Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Giunse il 10 marzo; il termine dato a Dante dalla prima sentenza era spirato; e messer Cante Gabrielli non mancò in quel giorno medesimo di pronunziarne una seconda, recando ad effetto tutto che vi era di comminatorio nella precedente. Con questa nuova condanna, Dante e tredici altri individui erano dichiarati ribelli alla comune di Firenze, e ne erano banditi in perpetuo; si dichiarava inoltre in modo formale ed espresso: « che se mai qualuno di loro cadesse in potere del governo fiorentino, sarebbe dato alle fiamme e bruciato vivo. »

Saputa questa nuova sentenza, Dante parti tosto da Roma, per avvicinarsi alla Toscana ed assicurarsi se la sua sventura fosse senza rimedio. Giunto a Siena, vi si fermò per aver notizie di Firenze, le quali furon peggiori di quanto si aspettava. Carlo di Valois, reduce da Roma, dove erasi recato per consultarvi papa Bonifazio avea posto in esecuzione le ultime misure prese di accordo col pontefice per la pacificazione di Firenze, ed avea dato l'ultimo colpo ai Bianchi, ch'era di tutti il maggiore.

Un gentiluomo provenzale del seguito di Carlo di Valois chiamato Pietro Ferrante, fingendosi corrucciato contro il principe e risoluto di ucciderlo, attirò agevolmente nella sua simulata cospirazione alcuni giovani del partito dei Bianchi; richiese impegni e promesse sottoscritti di loro mano; gli ottenne senza stento, e gli recò tosto a Carlo di Valois.

Munito di tali documenti di prova, questi ne menò dapprima gran rumore; finse un' ardente collera, e proruppe contro i Bianchi in terribili minacce, che risuonarono in tutta Firenze. A queste minacce, i Bianchi spaventati preser la fuga da ogni parte, e quelli che fuggivan più presto erano i nobili e i ricchi. Partiti che furono, Carlo gli fe' citare innanzi a lui, e condannare come ribelli per non esser comparsi; i loro beni furono confiscati, i loro palazzi e le loro ville demoliti.

[ocr errors]

Coloro che, più confidenti o più coraggiosi, non furon si pronti a fuggire, nulla vi guadagnarono. Citati e comparenti, i loro beni furono, siccome quelli degli altri, confiscati e devastati. Il numero dei proscritti fu più di seicento, senza contare i fanciulli e le donne. Enorme fu la somma che il governo di Firenze ricavò da tutte queste confische: Carlo di Valois ne ebbe per sua parte venticinquemila fiorini d'oro. Così questo principe diè termine alla sua missione di paciero in Toscana.

Dante, quantunque condannato con una sentenza particolare anteriore di venti giorni a quella generale proscrizione dei Bianchi, vi fu nondimeno compreso. Sembra che coloro che proscrivevano temessero di ometterlo. Ei fu, come i complici di Pietro Ferrante, citato a comparire innanzi a Carlo di Valois, e come questi condannato per non esser comparso. Allora fu saccheggiata e demolita, se non lo era stato anche prima, la sua bella casa di Firenze; allora furono devastati i poderi da lui posseduti nelle diverse parti del territorio fiorentino, allora infine la sua sorte fu decisa: egli era bandito, ruinato, proscritto.

VI. LEZIONE

FINE DELLA VITA DI DANTE.

Potranno immaginarsi le amare riflessioni che dovettero assalirlo ne' primi momenti del suo esilio, e certo quelle che riguardavano la di lui famiglia non erano le men dolorose. Erano scorsi appena dieci anni dal suo matrimonio, ed avea già cinque figli, il maggiore dei quali, chiamato Giacomo, non aveva più di nove anni, l' ultima era una bambina ancora lattante, cui avea posto nome di Beatrice, quasi per render più cari e più sacri ancora le memorie e i sentimenti legati a quel nome. Gli era d'uopo abbandonare tutti i suoi figli nel momento in cui avevano più bisogno di lui, esposti a mancar di pane e senza chi gli proteggesse se nou la madre; poichè non lasciava in Firenze altro parente che un giovin nipote, chiamato Francesco, incapace di render grandi servizi a' suoi cugini di sì tenera età.

