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una tradizione ed ereditate dalle successive signorie vengono a produrre in più ampie proporzioni quelle lotte che condurranno alla lega di Cambrai ed alla dominazione di Carlo V.

Impossibile adunque accordare quegli elementi ripulsivi, fondare su di un sistema repubblicano l'unità politica dell'Italia. Potrà essere che un pericolo od un interesse comune riavvicini per un momento quei nemici, come spesso avviene nelle coalizioni di popoli differenti di schiatta e di politica. Landolfo il Giovane ci narra come nel 1112 Pavesi e Milanesi giurassero di servare se et sua contra quemlibet mortalem hominem natum vel nasciturum; simili trattati fecero Bologna e Modena, Firenze e Pisa; la lega di Pontida rappaciava fra loro le città lombarde dinanzi alle armate del primo Federico; ma cessato quell' interesse, dissipatosi quel pericolo, ritornati nelle condizioni normali, i comuni ridiventavano nemici. Nel 1127 Milano sconfiggeva i Pavesi, soggiogava Como, distruggeva Lodi; Firenze, che tanto cavallerescamente aveva custodito la città dei Pisani, assenti per la conquista delle Baleari, ebbe in Pisa un' accanita e continua rivale; e le inimicizie fra le città lombarde, specialmente fra Milano e Pavia, si riaccendono quasi subito dopo la pace di Costanza.

Queste nimistà non potevano che essere esiziali alla causa per la quale il municipio aveva inconsciamente combattuto; il libero comune, già costituito,

nella lotta cogli altri liberi municipii dovrà scendere a patti coi suoi nemici naturali e talvolta cercare in questi degli alleati; ed ecco venirne le alleanze paradossali delle repubbliche coi baroni, coi principi, coi re, cogli stranieri.

Aggiungasi un'altra causa di complicazione all'organizzazione politica del comune, la quale rendeva la forma repubblicana sempre più insufficiente ad effettuare un unico sistema di politica italiana. Le vittorie del comune sulla feudalità suburbana ed il suo prospero successivo sviluppo producevano due fatti, l'introduzione dell' elemento aristocratico nella costituzione municipale e la formazione di una possente borghesia, donde bene spesso il traffico, l' industria e la ricchezza facevano sorgere alcune famiglie a costituire un'altra specie di nobiltà non meno intraprendente ed efficace dell'antica feudalità. Venivansi adunque a formare due nobiltà le quali e pel loro carattere e per le loro origini non potevano essere che nemiche fra loro; un omicidio, una vendetta bastava per accendere una guerra accanita fra le due classi, rappresentate ordinariamente da qualche grande famiglia; nel seno stesso della repubblica innalzavano turriti palagi a rammentare i castelli del contado, atterrati dall'antico popolo; le loro discordie si propagavano a tutto il corpo dei cittadini; e spesso avveniva che un fatto totalmente privato dividesse la città in due opposti quartieri.

Anche in ciò le repubbliche italiane si rassomigliano tutte; dovunque sonvi due casati in perpetua lotta fra loro; a Milano i Torriani e i Visconti, in Verona i Montecchi e i S. Bonifazio, in Ravenna i Polentani e i Traversari, in Ferrara gli Estensi e i Torelli, in Bologna i Lambertazzi e i Geremei, in Pisa i Conti e i Visconti, in Firenze gli Uberti e i Buondelmonti, in Genova i Fieschi ed i Doria, in Roma gli Orsini e i Colonna. Sono queste famiglie che danno origine alle continue trasformazioni dello statuto fondamentale della repubblica; esse che coi tentativi oligarchici suscitano le intemperanze della democrazia; esse quelle che trasformando in una contesa interna la questione generale dell' impero e della Chiesa, introducono le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini a rappresentare colle alterne vittorie degli uni o degli altri il carattere del comune nelle sue relazioni politiche cogli altri Stati d'Italia.

Nel seno della repubblica si preparavano pertanto due cause di dissoluzione; dissoluzione politica esterna per le lotte di repubbliche contro repubbliche; dissoluzione civile interna per le lotte della nobiltà feudale contro la nobiltà cittadina, ossia per le lotte dei partiti, che dividono ogni città in due campi ostili. Era adunque un'opera di dissoluzione e non di unificazione quella che si produceva dal sistema repubblicano dei municipii italiani; il carattere delle repubbliche italiane nel Medio Evo fu affatto indivi

donde esse sorgono e si sviluppano. La nazione che scuote la servitù feudale, la tradizione indigena che si emancipa dalla sudditanza germanica e si sovrappone alla legge barbarica, ecco il carattere generale di quel grande avvenimento, che nella storia italiana si chiama l'istituzione dei comuni. Il traffico, il commercio, l'industria, la coltura, la religione hanno preparato quel fatto; la benefica amministrazione civile e religiosa del vescovo, le mura condotte intorno alla città, le corporazioni degli artieri convertitesi in in compagnie d'armi, il carroccio, i consoli, il consiglio grande, il podestà ne hanno assicurato l'esito; la guerra contro i castelli lo ha compiuto.

Tutte le parti d'Italia hanno combattuto e vinte quelle battaglie e quasi contemporanei (1) sono i trionfi che sul feudalismo ottenevano Milano e Pavia, Parma e Piacenza, Verona e Vicenza, Bologna e Modena, Ravenna e Faenza, Firenze ed Arezzo, Pisa e Lucca. La storia del successivo sviluppo interno di quelle repubbliche e delle singole costituzioni, che si vanno formando e trasformando durante e dopo quelle lotte, offre il medesimo carattere di identità, denota la ispirazione del medesimo spirito nazionale, è l'espressione della stessa situazione politica e civile. Dappertutto il reggimento municipale s'inizia con un

(1) Secondo il Ferrari, l'affrancamento dei Comuni è segnato dall'istituzione dei Consoli, la cui data generale si può riferire all'anno 1125, tre anni dopo la pace delle investiture.

A

consiglio di anziani (o sapienti, o buonomini, o rettori, o abbati del popolo), subordinato e sorretto da un consiglio generale in cui tutte le classi della cittadinanza sono rappresentate; sistema democratico patriarcale nel quale ci si mostra rivivere potentemente la tradizione latina prima colla somma autorità esecutiva affidata ai Consoli e in seguito colla autorità dittatoriale del podestà o del capitano del popolo. Spesso fra i due consigli s'interpone un terzo, il consiglio di credenza, che ha per iscopo di rettificare le deliberazioni dei seniori prima di proporle all'assemblea generale, istituzione che troviamo tanto a Milano (1) quanto a Firenze, si a Bologna che a Treviso.

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La cittadinanza poi dappertutto si distingue in tante corporazioni, che coi loro propri capitani e con ispe_ ciale organizzazione e particolari statuti vengono a formare altrettante piccole comunità nel comune.

Tale è la costituzione che del più al meno si mantenne in tutte le repubbliche italiane anche attraverso li svariatissimi rivolgimenti, a cui andarono tutte soggette, e per l'intervento della nobiltà feudale snidata dai castelli e costretta a porsi sotto la giurisdizione del comune, e per la separazione che il successivo sviluppo del municipio produsse fra plebe e borghesia.

(1) Credenza di S. Ambrogio.

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