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anche in latino, poichè era già tradotto

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è dunque una finzione dello

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ente lirico; le impressioni e i pensieri del poeta.

aspariscono in ogni parte, e la verità poetica vi signoreggia l'istorica.

FAURIEL

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Ma è tempo di passare ad un' osservazione più importante sulla composizione di questo tratto singolare.

Dante, tornato in sè dalla prima emozione e dalla prima sorpresa che avea provato, riconoscendo nell'ombre che ha voluto intrattenere i due amanti di Rimini, di cui ha tanto inteso parlare, interroga di nuovo quella delle due ombre che gli ha già risposto, e la prova che l' ha ben riconosciuto si è che la interroga col suo nome, che ella non gli ha detto, nè ha bisogno di dirgli :

..... Francesca, i tuoi martiri

A lagrimar mi fanno tristo e pio.

Dopo questo preambolo, ei le volge una nuova dimanda, ed una dimanda che forma, per così dire, il punto vitale di tutto il frammento; ei non le richiede i particolari sul modo con cui ella è perita, poichè gli sa da lungo tempo; ma la sua curiosità si spinge su di un punto più secreto e più delicato; ei vuol sapere da Francesca qualche cosa che non pud esser conosciuta se non da lei e dal suo amante; ei vuol sapere la decisiva e perigliosa occasione che gli spinse al doloroso passo, trasportati dai loro desiderii e dimentichi di se stessi.

Francesca gli risponde e gli racconta qual conseguenza ebber per lei e pel suo amante la lettura di un tratto del romanzo di Lancellotto del Lago; e questo secondo racconto è più distinto, più chiaro, più epico del primo, nè mi sembra difficile di spiegarne il motivo.

L'influenza attribuita ad alcune linee di un romanzo di cavalleria su i destini di Francesca e di Paolo, è, a quel che sembra, una finzione, poichè non sene fa parola nell' istoria, nè in quelle tradizioni relative all' avvenimento, che riguardar si possono siccome istoriche e supponendola anche vera, è più che probabile che sarebbe rimasta un segreto.

Da un altro lato, se questa circostanza è una finzione, siccome tutto lo indica, non può essere una finzion popolare. All'epoca di cúi si tratta, il romanzo di Lancellotto era già celebre in Italia: le classi elevate lo leggevano in provenzale o in francese, e forse anche in latino, poichè era già tradotto in quest'ultima lingua, ma non lo era ancora in italiano. Così dunque non poteva esser noto alle classi inferiori della società, nè queste in alcun modo potevan trarne partito.

La finzione di cui si tratta è dunque una finzione dello stesso Dante, e questa finzione formando nel concetto del poeta la parte nuova e principale dell' istoria di Francesca, la parte che doveva determinarne l'effetto poetico, era indispensabile che fosse abbastanza sviluppata.

In tutti questi artifizi di composizione vi è qualche cosa di singolarmente lirico; le impressioni e i pensieri del poeta. vi traspariscono in ogni parte, e la verità poetica vi signoreggia l'istorica.

FAURIEL

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VI.

UGOLINO.

(Inferno, canto XXXIII)

La valle nella quale Dante e Virgilio incontrano maestro Adamo, quel falso monetario che ci ha dipinto la sua solferenza e il suo odio con tratti di poesia sì forti e sì profondi, questa valle, io dico', è l'ultima dell'ottavo cerchio. La parte centrale di questo medesimo cerchio è un vasto pozzo pel quale comunica col cerchio inferiore, che è il nono e l'ultimo dell'inferno; intorno a questo pozzo stan ritti orribili giganti, i cui piedi posano nel nono cerchio, mentre che ban la testa e più che la metà del loro corpo nel cerchio superiore.

mista

Dante si ferma lungamente a descrivere la sorpresa di spavento che gli producono tutti questi giganti, che prende in sulle prime per torri, Uno di loro, Anteo, lo stesso che fu ucciso da Ercole, solleva Dante e Virgilio nelle sue braccia e gli depone entrambi in fondo dell' abisso infernale. I tre ultimi canti dell' Inferno son consacrati alla descrizione di quest'ultimo cerchio, e per questa descrizione ha Dante tenuto siccome in serbo tutto quello che la sua immaginazione avea potuto suggerirgli di più terribile e selvaggio. Appena il poeta ha posto piede sul nono cerchio, ode una voce che gli grida di badare perchè non passi sulla testa dei

dannati,

Dante volgendosi allora da ogni dove, per vedere in qual luogo si trovasse, gli si offre innanzi un immenso lago di ghiaccio, trasparente come cristallo, nel quale sono immersi con tutto il loro corpo migliaia di dannati, la cui sola testa è fuori della gelata superficie del lago, e questi dannati sono quoi traditori che il poeta ha distribuito in diverse classi.

Il loro supplizio è descritto con tratti di una semplicità energica e sublime e dipinto in modo da non potersi meglio immaginare.

In questo lago gelato, Dante riconosce parecchi dannati, che si resero più o meno celebri per grandi tradimenti; però il poeta si limita a nominarli e a far rapidamente allusione alle loro perfidie. Alla vista di due dannati immersi insieme nel medesimo ghiaccio, Dante si arresta percosso di sorpresa e di orrore, per raccontar minutamente ciò che vede, e noi ci fermiamo con lui per udire e comprendere il suo mirabile racconto.

Ma mi è d'uopo dar prima alcune nozioni storiche positive e precise sull'avvenimento, da cui Dante non ha tolto se non il lato poetico.

Questo avvenimento è pieno d'interesse e ribocca di particolarità caratteristiche intorno allo stato morale e politico dell'Italia in quell' epoca; ma io non posso che trattarlo in sommi capi.

Pisa, sebben ghibellina di principii e di abitudini, era in fatto una repubblica democratica siccome le altre città priucipali della Toscana, e avea costretto tutti i signori feudali del suo territorio a sottomettersi a lei, e a vivere nelle sue mura da semplici cittadini, senz'altro potere se non quello che da lei ricevevano.

Fra queste famiglie feudali sottomesse al governo pisano, ma che gli erano rimaste ostili in secreto e che cercavano incessantemente l'occasione di rovesciarlo, le due più po

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