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Nelle paure della veglia bruna

Te noma il fanciulletto; a Te tremante,
Quando ingrossa ruggendo la fortuna,
Ricorre il navigante.

La femminetta nel tuo sen regale
La sua spregiata lagrima depone,
E a Te, beata, della sua immortale
Alma gli affanni espone ;

A te, che i preghi ascolti e le quercle
Non come suole il mondo, nè degl' imi
E dei grandi il dolor col suo crudele
Discernimento estimi.

Tu pur, beata, un di provasti il pianto : Ne il di verrà che d'obblianza il copra: Anco ogni giorno se ne parla; e tanto Secol vi corse sopra.

Anco ogni giorno se ne parla e plora

In mille parti: d'ogni tuo contento
Teco la terra si rallegra ancora,
Come di fresco evento.

Tanto d'ogni laudato esser la prima

Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea;
Tanto piacque al Signor di porre in cima
Questa Fanciulla ebrea.

O prole d' Israello, o nell' estremo

Caduta, o da si lunga ira contrita,
Non è Costei che in onor tanto avemo
Di vostra gente uscita ?

Non è Davidde il ceppo suo ? con Lei
Era il pensier de' vostri antiqui Vati,
Quando annunziaro i verginal trofei
Sovra l'inferno alzati.

Deh! alfin nosco invocate il suo gran nome,
Salve, dicendo, o degli afflitti scampo;
Inclita come il sol, terribil come
Oste schierata in campo.

VI.

IN MORTE DI NAPOLEONE.

(IL CINQUE MAGGIO.)

ODE.

Ei fu; siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita,
La terra al nunzio sta;

Muta pensando all' ultima
Ora dell' uom fatale,

Në sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

Lui sfolgorante in soglio
Vide il mio genio e tacque,
Quando con vece assidua
Cadde, risorse, e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha :

Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio,

E scioglie all'urna un cantico,
Che forse non morrà.

Dall' Alpi alle Piramidi
Dal Mansanare al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenca dietro al baleno ;
Scoppio da Scilla al Tanai,
Dall' uno all' altro mar.

Fu vera gloria? ai posteri
L'ardua sentenza; nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida

Gioja d' un gran disegno,
L'ansia d'un cor, che indocile
Ferve pensando al regno,
E'l giunge, e tiene un premio
Ch' era follia sperar,

Tutto ei provò ; la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga, e la vittoria,
La reggia, e il triste esiglio,
Due volte nella polvere,
Due volte su gli altar.

Ei si nomò: due secoli,
L'un contro l' altro armato,
Sommessi a lui si volsero
Come aspettando il fato :
Ei fe' silenzio, ed arbitro
S'assise in mezzo a lor;

Ei sparve, e i di nell' ozio
Chiuse in si breve sponda,
Segno d'immensa invidia
E di pietà profonda,
D'inestinguibil odio,
E d'indomato amor.

Come sul capo al naufrago
L'onda s' avvolve e pesa,
L'onda su cui del misero
Alta pur dianzi e tesa
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;

Tal su quell' alma il cumulo
Delle memorie scese;
Oh! quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sulle eterne pagine
Cadde la stanca man!

Oh! quante volte al tacito
Morir d'un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei di che furono
L'assalse il sovvenir.

Ei ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo dei manipoli,
E l'onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere obbedir.

Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo ;
E disperò; ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò ;

E l'avvio su i floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desiderii avanza,
Ov' è silenzio e tenebre
La gloria che passò.

Bella, immortal, benefica
Fede ai trionfi avvezza,
Scrivi ancor questo; allegrati:
Che più superba altezza
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola ;
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.

A FRANCESCO LOMONACO (1)

SONETTO.

COME il divo Alighier l' ingrata Flora Errar fea, per civil rabbia sanguigna, Nel suol cui liberal natura infiora, Ove spesso il buon nasce e rado alligna.

Esule egregio, narri : e tu pur ora Duro esempio ne dai; tu cui maligna Sorte sospinse, e tiene incerto ancora In questa di gentili alme madrigna.

Tal premii, Italia, i tuoi migliori : e poi Qual pro se piangi, e il cener freddo adori, E al nome voto onor divini fai?

Si da barbari oppressa, opprimi i tuoi; E ognor tuoi danni e tue colpe deplori, Pentita sempre e non cangiata mai.

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Dopo il preparamento,

Si, Tu scendi ancor dal Cielo ;
Si, Tu vivi ancor fra noi:
Solo appar, non è, quel velo:
Tu l'hai detto; il credo, il so;
Come so che tutto puoi,

Che ami ognora i tuoi redenti,
Che s'addicono i portenti
A un amor che tutto può.

(1) Francesco Lomonaco, Napoletano, autore delle Vite degl' illustri Capitani italiani, fra' quali è annoverato anche l' Alighieri finì con suicidio i travagliati giorni. (L' Editore.)

Dopo la consacrazione,

Ostia umil, Sangue innocente,
Dio presente, Dio nascoso;
Figlio d'Eva, eterno Re!
China il guardo, Iddio pietoso,
A una polve che Ti sente,
Che si perde innanzi a Te.

Dopo la comunione.

Sei mio; con Te respiro,
Vivo di Te, gran Dio!
Confuso a Te col mio
Offro il tuo stesso amor.
Empi ogni mio desiro;
Parla, chè tutto intende;
Dona, chè tutto attende,
Quando T'alberga, un cor.

AL LETTORE.

IL nome di Alessandro Manzoni sali in tanta rinomanza, e le opere di lui furono con tanta cura disaminate da valentissimi scrittori, che il dirne da noi sarebbe ripetere quello che tutti sanno.

Nella prefazione dell'autore premessa al Carmagnola sono discusse le regole antiche e moderne della tragedia; e basti per questo volumetto. Chi fosse vago di maggiori osservazioni critiche sulla quistione delle unità di tempo e di luogo vegga l'edizione delle Tragedie del Manzoni, in-12. Parigi, Baudry, 1830, ricca d'uno scritto dell' Ugoni, o quella più completa delle opere del nostro Autore, 2 vol. in-8°, Firenze, 1829; ed in quest'ultima troverà inoltre di molti gioielli dalla penna del Tommaseo.

Noi abbiamo raccolto in queste pagine tutte le poesie del Manzoni

che videro la luce, ed alcune ( tali sono le Strofe da cantarsi da un coro di giovanetti alla prima comunione) non contenute, a creder nostro, in verun'altra raccolta. Ben sappiamo correre manuscritti versi della prima gioventù del nostro Autore, monumenti d'ingegno precoce e d'alto sentire; ma di queste giovanili preziosità non volemmo farci arditi d'arricchire il nostro volume, e solo, come saggio di esse, diamo il Sonetto a Francesco Lomonaco tolto dalla citata edizione fiorentina.

Le molte edizioni delle opere del Manzoni sono altrettante corone d'alloro che la nostra età nemica di poetiche cascaggini, tutta intenta a crear nuove forze, a ricercar gli arcani delle scienze, tesse riverente al merito di lui

A. RONNA.

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