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AVVERTENZA

Il soggetto che imprendo a trattare è tanto vecchio e tanto noto, che da me stesso reputo cosa quasi inutile la mia impresa; e mi deciderei a rinunciare affatto alla medesima, se Niccolò Tommaséo non avesse detto che legger Dante è un dovere, rileggerlo è bisogno, sentirlo è presagio di grandezza; vi rinunzierei anche se un fil di pensiero non mi facesse scorgere nella società del pieno secolo decimonono una ragazza insciente negli eventi umani, e forse sul punto di librarsi ad una vita d'amore, la fanciulla cioè alla quale mi sembri che utile cosa possa tornare una raccomandazione d'informarsi a quell'amore che abbella tanto la storia del secolo decimoterzo, a quell'amore, vo' dire, con cui il divino Alighieri, si altamente divinizzò Beatrice

Portinari. È dunque unicamente a questa fanciulla che tutto rivolgo lo intendimento del mio intraprendere.

E onde lo spirito dell'argomento abbia da progredire più accuratamente nell' intelletto della mia lettrice, parmi d'assai adattato all'ordine del compito mio il cominciare col riferire un cenno sul cominciamento della storia fiorentina, affinchè ella conosca i maggiori di Dante, e riferire anche la vita di Dante stesso.

In tale idea mi valgo di Cesare Balbo (VITA DI DANTE) pel frammento storico, e riproduco la vita del poeta sommo scritta dal Ginguené.

L'Autore.

DI

STORIA FIORENTINA

(principii di Firenze).

Onorate l'altissimo poeta:
L'ombra sua torna.

Inf. iv.

I principii di Firenze, oscurati dalla smania de' suoi cronachisti per le origini romane, anzi trojane, e poi dalla incomposta erudizione di alcuni scrittori posteriori, sono poco noti; ma non può essere ufficio nostro il rischiararli con particolarità. Città etrusca di poco conto per la vicinanza a Fiesole maggiore di essa poi colonia romana, poi capo di ducato longobardo, poi Comitato sotto i Carolingi, ella fu con Lucca e Pisa una delle città possedute da quei Conti e Marchesi di Toscana, che furono così potenti e così ricchi, ne'secoli X ed XI. Sono famose le magnificenze di Bonifazio marchese; e perchè qualche causa

dovette pur essere di esse, certo è che fin d'allora dovettero fiorire per il loro commercio, le città toscane, e Pisa principalmente per quello di mare, Firenze per li suoi lanifizii, per li cambi da lei inventati, e per li traffichi di terra, a che era aiutata dalla sua bella ed opportuna situazione in mezzo alle due Italie settentrionale e meridionale. Perchè poi il commercio di mare è naturalmente belligero, quello di terra pacifico; Pisa fu delle prime città guerreggianti, e quindi delle prime libere, Firenze delle ultime. Trovasi memoria ch'ella combattè a lungo, e poi distrusse Fiesole, ed all'uso romano ne trasportò gli abitanti nelle proprie mura, l'anno 1010; ma non è provato da nulla, che fosse tal guerra fatta da Firenze libera, anzi che dai Conti di essa. Ancora, quelle guerre dei cittadini contro i Capitani, o Cattani, o feudatarii principali del distretto, che segnano in ogni città d'Italia l'origine della indipendenza, e che veggonsi fatte da' Milanesi fin dal principio del seoolo XI, non furono incominciate da' Fiorentini se non al principio del secolo XII, e secondo il Villani, precisamente nel 1107. In tali anni, stava Firenze sotto l'ultima erede dei Marchesi di Toscana, la contessa Matilda,

la grande avversaria degl' Imperadori, la gran protettrice dei Papi e della indipendenza italiana, la fondatrice, che si potrebbe dire, con Gregorio VII della parte della chiesa, detta Guelfa più tardi. Vedesi, quindi, Firenze essere stata culla fin d'allora di quella parte onde fu poi rôcca principale. Ma appunto perchè Matilda, era della parte nazionale, perciò le città non cercarono liberarsi da essa, e la tranquilla obbedienza dàtale, lasciò meno tracce nelle storie fiorentine, che non nelle memorie dei posteri; cosi che due secoli dopo veggiamo il nome di lei non che venerato, quasi santificato da Dante nel purgatorio (1). Morta Matilda nel 1115, e lasciato da lei il retaggio degli antichi Marchesi di Toscana ai Pontefici Romani, disputôssi poco meno di un secolo, tra questi e gli Imperadori sull'estensione del lascito; e sorse in tal disputa, finalmente, il Comune e il governo consolare di Firenze. Ma non se ne trova l'anno preciso; ed il nuovo Comune era cosi indietro ancora o in potenza, o in vigor d'indipendenza, che non prese parte a niuna delle leghe, contro

(1) Canti xxvIII-XXXIII.

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