Sayfadaki görseller
PDF
ePub

LIBRO III.

sima

Si Deputati illustri della Sicilia, Noi col favor del Cielo salverem le franchigie, e l'onore della patria nostra. Ne atenderemo nell'Isola l'inimico, ma porteremo guerra aspra e vigorosa nel cuor delle sue terre. Mantener le conquiste fatte nella Calabria prosa noi, svellere l'angioino vessillo da pochi luoghi di Terra Giordana (1), e Val di Crati, ove sventola ancora liberar Rocca Imperiale, che Carlo ha fatta stringer di assedio, sfidandoci al conflitto, ed estender le nostre armi in Terra d'Otranto, ecco ciò che ci siam prefissi di oprar per ora. La Nazione, ne siam certi, seconderà i nostri sforzi con genti, arme, e danaro; ed in presenza di Dio, giuriam Noi al fiore della Sicilia qui ragunato, che pel trionfo della sua nobil causa non iscanseremo pericoli, nè disagi, e metteremo in non cale la stessa nostra vita. Tremeranno i Francesi al più forte grido di guerra che parte da quest' Isola; e già sembraci veder le vo

sire mani nuovamente intrise di quel superbo lor sangue, che, a seconda dei lor meriti, e per mare, e per terra voi spargeste finora. Ciò presso a poco disse il Re nella gran sala di palazzo a tutti i personaggi chiamati alla incoronazione, prima che tornassero a casa; e guerra, guerra a morte fa la universal risposta di quel congresso alla magnanima sua arringa. Sostanze, vita, tutto a lui offrono, purchè salvi la Sicilia dai suoi tiranni, e ne conservi illesa la libertà, e la gloria.

Sicuro in tal modo degli animi, si accinse prestamente alle opre il prode Federigo. E scelta Messina per centro della sua marittima e terrestre guerra, recossi in quella città, ove fu accolto con magnifica pompa, e manifesti segni, di amore, e di ossequio. Inviato poi di là Blasco di Alagona a riunir le sue forze nella Calabria; preposti Palmieri di Albate, e Vincigurrra da Palizzi al reggimento dell'Isola, affidato il comando dell' armata a Ruggier di Lauria, e sotto costui a Piero di Salvacoxa, nominati suoi luogotenenti a regolar le milizie che seco conduceva Matteo di Termini, Arrigo di Abbate, e Gualtieri di Scordia, ed imbarcate in fine le sue genti, ezli stesso alla testa del navilio veleggiò verso Reggio su li una galca tutta sfolgorante di porpora, e d'oro. Ed onorato ivi qual si dovea, il nuovo monarca ringraziò i reggini della lor fede; e dopo breve stanza in quella città, ne andò a campo a Squillace, che ancor teneva per gli Angioini; nè minori prove ivi diede di militar prudenza. Imperoc che chiamato da Castelmonardo Corrado Lancia, uom pratico di quei luoghi, domandògli se altre fonti aveva

Squillace, oltre i due rivi che scorrevanle a' fianchi ; e siccome di non averne altre colui rispose, così ingiuns' egli ad Arrigo di collocar validi drappelli tra i rivi, e la città, au di privarla di acqua, ed ottener colla sete ciò che, per la forza del luogo, non otterrebbe colle armi; la qual cosa il giovane duce con buon successo esegui. D'altra parte gli assediati scorgendo il pericolo che lor sovrastava, uscirono furibondi dalle mura, e di scacciar tentarono Arrigo daʼluoghi occupati; ma con intrepidezza questi affrontolli, e dopo ostinata mischia gl' incalzò entro la terra. Costretti dunque ad arrendersi, pensaron di ricorrere a Corrado Lancia, il congiunto di cui Federigo (2) nel 1251 era stato creato lor conte dal suo nipote Manfredi allora balio del Regno. E sebbene gli Squillacioti malc oprato avessero col Lancia, consegnando in man degli Angioini Gualvano, figliuol di Federigo, non ostante la intrepida opposizione di Ottavian di Cesare, e di Giovanni Pepe, due nobili e probi lor concittadi❤ ni, pur confidando nella mansueta indole di Corrado, gli deputaron per vieppiù addolcirlo quei due vecchi amici della sua casa. Nè la loro speranza fu de!usa, poichè preferi Corrado la generosità alla vendetta, e di accordo con Arrigo di Abate, figliuol di sua sorelļa, avendo implorato la indulgenza regia, fu Squillace ammessa a patti, ed innalzò sulle sue torri il siculo vessillo.