Ciò che rendea più crudele la sua proscrizione si éra di non aver per compagni che uomini il cui carattere generalmente sprezzava, e nella capacità dei quali avea poca fede. S'ignora se fra tutti questi uomini ve ne fosse un solo pel quale sentisse qualche amicizia. Se ne possono al più indicar alcuni coi quali è probabile avesse formato qualche legame passaggiero di affetto. Fra questi erano Maso Cavalcanti, parente del suo amico Guido, Lapo Saltarelli, che, prima di lui priore, era stato uno de' suoi elettori al prio

rato; Giachetto Malaspini, nipote e continuatore di Ricordano Malaspini, l'autore di una cronaca, la quale è uno dei più antichi e curiosi monumenti della letteratura italiana. A questi nomi si può aggiungere un nome più rilevante, quello di Petracco di Parenzo, uno dei notari della repubblica e padre di Petrarca. Quale che siasi la opinione che Dante avesse de' suoi compagni di esilio, ei si decise a dividerne la sorte.

Numerosi siccom' erano, sicuri dell' appoggio dei Bianchi di Pistoia, dei Ghibellini di Arezzo, di Siena, di Pisa e di quelli che si mantenevano ancora nei loro forti castelli in diversi luoghi del Fiorentino, i Bianchi esiliati non esitarono ad imprender la guerra contro i Neri rimasti vincitori in Firenze, e si apprestarono a cominciarla. La loro prima riunione ebbe luogo a Gergonza, castello situato nelle montagne, su i confini del territorio di Siena e di Arezzo. Ivi si ordinarono e formarono un governo per dirigere i loro affari.

Questo governo somigliava in qualche modo a quello di Firenze. Era composto di due consigli, l'uno detto de' dodici, l'altro il consiglio segreto. Questi due consigli avevano all'occasione e al bisogno un più o meno gran numero di aggiunti, che formavano una specie di consiglio generale rappresentante la massa del partito; ciò che deliberavasi in questi consigli era posto in esecuzione da' membri del consiglio segreto, che in tal guisa formava la parte esecutiva, il governo propriamente detto. Dante fu eletto membro del consiglio de' dodici.

Il primo atto di questo governo fu di nominare un capo per comandare la forza militare del partito. Ei die' questo comando al conte Alessandro da Romena, personaggio allora celebre fra i capi ghibellini della Toscana ed uno dei discendenti degli antichi conti Guidi. Ci fatto, il governo dei Bian

chi andò a stabilirsi in Arezzo siccome nel luogo in cui era più agevole mettersi di accordo cogli Ubaldini, e gli altri Ghibellini del val d' Arno, co' quali si era collegato.

I Neri di Firenze si apprestavano vigorosamente dal loro lato a far fronte a' loro avversari. La guerra era per ricominciare in Toscana e con tutti i caratteri della prima lotta di Ghibellini e di Guelfi. I Bianchi e i Neri non potevano combattersi che cangiando rispettivamente di opinione e di parte, e cedendo ognuno dal suo lato ad influenze opposte a quelle fino allora seguite. Obbligati oramai ad appoggiarsi su i Ghibellini, i Guelfi popolari o i Bianchi erano per combattere nell'antico interesse dei nobili e della feudalità. Dovendo impiegare in loro difesa le forze del popolo fiorentino, i Guelfi aristocratici o i Neri dovevano necessariamente, il volessero o no, secondare le tendenze democratiche di quel medesimo popolo. Le due fazioni avevano in tal guisa cangiato di opinione e di parte, le une per l'amore di un potere che possedevano e volevano conservare, le altre nella speranza di ricuperare il potere che avevano perduto.

Il papa Bonifazio cercò indarno impedire questa guerra, di cui era autore, ma non potè ritardarla che per qualche giorno. Uguccione della Fagiuola, risoluto ghibellino, dappoi celebre per la sua dominazione su Lucca e per le sue vittorie su i Fiorentini, era allora podestà in Arezzo, e, per non so qual offesa verso la Chiesa, scomunicato da Bonifazio VIII. Bonifazio cominciò dal revocare la sentenza pronunziata contro di lui, gli fe' quindi promettere di far cardinale uno dei suoi figli, e dopo questo oso pregarlo di usar tutti i mezzi che erano in di lui potere per iscacciar d'Arezzo i Bianchi, che vi avevano stabilita la loro sede. Uguccione gli ubbidi, e vesso in tante guise e tormentò tanto i rifugiati, che gli costrinse a partir d'Arezzo.

Ei si dispersero allora in diverse parti: gli uni recaronsi a

« ÖncekiDevam »