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Darian ōia replica, la quale pertanto non Camma a produrre dintorno a sè una irraSatore efficace 2. bertà, non fu giammai distinta

ma peponderanza materiale, nè fu mai conquiSzIzici, come preparavansi ad esserlo le signorie. Po

Gior bene che Firenze abbia fatto du zikik so fu Caver prodotto un uomo che tanto energiormente protestò contro quella disordinata democriza, riconobbe l'impotenza di quella instabile coSucce e volle soggetta la patria città con tutti gham popoli d'Italia ad un principio forte e sacro ù polica nazionale.

Solo per mezzo di Firenze, dove la democrazia aveva la maggiore sua rappresentanza, poteva essere fermata la soluzione del problema italiano in senso repubblicano; solo Firenze poteva formare il centro di una grande federazione delle repubbliche italiane; ma Firenze fu libera e repubblicana solo per sè; respase la nazione dalle sue mura; era adunque impossibile che la repubblica somministrasse all'Italia la forma della sua politica unificazione. Si osservi però che io qui non parlo che della repubblica quale si presentava in Italia nel Medio Evo e che escludo dalla presente questione, affatto istorica, le idee politiche e sociali onde una tale forma può per avventura essere accompagnata ai nostri tempi.

III.

Il problema italiano poteva trovare la sua soluzione nel principato?

Il principato italiano è l'ultimo fatto del comune, come la forma imperiale nell'antica storia della nazione era stata l'ultimo fatto della repubblica romana. Il principato è la conseguenza necessaria del dualismo che si è agitato lungamente in seno al municipio e della natura esclusiva ed individuale della sua libertà. Il dualismo, quanto più il comune si sviluppa, assume un carattere tanto più concreto e determinato; e la lotta fra i nobili e il popolo, fra l'aristocrazia feudale e la cittadina, fra la borghesia e la plebe viene a raccogliersi quasi dappertutto nella lotta fra due fazioni, che si chiameranno dei Guelfi e dei Ghibellini, dei Bianchi e dei Neri, o piuttosto fra due famiglie che saranno a Milano i Torriani ed i Visconti, a Perugia gli Oddo ed i Baglioni, a Pistoja i Panciatichi e i Cancellieri, ecc. Queste nimistà di casati non sono meno sanguinose degli antichi tumulti e nelle istorie italiane segnano quelle pagine tremende, dalle quali poeti e romanzieri prenderanno poi i vivaci colori delle loro pitture.

La durata di questa seconda lotta è varia secondo le varie città, ma dappertutto il trionfo di una famiglia segna lo stabilimento del principato. Il Signore

si chiamerà prima podestà, o liberatore, o anziano, o capitano generale, o protettore del popolo; il suo dittatorato da annuo o triennale si farà a poco a poco perpetuo; egli stabilirà fermamente la propria supremazia esiliando o spegnendo le famiglie più possenti e minacciose del comune; si renderà necessario a questo, ormai svigorito od opulento, seguendone all'estero le tradizioni, col portar guerra coi proprii mercenarii alle antiche città rivali, e facendo internamente prosperare le fonti del benessere e della prosperità cittadina; infine alle diete degli Imperatori o alla corte pontificia si farà consacrare il diritto del potere acquistato; e se i suoi tentativi sono coronati dal successo, fonderà la dinastia.

Con questa comincia un nuovo ordine di cose; l'antica lotta fra comune e comune diventa guerra di conquista; all'incomposta fanteria degli artigiani raccolti intorno al carroccio succedono le falangi e la tattica di valenti capitani di ventura; le città e le signorie superate nelle battaglie sono anche sottomesse alla giurisdizione della città vincitrice; il principe va allargandosi il dominio; e comincia cosi a semplificarsi alquanto il sistema delle relazioni politiche fra stato e stato, mentre internamente cessano le feroci battaglie delle antiche fazioni e la perdita di una libertà sempre procellosa e pericolante viene largamente compensata dai beneficii della pace, dalla sicurezza data alle industrie ed ai commerci, dalla tol

leranza del libero pensiero, dagli efficaci favori onde la scienza, le arti e la letteratura vanno liete e dalla uguaglianza di ogni classe di cittadini sotto la provvida tirannide dell'antico podestà o protettore del popolo.

Questa è in generale la genesi del principato italiano, che comincia e si sviluppa nel trecento e s'impone a tutto il movimento politico del secolo XV, conservando però l'individualismo avuto in retaggio dal comune e che condurrà finalmente lui pure alla sua ruina. Del resto però nel secolo in cui Dante si proponeva a risolvere il problema del riordinamento politico dell'Italia, il principato, oltrechè essere contemporaneo alle ultime fasi del sistema repubblicano, si presentava sotto varii aspetti; era monarchico nell'Italia meridionale, militare ed avventuriero nell'Italia di mezzo, ducale nell'alta Italia. Quale di queste tre forme poteva meglio soddisfare alla soluzione del nostro problema?

La prima forma era rappresentata dal regno di Napoli. Quivi la monarchia aveva lasciato indecisa la lotta fra il feudalismo e il comune, sovrapponendosi a tutti e due e mantenendo ciascuno nella sua propria sfera d'azione. L'invasione normanna vi aveva portato il sistema monarchico-feudale della Francia e la successiva conquista degli Angioini non aveva fatto che riconfermarlo. - Ma perchè quello potesse diventare il sistema unificatore dell'Italia, era neces

sario o che si imponesse gagliardamente colla conquista, o corrispondesse al carattere generale della vita italiana nelle altre parti della penisola. Poteva però essere conquistatrice e trarre a sè l'egemonia dell'Italia una monarchia che si proclamava feudo della Santa Sede e, fattasi campione del papato, aveva assunto la politica dissolvitrice del Guelfismo? Come potevano accordarsi le istituzioni feudali e l'indole affatto medievale ed esotica di quella monarchia col generale risorgimento delle tradizioni italiane? - Fra la monarchia normanna e l'angioina corse la splendida epoca degli Hohenstaufen, la cui storia in Italia si annette a quella dell'Impero, di cui faremo parola più avanti; ma la monarchia Sveva, che per mezzo del Ghibellinismo aveva realmente tentato di diventare base dell'unificazione italiana, dovette soccombere co' suoi magnanimi intenti in quelle sconfitte che dalle armi di Carlo d'Anjou il partito ghibellino riceveva a Benevento e a Tagliacozzo. La successiva storia della monarchia napoletana colle scandalose sue avventure di palazzo, colle sue sedizioni, colle sue guerre di successione, co' suoi re venuti d'Ungheria, colle sue regine dissolute e scellerate, non ha grande importanza pel nostro problema, nonostante il tentativo di Ladislao di creare un regno d'Italia e l'audace motto da lui assunto: Aut Caesar aut nihil.

La seconda forma di principato ebbe una grande importanza nella storia dei partiti italiani nel se

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