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gnò il suo vessillo a Garcia di Sancio, che qualificato essendo dallo Speciale di regio alunno, apparteneva certamente ad un alto legnaggio. Questo magnanimo Perez de Arbos, vessillario di uno de' primi duci del re di Sicilia, qual era Blasco di Alagona, dovea essere almeno un cavaliere. Ed in generale cred' io che a cavalieri, e non a scudier consegnavano il proprio vessillo quei capitani, o baroni che aveano il dritto nel medio evo di spiegarlo in campo.

LIBRO V.

Spargi il tuo capo di cenere, scarmiglia le tue chio

me, piangi, o Regina del Faro. Son passati i giorni dei tuoi trionfi; il fior dei tuoi guerrieri è spento; prese o distrutte son quelle tue galee, terrore per tre interi lustri dei nemici della Sicilia; nè Federigo più, qual solea, a te fa ritorno nella sua gloria, ma umiliato e vinto scende dalla sua nave! E pianse Messina all'udir la sconfitta di Capo Orlando, e scarmigliò le sue chiome, e sparse di cenere il suo capo; ma quando intese ch'era salvo il suo re, quando il rivide ancora nelle sue mura, obbliò ogni sofferto danno, e soltanto a rianimarlo attese, e ad offrirgli le sostanze, e le braccia tutte dei suoi figli per la salvezza della patria. Città generosa, onor dell' italo, e del siciliano nome, la tua fama sfiderà la falce del tempo, e finchè la costanza, il valore, l'amor del natio suolo saranno pregiati, sempre Messina nel mondo rimarrà in pregio.

Vero è che devozione, e fedeltà non minore mostrarono all' infelice monarca Palermo, Catania, Siracusa, e la maggior parte delle altre città dell'Isola; tanto ch' egli, abbastanza rincorato, non disperò di poter opporre al vittorioso nemico una resistenza valida ed ostinata; al qual uopo ecco quai prese saggi provvedimenti, di accordo coi suoi duci. Ricordando che la fortissima positura di Enna o Castrogiovanni, cra stata l'antico ed ordinario rifugio dei dominatori della Sicilia in occasion di ostili invasioni, ivi collocò il suo campo, e ben fece; chè situata quella città quasi al centro dell' Isola, e su di un arduo monte, che non può nè assaltarsi, nè assediarsi di presso, provvista nel suo medesimo recinto di pare fonti, e priva all' intorno di ruscelletti che provveder potessero di acque nella state gli assedianti, offriva allora un saldo sostegno alla prostrata fortuna della Sicilia. Affidò poi il comando di Messina, e della sua rocca a Niccolò, e Damiano da Palizzi, germani di Vinciguerra, e quello di Catania a Blasco di Alagona. Ritenne in fin per suoi duci nel campo lo stesso Vinciguerra, Palmieri ed Arrigo di Abbate, Ugone de Ampurias, Matteo di Termini, non meno che Guglielmo di Galzeran, ed Alafranco di s. Basilio, surrogati a Corrado Lancia, ch' era già morto, ed a Gualtieri di Scordia, che per la ignavia mostrata nell' ultimo conflitto, pretesto di un malore erasi vergognosamente rimandato in Catania.

col

A sollevar l'abbattimento dei Siciliani contribui eziandio non poco in quel pericolosissimo frangente la

partenza del re Iacopo. Imperocchè questo principe, dopo la ottenuta vittoria, avea significato ai due tigliuoli di Carlo, i quali trovavansi con lui, che non T era ormai più dubbioso il riacquisto dell'Isola; che la battaglia di Capo Orlando avea distrutta la marittima boria dei Siciliani; che divisi di umore, com' eran costoro, non potrebbero resistere in una guerra terrestre alle milizie angioine; e ch'egli, richiamato in Aragona da gravi cure di regno, lascerebbe quindi la gloria › di compiere l'opera a due principi cotanto egregii, i quali ajutati dall' invitto Ruggier di Lauria, ch' ei pur ad essi lasciava, col senno, e col valor loro farebbero il resto. Vero è che lacopo a tal modo orpellava le sue segrete mire; ma in realtà, o per non consumar la ruina di un prode fratello, o per assicurarsi il possesso della Sardegna, e della Corsica, prima di spogliare affatto la sua casa di quel della Sicilia, egli abbandonò quest' isola, e senza più curarsi degli Angivii, o del Papa, ritornò a Barcellona.

Non ostante però un tal abbandono, Ruggier di Lauria, che regolava i due principi di Napoli, credendosi abbastanza forte da continuar l'impresa, andò a campo a Randazzo, considerevol città mediterranea della valle di Demona. Ma Randazzo, difendendosi intrepidamente, deluse le speranze nemiche; felice per aver la 3 prima mostrato che malgrado la sconfitta di Capo Orlando, non era ancor vinta la Sicilia. Piazza, eziandio, alla qual si rivolse Ruggieri dopo Randazzo, rese affalto vani i suoi moltiplici sforzi, animata alla difesa da Palmieri di Abbate, e da Guglielmo di Galzeran,

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