cosicchè "si in prima missa post receptionem Corporis et Sanguinis, profusionem acceperit, non debet secundam missam in praedictis casibus celebrare" anche cioè in que' casi, in cui la popolazione altrimenti rimarrebbe priva della messa in giorno festivo. Sebbene poi con decreto della S. Congregazione de' Riti in Ebusitana die 16 Settembre 1815 erasi prescritto, che uno solo fosse il calice da adoperarsi da chi celebra due messe, siccome l'osservanza di un tale decreto involveva non lievi difficoltà, quando si dovesse celebrare in due Chiese remote l'una dall' altra; la encomiata S. Congregazione nei generali comizi dei 12 Settembre 1857 moderando il precedente decreto decise usum duorum calicum in casu posse permitti. La qui unita istruzione, che fù compilata per ordine della medesima S. C., riguarda il modo di purificare il calice servito per la prima messa. Dalla Propaganda li 24 Maggio 1870.

'Conc. di Nimes tenuto nel 1284. presso Bened. XIV. De Sanct. Missae Sacrif. L. III. cap. V. n. 4.

II.

INSTRUCTIO

A S. R. C. DIE XII SEPTEMBRIS 1857 EDITA PRO SACERDOTE APOSTOLICAM FACULTATEM HABENTE BIS MISSAM EADEM

DIE CELEBRANDI.

Quando Sacerdos eadem die duas Missas dissitis in locis celebrare debet, in prima dum divinum Sanguinem sumit, eum diligentissime sorbeat. Exinde super corporale ponat Calicem et palla tegat, ac junctis manibus in medio Altaris dicat: Quod ore sumpsimus, etc., et subinde admoto aquae vasculo digitos lavet dicens: Corpus tuum, et abstergat. Hisce peractis Calicem super Corporale manentem adhuc, deducta palla cooperiat ceu mos est, scilicet primum purificatoris linteo, deinde patena ac palla, et demum velo. Post haec Missam prosequatur, et completo ultimo Evangelio, rursus stet in medio Altaris, et detecto Calice, inspiciat an aliquid divini Sanguinis nec ne ad imum se receperit, quod plerumque continget. Quamvis enim sacrae species primum sedulo sorptae sint, tamen dum sumuntur, cum particulae, quae circum sunt, undequaque sursum deserantur, non nisi deposito Calice ad imum redeunt. Si itaque divini Sanguinis gutta quaedam supersit adhuc, ea rursus ac diligenter sorbeatur et quidem ex eadem parte qua ille primum sumptus est. Quod nullimode omittendum est, quia Sacrificium moraliter durat, et super extantibus adhuc vini speciebus ex divino praecepto compleri debet.

Postmodum Sacerdos in ipsum Calicem tantum saltem aquae fundat, quantum prius vini posuerat, eamque cir

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