Salve! ed il vale 'una mortale Non disdegnar; Che un altro vivere Ha nel futuro, Oltre l'imperio Che non ha termine; Mentre fia spento Ma or sei la nuvola Qual d'oro e porpora Or sei la candida Che ti somiglia, Che bee la gloria Dalle tue ciglia, Spiega il volubile Arco sottile, Quasi un monile Sciolto al suo re. Ma qua! s'alza da valle protonda Che improvvisa dai monti sgorgo; Del meschino che il nappo vuotò. Ne gia in pianto il mio duolo si scioglie, Tranquillo delirio Di tenero amore Da' raggi molteplici Piovea nel mio core Ne' giorni più placidi Che ratti passar. Pensava che gli angeli Ei fosser d'un Nume Veglianti con ansia Nel trepido lume, La stirpe degli uomini Ma poscia che l'empio E vidi, dall' orrido Scontrarsi alle guerre, Reddir nella gloria L'iniquo a sue terre, E vano negli ordini Del giusto il valor; Mi parver caratteri E dir che l'Altissimo Tale il tristo pensier mi ragiona. Son dieci anni che il vento ti scote, Ali! che sempre nel cor mi rimbomba La funesta parola, o fratello (1), (1) Poggiolini, unico fratello della Giuseppina, giovine di bellissime speranze, fu de' trentaquattro studenti lombardi che, lasciato lo studio di Pavia, corsero nel 1821 a chiedere un moschetto a' Piemontesi, insorti per trar di servaggio l'Italia. Svanite le speranze di loro, dovettero cercar rifuggio in Ispagna, dove provarono con atti eroici, nelle misere guerre dal 21 al 23, di qual tempra erano i loro petti. Il Poggiolini morì in Catalogna di nobilissime ferite ricevute dai soldati detti della Fede, i quali inferociti dal coraggio del prode italiano, avuto il cadavere di lui, ne fecero miserabile strazio. (L'Editore.) Che narrò la ferita e la tomba LE MEMORIE DELL' INFANZIA. ODE. Qual se fra dense tenebre Tal mi sei scorta, o amabile Oh bella età, del candido Oh come scorrean rapide Ovvero a gara correre Poi stanche al rezzo assidersi Indi con orme tacite E quando imbruna l'acre Seguir con passo errante Rammento quelle pergole O lucide meteore A cui nel seno apparve L'errar con passo aereo Quindi le veglie e i tremiti, LA ZINGARA. CANZONETTA PER MUSILA. Qua la mano, Giulia bella, E ti dico la ventura... Del tuo nascere la stella Lieti giorni t'assicura : Non ti prema del presente Se t'arride l'avvenir... Ma non odi, e all'oriente Volgi il guardo con desir? Nella palma oh! quanti io miro Tra' guerrier di Palestina LA SORRENTINA. CANZONETTA POPOLARE NAPOLETANA. Io ti vidi a Piedigrotta Da quel giorno non ho pace, Mi rattrista la bonaccia, Mi sgomenta la procella, L'altro giorno in gran periglio Nella tempesta che m'incalza e preme Unico porto. Peccai; convien che lavi il fallo mio In abbondevol pianto, Ma in mezzo del dolor s'innalzi a Dio D'ogni profano inutile contento Nel nome tuo, Signor, feci a me guerra!.. E tu si grande sei, Che quanto avea di ben per me la terra Io ti cedei!... È più dolce del sospiro Che una madre esalerȧ, Nell'istante benedetto Che il suo nato bacerà, Quell'affetto che si spande Dall'essenza più gentil, Dello spirito che anela Farsi agli angeli simil. Ah! di lui ripieno, o cara, Il mio cor per te sarà! Prendi un bacio; - egli suggella Santo patto d'amistȧ. ISABELLA ROSSI, DA FIRENZE. LA NANNA. NEL seno maternc La Vergin ti guardi Nel grembo materno, Oh dormi, leggiadro Poi, quando ti desti, L'AMICIZIA. È più puro della brina Che lucente irrora i fior, Più soave del sorriso Che fa bello un primo amor; – A GUALTIERO. Dolce com' arpa angelica Suona d'amor parola, Tu la dicesti, e rapida Di sfera in sfera vola, Mista agli eterni cantici Dell' Increato Amor. « Ama!» è l'accento mistico Che l'universo unisce, Ove ogni santo palpito Principia e in un finisce.« Ama!» è la voce altissima Che suona in ogni cor. Quando la terra allegrasi, Quando sfavilla il sole, O la rugiada tepida Bagna de' fior l'ajuole, « Ama! » sussurra l'aura Con placido alitar. << Ama! un arcano brivido Dice, se in ciel stellato Splende la luna, e tremulo Qual guardo innamorato, Vibra il suo raggio candido Nel sottoposto mar. Ama, Gualtiero! infondesi Io gli ricambio; - emanino CINZICA DE' SISMONDI. CANTICA. ....Tutti fuggivano; in tanta trepidazione sola una donna della famiglia Sismondi chiamata Cinzica, invece di seguire i fuggiaschi, passò sola fra i musulmani, destò i consoli nel loro palazzo, fece suonare la campana d'allarme.... (SISMONDI, Rep. it., cap. v.) I. Una brezza leggera increspa l'onda Del limpid' Arno, ed i Pisani ostelli Chiudon gente tranquilla.-Alta è la notte: Non risplende la luna, ed il riposo Dell'intiera natura invita al sonno Fino il superbo che l'altera mente Pasce nei sogni della gloria, e il mesto Che perde le speranze, e l'amoroso Che palpita ad un nome, ed il ribaldo Che cova nel pensier sangue e rapina. Ecco di remi un agitar lontano!... Sirompeil fiotto.-Un murmure sommesso, Indistinto s'appressa, e le galere Carche d'armati rimontando il fiume Portan gli audaci Mori a Pisa in seno. Musa ritto alla prua stringe l'acciaro Con altero cipiglio, e d'un sorriso Che la strage promette incuora i suoi. Lunge è la forte gioventù Pisana Ita a salvar dagli infedeli artigli L'avvilita Calabria, a cui la tema Toglie il valor per liberar se stessa.De' miseri abbattuti il pianto invano Non udirono i prodi, ed alle spose, Alle case paterne un santo addio Dier, volgendo le antenne al lido estremo, Ove d'Italia il suol diletto ha fine. Cosi, deserta dei suoi figli, stava Quasi inerme al periglio ed all' offesa, La città valorosa, e Musa astuto Librò le proprie forze e l'altrui sceme :Piomba inatteso, ed un tremendo grido Di minaccia e di morte alza la turba Degli Arabi seguaci. - Il fuoco avvolge Già con torbide spire i primi tetti Che si specchian nell'Arno, e sopra il ponSi lanciano i feroci. - Allor si sente Un ululo, un compianto, un lamentio Di persone fuggenti : il fero evento Si dipinge più tetro entro la mente Degli atterriti cittadin : si crede [te Un flagello di Dio : non si domanda Chi reca il lutto e la ruina; in fronte Par che miri una mèta, e non vacilla « Cittadini, lasciate le piume, << Stan la morte, l'incendio, il terror.- α |