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Il Delfico e Ammonio

Men celebre fu.

DON GASPERONE.

Che imbroglio, che impaccio. lo palpito e agghiaccio! Fra queste tremende... Grottaglie ben vecchie... Fra streghe e fattecchie... Qui restaci tu.

DON PLASTRONE.

Deh ferma, milenso, Il colpo e già fatto; Non ve' che propenso Trofonio ci fu? Ascolta una volta,

Trofonio vien su.

SCENA XVIII.

TROFONIO da mago, e Dɛtti.

TROFONIO.

In questo minuto

Venuto è in tuo aiuto

Trofonio barbuto,

Temuto da Pluto,

Che ha sopra il demonio

Arcana virtù.

DON GASPERONE.

Guardarti non oso,
Trofonio peloso,
L'aspetto é d'un orco,
Il muso è d'un porco,
Un vero antimonio,
Trofonio, sei tu.

TROFONIO a don Piastrone.
T'ascolta Trofonio.
(A don Gasperone.)
Sta zitto un po' tu.

DON PIASTRONE. L'umore e il cervello Sconvolto han del tutto Mie figlie, il bel frutto Del mio matrimonio : Trofonio, Trofonio, Risanale tu.

CORO unito a TROFONIO.

Dar loro altro conio

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E artatamente di mia man l' estesi.

DON PIASTRONE.

Oimè! quanto sa far!

TROFONIO.

Ciò che comando. Mia È Madama. Tu sposa

Dunque adempite

Eufelia, impalma tu la locandiera.
Tu sposa Dori, e subito; altrimenti
Io vi fo diventar tanti giumenti.
DON PIASTRONE.

Ma a matrimonii di cotanti impegni
Luoghi questi, o signor, non sono degni.
TROFONIO.

Ecco ammirate il sommo

De' miei rari portenti.

Di delizie e grandezze.

Questa spelonca omai reggia diventi.

(Ad una scossa della verga che darà Trofonio sparisce la grotta, e si trova nel suo luogo una deliziosa reggia, e lui in un tratto spogliato dell'abito di filosofo, e vestito di nobilissimo abito greco.)

Che delizie !

DORI.

Siete ancor ostinato

Sior Piastrone?

DON PIASTORNE.

No, son suo, musin garbato.

MAD. BARTOLINA.

Gasperon, questa man m' hai da baciare.

DON GASPERONE.

Madama, in carità non mi seccare.

TROFONIO.

Presto dall' antro uscite,

Ai vostri sposi, al genitor venite.

ARTEMIDORO.

La sposa mia dev'essere

Dori; si sa che il genitor lo scrisse.

DON GASPERONE.

E non ti vuoi serbare
Cotesta bocca per i bei bocconi ?

TROFONIO.

Piastron di quello scritto

Nulla ne sa, io la sua forma presi,

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DRAMMA EROI-COMICO PER MUSICA.

ARGOMENTO.

Teodoro baron di Neuhoff è uno di quei sinqlari fenomeni che di tratto in tratto offre la seria. Era egli nativo di Westfalia, di spirito fervido e intraprendente, e d' indole romanesca. Dopo corse varie avventure in Germania, Francia, Svezia e Spagna, si portò in Tunisi, are col mezzo del suo famoso amico baron di Ri. perda che caduto dal ministero di Spagna si era con grandi ricchezze ricoverato in Affrica, gli rise d'ottenere da quel Bey e mercadanti, conviderabili somme di danaro e munizioni da guern, colle quali, sbarcato in Corsica, accolto fu en semmi enori da quei malcontenti, che allora eraso alle mani co' Genovesi; e lusingandoli con grandiose promesse di flotte e di altri soccorsi per parte di diverse corti d'Europa, gl' indusse ⚫ farsi da loro eleggere e incoronar re di Corsica. Ma non comparendo mai nè flotte nè soc. corso, e mancatogli totalmente il danaro, i Corsi più non gli prestarono obbedienza; ed ei fu costretto a ritirarsi dall'isola, e portarsi in Olanda e in Inghilterra. Ivi gli riuscì di ammassar di nuovo del danaro, che l'incoraggiò a far qualche altra comparsa in Corsica ; ma non fu ricevuto ne riconosciuto da quei popoli, e spa. tentato dal bando pubblicato dalla repubblica di Geneva sopra la sua testa, ritornò in Olanda, sve fa carcerato per debiti. Uscito dalla prigiosia, si trasferì a Londra, e anche colà fu fatto arterare da' suoi creditori: e liberato ancora da questa prigionia, avendo per così dire esaurito e svaporato il cervello in tanti raffinati pensimenti e artificiosi ritrovati, restò stupido; e indi a poco mori. Alcuni amatori dello straordimarie gl'innalzarono un mausoleo, ove era descritta la sua vita e le sue gesta.

Questo singolar personaggio è il soggetto del presente dramma, ove Teodoro si fa comparire ia Venezia, come lo rappresenta uno dei più ameni tratti sortiti dalla penna d'un celebre scrittore in una delle sue più leggiadre e bizarre produzioni, generalmente conosciuta. Tutte le circostanze sono immaginate, e l'incontro di Acmet e di Belisa non deve riguardarsi che come semplice episodio. Si è dovuto sagrificare la convenevole estensione che richiederebbe il sog. getto al comodo della musica, agl' incomodi i comunemente ricevuti dal Teatro Italiano, e a limiti del tempo, dentro i quali devono ristringersi sì fatti spettacoli.

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