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ALLA

DILETTA SUA CONSORTE

DI GRANDE ANIMO

NELLE BREVI SUE PROSPERITÀ

DI GRANDISSIMO

NE LUNGHI SUOI INFORTUNII

L'AUTORE

QUESTA SUA OPERA

AFFETTUOSAMENTE CONSACRA

LIBRO I.

La bella e ferace Sicilia dopo la caduta dell'Impero

Romano, fu per più di due secoli bersaglio dei Saraceni. Riposa tasi indi all'ombra della dinastia normanna, vide in quel tempo la gloria di Ruggieri, ma vide pur la debolezza feroce del primo Guglielmo, la nequizia impudente del barese Majone, meritamente chiamato il Sejano del medio evo (1); e quasi i Saraceni avrebbe desiderati, se riconciliata non l'avessero con la stirpe normanna Guglielmo il buono, e Tancre di ultimo monarca di quella eroica stirpe. Spento il quale, Arrigo VI, di Hohenstauffen, nato dall' Imperador Federico Barbarossa, e marito di Costanza figliuola di Ruggieri, dopo aver contrastato per molti anni a Taucredi il serto siculo, il mise finalmente, e senz' altra opposizione, sull' orgoglioso suo capo. E ad Arrigo ben presto successe il suo figlio Federigo II, principe pro digioso nel secolo in cui viveva, astro chiarissimo in mezzo a caliginosa notte, il quale avrebbe renduto fe

lici i popoli a lui soggetti, ove le sue discordie con Roma, e la fellonia dei suoi baroni, di cui aveva si nobilmente frenato le prepotenze, non avessero inasprito altamente il suo animo, e non lo avesser fatto prorompere in sevizie, riprovevoli sempre in ogni uomo, ma inescusabili affatto in un monarca. Re Corrado infine suo primogenito, non in altro che in queste avendolo imitato, mirò assolutamente alla vendetta durante la efimera sua signoria. Cosicchè alla occupazione del Regno fatta da Innocenzo IV, morto che fu Corrado, ondeggiava la Sicilia tra le parti Sveve, e quelle della Chiesa; quasi tutti i baroni, avidi di riprender la loro potenza, e le città regie, adescate con promesse di libertà, tenendo pel Papa; i vassalli feudali, numerosissimi, ma deboli, e gli uomini di ardito cuore, e di alta mente, pochi sempre, e dappertutto, tenendo per la famiglia liberatrice. Or grandeggiava tra questi ultimi Arrigo di Abbate, ricco e potente cavalier di Palermo, il quale appena saputo il rapido risorgimento delle cose di Manfredi, figliuol naturale di Federigo, ed erede delle sole virtù di lui, diede di piglio alle armi, e rialzar fece il vessillo svevo in quasi tutta l'isola (2). E quando dopo pochi anni il voto nazionale, e l'avversione ai Tedeschi, anzi che la credenza della morte di Corradino, poser lo scettro nelle mani di Manfredi, e la Sicilia tutta in calma provò i benefici effetti del giusto e moderato governo di questo Principe. Arrigo riposandosi dai disagi delle armi tra pacifici onori, di cui trovavasi ricolmo, mise ogni sua cura a generosamente

allevare il suo figlio Palmieri, che già dava a lui altissime speranze. Lasciando ei quindi a scelti maestri l'incarico di erudire il giovanetto in tutto lo scibile di quel tempo, a se riserbò quello d'infondergli nell'animo idee di giustizia, di patria, e di nazionale gloria, le quali agli occhi di tutt'i buoni Siciliani eransi immedesimate colla dominazione degli Svevi, e sopra tutto colla persona del magnanimo regnante Monarca. Nè punto deluse Palmieri le belle speranze del genitore; ma forte di animo come di braccio fu campione intrepido di Manfredi in Benevento, di Corradino in Tagliacozzo, e contribui poscia a vendicar il lor sangue nel gran giorno della Sicilia (3); e gli Aragonesi successori della casa di Svevia il trovaron sempre cittadino divoto, propugnator zelante delle lor ragioni, consiglier probo e saggio, leale ed inconcusso amico.

Da Margherita Lancia un figliuolo ebbe Palmieri, che dal paterno nome chiamò pur Arrigo: e siccome la diffalta da Alay mo da Lentino, e di Gualtieri da Caltagirona, seguita dalla mala fine di questi due vofubili magnati (4), tutto il favor della corte avea richiamato su Palmieri, e decorato, qual' egli era, dell'ufficio di gran siniscalco, abitar dovea entro la stessa reggia, così il figliuol suo allevato venne coi regali Infanti; tra' quali il terzogenito di Pietro specialmente il predilesse. Federigo ed Arrigo compagni di età, e di senno, e valor precoce, eran nella Sicilia chiamati i due fratelli: tanti legami di amicizia stringevan quei generosi e tenerelli animi.

E noto che Re Pietro risoluto a partire pel duel.

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