Il suocero d'un re. Cosa può fare Il merito d'aver sì bella figlia! Che importa a me se Savio del Consiglio, Se patrizio non son, nè senatore; Se tu, Lisetta mia, tu dolce frutto Di mia paternità, compensi il tutto! Impaziente io sono... eccola. Ah vieni, (Va incontro a Lisetta che vede venire, e l'abbraccia.)
Vieni fra le mie braccia, o cara figlia,
fu lo splendor sarai di mia famiglia. Le favole e l'istorie
Non dubitar, carina, Sarai, Lisetta mia, sarai regina. Figlia, il Cielo ti destina Per isposa ad un sovrano. Ti vedrò lo scettro in mano, Ed invece della cresta
La regal corona in testa : E d'eredi una dozzina Usciran dal sen fecondo Della gravida regina,
Che saran stupor del mondo, E dei sudditi l'amor. E scherzando i nepotini Tutti intorno a me verranno : O che cari pargoletti! Che graziosi principini! Ed i popoli soggetti,
Tutti omaggio presteranno Alla figlia e al genitor.
Che novità, che stravaganza è questa! Di quale confusion m'empi la testa Di mio padre il linguaggio oscuro e strano, Il conte Alberto è re !... vuole sposarmi! Non vi sarebbe sotto qualche trappola Per ingannare me e mio padre?... E poi Come potrei Sandrino mio tradire?... Tradirlo! ah no... mi sentirei morire! Come obbliar potrei Il mio primiero amor? Ah ch'io ne morirei Di pena e di dolor. Il caro amato oggetto Sveller non so dal cor, E al mio primiero affetto Sarò costante ognor. Ma che rimiro ? ei stesso
Con Belisa vien qua: molto occupati In familiar discorsi, e allegri molto Mi paiono ambedue : cos' egli mai Ha da far con colei ? sono inquieta
Se non giungo a sape di che si parli : Mi porrò qui in disparte ad ascoltarli.
Gentilmente convien pregarla pria
E d'accettarlo, e di scusar l'ardire : E femmine talora
Di sì buon cuor vi sono
Che fan l'onor fin d'accettar il dono.
Che bizzarro cervel!
BELISA l'accarezzando.
Via, caro Turco,
Questa prima lezion mettete in pratica; Fate l'offerta vostra.
(Questa è una cosa da morir di risa.)
Questo gioiello d'accettar, Belisa, Ti prego, e dell' ardir chiedo perdono.
Scuso l'ardire, Acmet, e accetto il dono. (Facendo un grand' inchino, prende il gioiello.)
Bravo davver! da un Turco
Tanto non attendea : se seguirete A profittar così, farete in breve Sotto la scuola mia
Un onore immortale alla Turchia. Se voi bramate
Il nostro amore, L'arte imparate Di farvi amar. I vezzi teneri, I dolci modi, Il tratto amabile Sono quei nodi
Che il cor ci possono Incatenar.
Col ruvido impero,
Coll' aspra favella,
Col ciglio severo, Di giovine bella Invan pretendete L'affetto acquistar. (A Sandrino in disparte.) Se ancor non l'intende, Tu meglio, o Sandrino, A quel babbuino La scuola puoi far.
(Di Sandrin che mi ha delusa Io non so scordarmi ancor.)
(Al suo padre, a Teodoro, e Gafforio.) Chiedo a voi perdono e scusa Del silenzio e del timor.
TEODORO, TADDEO, GAFFORIO a tre. Merta ben perdono e scusa Quel silenzio e quel timor.
Ma qua viene Lisetta il mio bene. LISETTA uscendo.
È qui il perfido, è qui il traditore.
E osi ancora parlarmi d'amore? E osi il guardo fissarmi nel volto? Fuggi, ingrato, che più non ascolto Le menzogne d' un'alma infedel.
Brava figlia! quel nobile orgoglio Degno è d'anima grande che al soglio Con ragion destinata è dal Ciel.
Ma che avvenne? che sento? ove sono? Perchè meco sei tanto crudel?
Vanne pur, mentitor, t'abbandono ; Vanne perfido, vanne crudel.
D'uno scettro l'acquisto e d'un trono Val la pena di far la crudel.
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