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sua famiglia, di essa occorre prima far qualche menzione.

Caso strano! Considerando gli effetti che apparvero nel giovane Leopardi, quella famiglia, que' genitori ci si mostrano dapprima sotto un aspetto molto oscuro. Ma quando poi entriamo nella loro casa, quando li conosciamo più da vicino, specialmente quel padre che da noi si credeva la bestia più nera del mondo, il nostro giudizio si modifica essenzialmente e la nostra ripugnanza cessa. E ciò perchè quella famiglia, nonostante che lontana tanto dal nostro modo di vedere, è sempre una famiglia onestissima, amorevolissima, senza ombra d'ipocrisia. Le loro opinioni son false, ma di buona fede, ed i loro cuori eccellenti. Vi si respira non so che di nobile e di puro. Nulla che gli disonori, anche quando segui la divisione tra il padre e il figlio, la lotta, le querele più amare; anche quando morto Giacomo, essi rimpiansero forse più l'impenitenza che la sua perdita immensa. E d'altra parte Giacomo Leopardi benchè preferisse qualunque supplizio a quello di vivere in casa, non odiò, non disprezzò mai suo padre, da cui fu sempre tenerissimamente amato. La mente era soltanto ottenebrata al conte Monaldo, ma il cuore era buono da non temere il giudizio della posterità più severa.

§ 2.

In un volume di lettere scritte a Giacomo Leopardi da' suoi parenti, edizione curata da Giuseppe Piergili, Lemonnier, 1878, tutti parlano i cari parenti suoi, i genitori Monaldo e Adelaide, Carlo, Paolina, Luigi, Pierfrancesco, fratelli, e la zia Ferdinanda, sorella di Monaldo, e tanto conforme al gran nipote nel sembiante e nella squisitezza del sentire. C'è un vocío di famiglia tanto attraente, un tale amore fra di loro, un candore, un odor di casa paterna, una sensibilità squisita e quasi febbrile, un tutto così armonico e poetico velato come da una nube di tristezza dalla prima all'ultima pagina. Non Giacomo soltanto è infelicissimo per tutte le cause ad ognuno manifeste, ma anche Paolina e Carlo, i suoi primi unici compagni; anche la zia Ferdinanda, oppressa da un peso di dolor continuo, non per le medesime cause de' giovani, e non alleviato neppur dalla sua fervida religione. Una tristezza proprio di famiglia, e forse è un sentimento naturale alle antiche famiglie sopravvissute a' loro tempi in questi secoli plebei.

La persona che più somiglia a Giacomo nel fisico

e nel morale è la sorella di Monaldo, la zia Ferdinanda. Di squisita sensibilità, sente un vuoto cosi amaro che appena la sua fervida religione può riempiere. Gli scrive: «Mi consola l'idea di poter essere io una di quelle poche persone, colle quali il mio Giacomo potrà aprire il suo cuore, perchè non tanto dissimile troverà il cuor della zia. Essa non ha studiato, ma ha sortito dalla natura una sensibilità che, anzichè indebolir cogli anni, sembra acquistar da essi maggior fondamento (1). » E seguita, che se ben costretta a conversar con molti, vive sola. E a pag. 6: « Nella mia solitudine godo di farvi compagnia, venendo con voi e accompagnandovi fuori casa come se personalmente fossi con voi. » E a pag. 9: «Allorchè trattasi di far palese il cuor mio a un cuor ben fatto, i miei sentimenti escono dal cuore, vanno alla penna, alla carta, come un vaso d'acqua versa ciò che contiene. Voi potrete rilevarlo senza stento, giacchè sembrami possediate lo stesso dono di natura. » E a pag. 11: «Se potessi rendervi felice, lo farei a costo di qualunque interesse e sacrificio. » E a pag. 15: « Avevo pregato vostro padre a volervi far venire in Roma in mia casa per qualche tempo. Esso mi ha fatto qual

(1) Lettere scritte a G. Leopardi da' suoi parenti, per cura di PIERGILI, P. 3. Firenze, Le Monnier, 1878.

e

che riflessione, ma non mi ha negato questo favore. » Tuttavia non lo mandò. E a pag. 17: « Assicuratevi che in me troverete una madre affettuosa, non potrà dispiacervi di cambiare per qualche tempo il soggiorno di Recanati con quello di Roma. » E a pag. 23: «Ho fatto per voi ciò che mai avevo fatto per me, cioè sono io stessa andata dal cardinale segretario di Stato per una certa cosa che credo potesse competervi (per farlo nominare professore di latino nella Biblioteca vaticana). Non ho avuto positiva speranza, ma non dispero. » Ed a pag. 24: « Voi ed io perchè troppo sensibili, saremo sempre infelici. La mia vita sarà breve più di quello sarebbe, se avessi dalla natura sortito un animo più insensibile. » Ed era moglie e madre amata, non deforme, in Roma.

Carlo e Paolina si sentono così miseri, da invocar la morte come l'unico bene. Fu l'influenza del maggior fratello aggiunta al tenore della vita che menavano. Sventure particolari a loro due e straordinarie non se ne conosce. In casa vivevasi signorilmente, e i giovani Leopardi fra di loro e co' genitori si amavano teneramente. Il loro patrimonio era il più largo in Recanati, benchè gravato di debiti per errori di Monaldo inesperto nella prima gioventù.

Con questo libro noi entriamo nella casa del gran Poeta, con lieta e grande nostra meraviglia. Noi ci sentiamo in una famiglia ben degna di Giacomo. Tutti gli appartengono, i fratelli, la sorella, i zii, ed anche, contro l'opinione finora prevalsa, l'eccellente ed onesto Monaldo, e ci vorremmo anche la madre Adelaide che lo chiama figlio d'oro, benchè pare ch'ella non abbia la sensibilità con la tristezza propria de' Leopardi, ma un carattere uguale e fermo col quale ristaurò la fortuna della famiglia. È dolce noi non dover escludere nessuno, se non forse la madre, dalla parentela di Giacomo.

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E quando Giacomo, l'anima sovrana, partì, questo bel tutto rimase come un corpo dolorosamente amputato. Giacomo! udivi sospirar da ognuno, non escluso il vecchio Monaldo; Giacomo tutti sognavano la notte, anche il bambino Pierfrancesco. Tutti credevano di vederlo a ogni istante, sentirne ancora i passi e la cara voce. L'anima di ciascuno pareva si fosse involata con Giacomo. Potere misterioso di un uomo straordinario, perchè nessuno di quelli che non potevano vivere senza di lui, ne comprendeva ancora la grandezza. Fu la pubblica fama che tardi ricondusse Giacomo in casa sua cinto di gloria. E pure ciascuno diceva a sè stesso: come vivere senza di lui? che son io senza di lui? E cosi delirano e

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