Tutto fino allora arrideva a Federigo, ed ai Siciliani, e tutto avrebbe continuato ad arrider loro, se l'ebrezza della potenza, e la inconsideratezza da un

lato, l'orgoglio, e la calunnia dall' altro non avesser congiurato per precipitarli indi a poco in quelle sciagure, che il volgo attribuisce alla volubilità della fortuna, ed il saggio alla imprudenza, o alla nequizia umana. Imperocchè Virgilio di Scordia, di cui dicemmo, ricco, e potentissimo cavalier di Catania, ed uomo ambizioso oltremodo, vedendosi tanto blandito e rispettato dalla corte, e da tutt'i magnati dell' Isola soffriva con disdegno che il solo Ruggier di Lauria poco o niente curasse di lui. E troppo grande all' opposto sentivasi Ruggieri perchè pregiar potesse ricchezze, e grado in chicchesia, e soprattutto in un abitante della Sicilia, della quale egli teneasi il salvatore, e l'unico sostegno. Insinuò dunque il Catanese a Gualtieri sue figlio, il quale nei rigiri, e nella simulazione non era punto da men del padre, che trovandosi, com' egli era, accanto al Re, niuna occasione tralasciasse di aizzarlo contra l'Ammiraglio, pingendogliene con forti colori l'alterigia, e la prepotenza, e destandogli persin sospetti sulla sua fede. E ciò eseguiva appuntino il giovane, di sua natura inchinevole al male, nel mentre che Arrigo di Abbate, al qual non erano sfuggite le mire di Gualtieri, tutto metteva in opra dal suo canto per mandarle a vuoto. Ma siccome sventuratamente credono molto i principi alle accuse, poco alle discolpe, ed ogni trascendente merito nei loro sudditi di ordinario gli adombra, così il segreto rancor di Federigo contra Ruggieri cresceva giornalmente, e dissimulato a stento, iva in cerca di una occasione per manifestarsi.

[ocr errors]

Alla caduta di Squillace il vessillo angioino nella ulteriore Calabria ergevasi soltanto a Catanzaro, a Cotrone, e a Santa Severina. E difendeva Catanzaro il suo conte, Pietro Ruffo, nipote di quell'altro di tal nome, il qual beneficato tanto dall' Imperador Federigo era stato poi sconoscentissimo verso il figliuolo di costui, Manfredi, ed aveva della sua diffalta ben pagato il fio (3): presidiava Cotrone una schiera di Francesi comandata da Pietro di Rigibal: sosteneva acremente Santa Severina Lucifero, il suo arcivescovo, uom lordo di sangue e pel suo feroce ed orgoglioso talento, degno del suo nome (4). Or dopo la resa di Squillace, convocato avendo il Re a militar consiglio il Lauria, l' Alagona, il Termini, il Lancia, e i due giovani di Abbate, e di Scordia, saper volle da ciascun di loro, se all' una o all'altra di quelle città sarebbe miglior partito di andar a campo. E Ruggieri, il qual per la diguità, e la età sua era il primo a dar sentenza, diceva a Cotrone, perchè guernita di Francesi presentava questa maggiori ostacoli, e nella sua caduta le altre due città involgerebbe. Blasco avvisava invece a Catanzaro, perchè più considerevole e perchè debellato il Ruffo, sarebbonsi ammausiti gli animi di tutti gli angioineschi delle Calabrie. Arrigo assentiva al Lauria, o chè più si fidasse nella militar perizia di lui, o chè temendo gli effetti della irritazion di Ruggieri, se il Re ne proponesse il consiglio, volesse aggiungervi peso col suo assenso. Matteo, Corrado, e Gualtieri trovavano più fondato il parer di Blasco. Decider quindi Federigo dovea tra quei duc

« ÖncekiDevam »