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neva al figlio di abbandonare il tetto paterno, non la poteva comprendere un povero vecchio pietrificato nel suo passato. Lui e il figlio erano due secoli avversi.

Tutto è antico in Monaldo « l'ultimo spadifero d'Italia,» anche la vanità municipale che ci rammenta i nostri buoni arcavoli. « Seppi con moltissima compiacenza da' vostri fratelli che si stamperanno fra poco le opere vostre, ed in questo proposito spero che vorrete renderle per me di doppia soddisfazione, scrivendo il nome della vostra patria nel manifesto e nel frontispizio del volume. Plutarco non si vergognava di confessare la sua Cheronea, e quel briccone si, ma pur bravo Alfieri confessava la sua Asti; e a voi dal confessarvi recanatese ne verrà più onore, poichè si sa che in Recanati non sono uomini da' quali trarre esempio ed aiuto (1). » Non è soltanto per onor del figlio che vuole fatta menzione di Recanati. Ci entra anche un pensiero più venerabile e antico, « per far rabbia alla vicina ed emula Macerata. »

Ma nonostante questa fanciullesca vanità e l'orgoglio suo paterno soddisfatto per la fama che si andava acquistando il figlio, il suo cuore sempre

(1) Appendice all'Epistolario, per cura di P. VIANI, ecc., p. 55.

geme per la costui lontananza. « Io, figlio mio, son contento che vi contentate e vi facciate onore, ma ritenete pure che ciò si fa a grandi spese del mio cuore, il quale soffre indicibilmente per la vostra lontananza, e non poco ancora per il vostro scrivere così raro. Vi ricordo poi quello che altre volte vi ho scritto, cioè, che per quanto gli anni siano cattivi, saprò sempre trovar il modo per accorrere ai vostri bisogni, sicchè, se vi trovaste in urgenza, scrivetelo liberissimamente al padre vostro, che vi ama più di quanto credete (1). »

A dirla schietta, Monaldo, sempre a modo suo si intende, ama più il figlio che non n'è forse riamato. Nelle lettere di Giacomo al padre non si trova di cosi frequenti effusioni del cuore, se n'eccettui qualche caso raro, come in occasione della morte di Luigi. Eh! tiranno idolo della libertà, come spesso ci allontani dal vero. Le opinioni che pur dividevano questi due uomini, ron formano mai la nostra felicità, la nostra virtù, che riposa solamente sui buoni sentimenti. Tutto il resto è vanità, tutte le nostre opinioni sono sogni. Ciò che c'è di vero e di grande nell'uomo, bisogna cercarlo nel suo cuore. Qualche volta il vecchio sente umilmente che deve

(1) Appendice all' Epistolario, per cura di P. VIANI, ecc., p. 56.

riuscir uggioso al figlio, e vorrebbe, ma non osa, aprirgli il cuore. « Carissimo figlio mio, ho ricevuto la cara vostra delli 13 corrente, e se voi non ricevete più spesso lettere mie, ciò non accade perchè mi sia molesto lo scrivervi, che niente mi piace tanto quanto il trattenermi col mio caro figlio, nè perchè voi mi scriviate tanto di rado, ciò che mi dispiace senza puntigliarmi, che co' figli non si sta sulle etichette; ma accade perchè mi pare che le lettere mie sieno di molestia a voi, e che voi diate ad esse un riscontro stirato stirato, come i versi latini delli ragazzi, quasi che il vostro cuore trovasse un qualche inciampo per accostarsi al mio, il quale vorrebbe esser veduto da voi una volta sola e per un solo lampo, e questo gli basterebbe. Ultimamente poi ho taciuto con voi più lungamente del solito, perchè mi è dispiaciuto un poco, e più di un poco, il non rivedervi quest'anno; e questo dopo che la vostra de' 4 ottobre mi diceva in italiano naturale che volevate star a casa l'inverno.... Io rifletto che se nelle stagioni buone dovreste star fuori per accostarvi a' letterati e per accudire alle lettere, e nelle stagioni cattive dovreste star fuori per evitare il nostro clima troppo rigoroso, il luogo e la stagione per vivere insieme saranno il paradiso e l'eternità. Abbiate pazienza se ho dato un po' di sfogo al mio

cuore che ne sentiva il bisogno, e abbracciatemi come io vi abbraccio e vi bacio tenerissimamente. Addio, mio caro figlio. » Buon vecchio, quante lacrime in queste parole!

Si noti che allora Giacomo viveva con la pensione di Stella, onde nel vivo desiderio che ha il padre di rivederlo, non c'entra l'interesse.

Quando la morte gli rapi Luigi, il vecchio si strinse più forte a' figli superstiti, e sopratutti a Giacomo. « Pur troppo è spezzato per sempre il bel serto della mia gloria, ma sento tutto il prezzo delle gemme che me ne restano, e di voi, caro Giacomo mio, che mi deste per primo il nome di padre, che avete sul mio cuore il dritto di precedenza, che lo conservate intatto colla vostra condotta e che siete la gloria della famiglia sulla terra, e ne sarete la corona nel cielo.... »

Sempre tenta con le preghiere più umili, e sempre inutilmente, di riavere il figlio lontano. Le sue lagrime amare non commuovono nessuno. Cosa importa d'un vecchio imbecille, d'un vecchio reazionario? « Mio amatissimo figlio. Come voi non avete desiderato mai cosa meno che onesta, cosi io non mi sono mai opposto a' desideri vostri e non mi opporrò a quello che mi dimostrate con l'ultima vostra lettera. Ma il consenso che io vi darò sarà

contradetto dolorosissimamente dal mio cuore. Nè sarà mai possibile che io, senza lagrime amare, transiga con l'idea di vedervi stabilito a centinaia di miglia lontano da me, di passare in compagnia vostra pochi incerti momenti accordati dalle vacanze e di palpitare ad ogni posta per lo stato della vostra salute. E quando io vi sentirò malato, e per gli anni che crescono, e per gl'incomodi che s'affollano non potrò volare a vedervi, io sentirò anticipatamente le angoscie della morte. Credevo riservato ai miei figli il dolore di separarsi da me quando cederò alla natura, ma Iddio mi ha destinato quello indicibile di perdere i miei figli prima di lasciar la vita (1). »

Avea perso Luigi per morte, ed ora dovea vivere lontano da Giacomo, ridotto in uno stato tale che da un momento all'altro poteva morirgli. Ma cosa importava d'un vecchio retrivo? Aveva egli il dritto. di dolersi della perdita de' figli? Chi poteva curarsi delle sue lagrime? L'amico de' gesuiti! Eh! se conosceste quanti gesuiti sono a questo mondo! I veri colpevoli sono i gesuiti, neri o rossi; non chi per innocenza d'animo crede in loro senza sospetto. Io conobbi un tal gesuita liberale a cui Giacomo

(1) Appendice all' Epistolario, ecc,, p. 59.

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